La vita non vale (forse) più …di 110 mila euro?!
di Mario Barbieri
Non è mai facile commentare un grave fatto di cronaca, una tragedia umana che riguarda una singola persona che aveva una storia, un volto, un nome, eppure credo sia necessario farlo almeno ogni tanto, sfidando le possibili accuse di “sciacallaggio ideologico” (o di chissà quale altra specie) o d’insensibilità o che altro. Credo sia necessario porsi le domande che debbono andare al di là della immediata ricerca di un “colpevole”, trovato o individuato il quale, subito scatta la richiesta di “giusta giustizia”, che in nessun caso ripaga della tragedia avvenuta, tanto meno della vita spezzata quando, di questa si tratta.
La domanda sia dunque come quella dei discepoli che chiedevano a Gesù il senso e il motivo di quella torre crollata improvvisamente addosso a quei “malcapitati”… La torre qui è una torre fatta di denaro, di risparmi, anche di sicurezze e i malcapitati sono un pensionato di 68 anni (ma è solo l’ultimo temo in ordine cronologico) al quale in brevissimo tempo sono stati portati via, come pula al vento, 110 mila euro di risparmi.
Questo il fatto, ma subito vorrei sganciarmi dal chi era o chi è stato quest’uomo, perché nulla mi interessa di meno se non per una senso di umana compassione e nulla potrei dire dato che minimamente lo conoscevo. Quindi la domanda la pongo a me stesso e a tutti: “la mia vita, la vostra vita, vale meno (o più) di 110 mila euro?!”
Probabilmente, ma non è detto, a freddo, a mente come si usa dire “lucida”, chiunque risponderebbe: “caspita, vale molto di più… ma anche di un milione di euro!”.
Eppure, non di rado, i fatti ci vengono tragicamente a testimoniare il contrario.
Così oltre all’affermazione certa di cui sopra, non basta neppure l’amore di una moglie, spesso dei figli o dei nipoti o di una vita non certo arrivata al “capolinea”, di un futuro che, per quanto incerto, potrebbe riservare ancora tante sorprese.
Eppure, eppure no, tutto questo non basta, anzi, l’elemento primario, scatenante, la perdita dei beni, beni materiali (i risparmi, le ricchezze, un lavoro, un’attività, …) per restare qui ora solo su questi, trascina con sé la nostra stessa vita. Una vita di per sé unica, impagabile, di un valore immenso.
Vengono in mente le parole di Gesù: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona.” (Mt 6,24)
O ancora: “Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.” (Mt 6, 21)
Parole che spesso ci fanno affermare, se non pubblicamente quanto meno a noi stessi: “Ma no, ma che *padrone*! I soldi mi servono (cioè loro servono me…), ma io non sono mica schiavo dei soldi!”
Eppure, eppure quando vengono a mancare, a mancare in modo drastico, repentino, tragico se vogliamo, tutto traballa, tutto crolla. Le nostre certezze, idolo d’oro dai piedi d’argilla, crollano rovinosamente e non di rado ci travolgono!
Sarebbe impietoso, ingiusto e neppure vero, credere che si tratti solo di una debolezza di carattere, di aver solo paura di non farcela, che noi, noi si ce l’avremmo fatta, stoici granitici, magari anche fidando anche su un po’ di preghiere che devono però essere prontamente ascoltate…
Il problema sta nel dove risposa il nostro cuore, dove riponiamo le nostre sicurezze… su cosa è costruita la nostra casa. Perché se è poggiata sulla sabbia, fosse anche sabbia, polvere di finissimo oro puro, crollerebbe inesorabilmente all’arrivo della tempesta.
C’è anche a mio giudizio un altro terribile aspetto, di cui certamente non ci parleranno i giornali, né gli opinionisti, né gli psicologi e purtroppo neppure tanti sacerdoti… l’azione del Maligno.
Già, il Maligno, subdolo, menzognero e omicida da sempre, che coglie l’uomo nel momento della sua estrema debolezza, per investirlo con tutta la sua micidiale tentazione.
“Hai perduto TUTTO! (menzogna) Sei un uomo finito! (menzogna) Che ne sarà della tua vita? Come potrai provvedere ai tuoi cari?! (Cari che al contrario, normalmente, pagherebbero qualunque cifra per non perderti…)”. “Non ti resta che una cosa da fare… poni fine alla tua (ora) triste, infausta, esistenza. Fuggi da questa devastante situazione…”.
In poche parole “Scendi da questa croce!”
Non ritroviamo forse portata alle estreme conseguenze una delle Tentazioni di Cristo? Quella sulla sua storia. Quella che lo invitava a gettarsi dal pinnacolo del Tempio, non disgiunta da quella del Pane, qui paventata come prospettiva di non poterselo più procurare?
Questa non è azione del Maligno “straordinaria”, è ahinoi, quella “ordinaria”, che tenta l’Uomo, credente o non credente, ma creatura di Dio, a decidere con un unico tremendo gesto, della sua vita.
Così, spesso, l’Uomo crede a queste sibilanti e nefaste menzogne, cede alla paura e alla disperazione e case per l’ultima, tragica volta, affidando alla sola Misericordia di Dio il suo destino Eterno.
Ecco perché è tutt’altro che superfluo, non è solo provocazione, farsi questa domanda: “la mia vita, vale più di tutte le ricchezze (poche o tante) che ho accumulate?”.
Ecco perché – e non è l’unico dei motivi – l’invito Evangelico a spogliarsi dei beni, ad avere un cuore libero dall’affanno delle ricchezze, ritorna tanto spesso.
Perché non possiamo servire due padroni, Servire, essere servi, schiavi …perché scegliendo mammona, questi prima o poi ci chiederà del suo, servendo Cristo saremo liberati dalla schiavitù ed Egli non ci chiamerà più servi ma amici.
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