State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

mercoledì 17 ottobre 2018

Gianmaria Testa e la poetica della luna.

A Gianmaria ... 
PERSONA E COMUNITA'.:

Di Rossana Rolando. 

Immagine tratta dal video di Biancaluna, 
con i disegni di Altan,
nel libro-disco 
edito da Gallucci


Chi avvicina, ascolta e frequenta le canzoni di Gianmaria Testa (qui il sito) incontra spesso un soggetto poetico inserito tra le sue note ed è la luna. Grande, bianca, ballerina, scintillante, sola, vicina e lontana… sono questi alcuni degli attributi che accompagnano l’astro tanto caro al cantautore piemontese. Molteplici sono le linee evocative che il mondo lunare suggerisce: provo ad enuclearle associandole emblematicamente ad una canzone.


Biancaluna(nell'album “Lampo”) e la poetica dell’infanzia.
Partirei anzitutto da “Biancaluna”, la canzone scritta molti anni fa e ripresa nel 2014 nel libro disco edito da Gallucci e illustrato da Altan.  E’ una filastrocca per bambini, ma addita uno dei significati fondamentali della luna nell’immaginario del cantautore e forse anche un tratto del suo modo di essere e vivere: indica l’elemento giocoso, lo stupore infantile, l’emozione delle cose nuove (il tema del “Nuovo” cui è dedicata anche una canzone). Ma vuole dire soprattutto la forza del futuro raccolta nei grandi occhi dei bambini che guardano la luna.



Una lucciola d’agosto (nell'album “Altre latitudini”) e la filosofia della sottrazione.
In un’intervista rintracciabile su youtube Gianmaria Testa ha detto: “Credo che la semplicità (e non il semplicismo) sia una cosa che avvicina le persone. Il lavoro di sottrazione che ho cercato e cerco di fare è quello per tendere a quel tipo di semplicità che renda comprensibili le cose anche a me”
La luce lunare, rispetto a quella forte e accecante del sole, è un bel simbolo di questa operazione di sottrazione che ha descritto magistralmente Calvino inLezioni americane (soprattutto con riferimento alla luna leopardiana): 
“La luna, appena s’affaccia nei versi dei poeti, ha avuto sempre il potere di comunicare una sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo” (p. 31).
Immagine tratta dal video di Biancaluna, 
con i disegni di Altan,
nel libro-disco 
edito da Gallucci
La poetica che Gianmaria Testa propone nei suoi brani è proprio quella del togliere peso (il peso del vivere). La luna ricorda la luce, la bellezza e l’incanto che alleggeriscono la terra, ma rimanda anche alla ricerca di uno stile nella comunicazione. A ben vedere, infatti, l’operazione del sottrarre non concerne solo il “cosa”, ma anche il “come”.
Levigare le parole
fino alla trasparenza
fino al limite sottile
di fragilità e di rischio
per sentirle finalmente suonare
al tocco delle dita
o tagliarvisi le labbra
o raccoglierne i cocci muti
e riprovare 
(Da questa parte del mareEinaudi, Torino 2016, p. 89)
La leggerezza – anche quella dei testi cantati – è frutto di ricercatezza, di quel “riprovare” e “levigare” che rifiuta la parola scontata e logora come un  “coccio muto” per renderla trasparente, volta a toccare, emozionare, dire ciò che nella normalità del discorso rimane indicibile.
Immagine tratta dal video di Biancaluna, 
con i disegni di Altan,
nel libro-disco 
edito da Gallucci
“Volevo tenere per te
la luna del pomeriggio
volevo tenerla per te
perché è sola
com’è solo il coraggio
…”  
(“3/4” è il titolo della canzone contenuta nell'album “Da questa parte del mare).
Gianmaria Testa non si è voluto definire un artista, si è consideratosemplicemente un comunicatore alternativo. Anche il suo atteggiamento - potremmo dire - è modesto, dimesso, discreto, come quello della luce lunare. Ma il gesto artistico (in qualsiasi forma si esprima, fosse anche quella - considerata “minore” - della canzone d’autore) si misura dagli effetti, dalla traccia luminosa che è in grado di lasciare dietro di sé, nel buio.
E qui la canzone di riferimento potrebbe essere “Una lucciola d’agosto”: la storia di un esserino che brilla nella notte, espande la sua luce ed è felice di vivere portando con sé la luna.

Per ascoltare 
“Una lucciola d'agosto” cliccare play:

 

Immagine tratta dal video di Biancaluna, 
con i disegni di Altan,
nel libro-disco 
edito da Gallucci
Comete (nell'album “Lampo”)e la 'sacralità' della luna.
Da sempre l’epifania lunare, nell’antica concezione cosmologica e nella letteratura, ha avuto una funzione mediatrice tra terra e cielo. Lontana e vicina insieme, la luna partecipa dei due universi – quello materiale e spirituale, terrestre e celeste – dividendoli e congiungendoli nello stesso tempo (T. Mann, Nobiltà dello spirito). Nelle canzoni di Gianmaria Testa non si trova in modo riconoscibile e autonomo l’elemento religioso: si avverte però un’inquietudine, un’attesa, un desiderio di Altrove che attraversa tutte le sue canzoni. I temi della bellezza del vivere e della responsabilità per la terra, dicui egli si fa cantore, si coniugano così con un bisogno di ulteriorità che trova nella luna una sua cifra: è la metafora di un cielo perduto, ma non dimenticato.
Immagine tratta dal video di Biancaluna, 
con i disegni di Altan,
nel libro-disco 
edito da Gallucci
Quanto meno
un’ombra
racconta
di una luce 
(Gian Maria Testa, Da questa parte del mare, cit., p. 92)
Lo sguardo rivolto alla luna è la traccia di una postura – quella dell’uomo voltato all’insù – che non è più propria del sentire “contemporaneo” ma che rimane ancora presente nella figura dell’assenza, nella forma della nostalgia e della  speranza. La canzone è senza dubbio “Comete”. In particolare alcuni passaggi:
faccia attenzione signore
c’è una luna che cade stasera
e ci potrebbe colpire
lei sorride signore
ma io certe notti ne ho viste anche cinque
di lune cadere
e di altre ancora ho sentito soltanto parlare
da gente distratta alle cose di sempre
ma molto più attenta alle cose del cielo
di me


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Da questa parte del mare.

AUGURI  GIANMARIA 

PERSONA E COMUNITA'.

Gianmaria Testa, 
Da questa parte del mare
Da questa parte del mare di Gianmaria Testa è uscito per Einaudi nell’aprile 2016, poco dopo la morte del cantautore, avvenuta il 30 marzo. E’ un libro molto particolare, attraversato da tre correnti calde: la prima è quella autobiografica che si sviluppa secondo una sorta di flusso della coscienza, senza una successione cronologica univoca, come semplice riaffiorare dei ricordi apparentemente privi di un ordine. La seconda corrente calda è quella tematica dell’emigrazione, che ha impegnato il cantautore piemontese in un progetto preparatorio all’album Da questa parte del mare dell'ottobre 2006 (divenuto anche il titolo del libro). C’è infine la terza corrente calda, quella dei volti – il violinista, il venditore di tappeti, l’italocanadese, il questuante, Tino, lo scrittore… - che emergono dall’anonimato della storia, perché chiamati ad essere e a vivere nella memoria.

«Forse qualcuno domani dimenticherà
alla porta di casa il suo nome dimenticherà
perduto alla notte e perduto anche al giorno che arriva
perduto alla notte e al giorno che passa e consuma
perché un nome è perduto per sempre se nessuno lo chiama»
(p. 21)


Davide Bonazzi, 
Aspettando il sole
Come si può capire da questo breve stralcio, il cemento di tutti gli intrecci è la forza poetica che attraversa l’intero libro e che si allarga in luminosi squarci nelle canzoni che accompagnano ogni capitoletto e nei testi posti al termine del libro. Per esempio la toccante poesia che ricordo di aver ascoltato nei giorni successivi alla morte di Gianmaria Testa (p. 90):
La Bellezza esiste
Nel becco giallo-arancio di un merlo
In un fiore qualunque
Nell’orizzonte perduto e lontano dal mare
La Bellezza esiste
è un mistero svelato
un segreto evidente
la vita
la Bellezza esiste
e non ha paura di niente
neanche di noi
la gente
(p. 90).

Davide Bonazzi, 
Eliminazione
E’ solo per questo respiro poetico che Gianmaria Testa può parlare delle migrazioni – quelle nostre italiane che appartengono ad un passato dimenticato e quelle odierne, nella loro terribile tragicità - senza cadere nella retorica di un discorso superfluo, di un rito che non tocca più i cuori e finisce per diventare inutile chiacchiera.
«Mi è capitato di guardarlo questo mare nostro, di perdermi nel suo orizzonte infinito, di vederci albe e tramonti infuocati e lune bianche e talmente luminose da riverberare sulle onde.
Ora non ci riesco più. Ogni volta che guardo l’acqua mi viene in mente una coperta chiusa, un lenzuolo bianco a coprire occhi e membra» (p. 25).
Davide Bonazzi,
Una speranza per i migranti
In Da questa parte del mare i migranti hanno un nome e hanno lacrime vere, amori struggenti, speranze concrete, e paure, tutte le paure che abbiamo e avremmo anche noi. E li sentiamo vicini, uomini come noi, davvero fratelli.
«Ho viaggiato molto grazie alla musica, sono stato in paesi che mai avrei visto, ma è sempre stato il viaggiare privilegiato di chi è consapevole di essere atteso […]. Proprio per questo mi sono chiesto infinite volte come sarei stato io se avessi dovuto gestire un’emergenza così definitiva da impormi la decisione di lasciare i miei luoghi, la mia gente, i colori e gli odori che mi accompagnano anche nei sogni» (p. 18).

Davide Bonazzi, 
Illustrazioni per una terra giusta
La storia più bella la troviamo al centro del libro ed è quella di Tinockika – soprannominato “Tino” -, l’africano che ama visceralmente la sua terra ma deve partire, costretto dalla guerra. E quando si trova sul barcone insieme con tanti altri in fuga e ormai non pensa più di potersi salvare, tanto il viaggio si è fatto lungo, pericoloso e faticoso, anzi forse è così stanco che vorrebbe morire, ecco che incrocia uno sguardo di donna, due “occhi neri di sabbia e di sale” che lo guardano. E da quel momento – sotto l’incanto di quegli occhi – Tino trova un motivo per vivere e lottare. Arrivano a Lampedusa, uomini e donne vengono separati, non si ritrovano più. Tino finisce in Francia, trova un lavoro in una fabbrica di pneumatici, può andare avanti. Ma si sente spaesato, estraneo a tutto e a tutti. Gli mancano quegli occhi, quell’unico motivo per cui rimanere attaccato alla vita. Decide di tornare a Lampedusa.
A questa vicenda commovente, intrecciata di immaginazione, Testa riserva due canzoni che si possono ascoltare (mettendo in pausa la musica del blog):

Il passo e l’incanto (clicca qui)
Volevo tenere per te (clicca qui).


Davide Bonazzi, 
Ritorno al vinile
Quel che si tocca con mano, nella lettura, è la stoffa umana di Gianmaria Testa, la delicatezza dei suoi sentimenti, la ruvida ricchezza interiore fatta di “poche parole  e di una porta sempre aperta”, secondo l’espressione con cui egli stesso raffigura sua madre, in quel capitolo della memoria che chiude il libro. Per questo Erri De Luca, suo caro amico, dice nella prefazione:

Gianmaria Testa (dal sito)
«Hai messo insieme pezzi del tuo tempo senza ricavarne un’autobiografia, perché non riesci a dire di te senza gli altri. Ti scansi dal centro, lasci il tuo capitolo all’ospite di turno. La tua diventa una multi biografia di persone e di luoghi, dove sei anche tu. Leggo la tua vita numerosa di altri, la tua scrittura a maglia di catena che li tiene insieme» (dalla quarta di copertina, ripresa dalla Prefazione).


Post e iconografia di Rossana Rolando (per le immagini si rimanda al sito di Davide Bonazzi - qui - e alla nostra presentazione dell'illustratore in questo post).