State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

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State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

sabato 30 novembre 2013

Sottomissione urticante (Càsate y sè sumisa) quinta puntata

 Ribloggato da La fontana del villaggio:

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Il grande merito di Costanza Miriano, a mio avviso, è quello di aver avuto il coraggio di affrontare di petto il più grande idolo del nostro tempo: un ego immenso, sproporzionato, che campeggia al centro dell'orizzonte e ci rende incapaci di vedere nulla che non sia nel nostro proprio interesse.

martedì 26 novembre 2013

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Dignità e missione della donna


di Ettore Malnati LaNUovaBussolaQuotidiana


“Siccome ai nostri giorni le donne prendono parte sempre più attiva in tutta la vita sociale, è di grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campi dell’apostolato della Chiesa”1.
“Nel Cristianesimo, infatti, più che in ogni altra religione, [già lo aveva sottolineato Giovanni XXIII nella Pacem in Terris n. 22], la donna ha, fin dalle sue origini, uno speciale statuto di dignità, di cui il Nuovo Testamento ci attesta non pochi e non piccoli aspetti…; appare all’evidenza che la donna è posta a far parte della struttura vivente e operante del Cristianesimo in modo così rilevante che non ne sono forse ancora state elencate tutte le virtualità” 2.
Anzitutto vogliamo sottolineare che trattando del concetto di laico il Magistero intende espressamente uomo e donna volendo così togliere ogni discriminazione e nello stesso tempo assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella società. Questo criterio permette “una considerazione più penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, determinata a precisare l’identità personale della donna nel suo rapporto di diversità e di reciproca complementarietà con l’uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni di svolgere, ma anche e più profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo sigillo personale… Impegnandosi nella riflessione sui fondamenti antropologici e teologici della condizione femminile, la Chiesa si rende presente nel processo storico dei vari movimenti di promozione della donna, vi apporta il suo contributo, ma prima e più ancora la Chiesa intende in tale modo obbedire a Dio che, creando l’uomo «a sua immagine e somiglianza»: «maschio e femmina li creò» (Gn 1,27)”3. Inoltre non può ignorare che Cristo Gesù promuove e valorizza questa bipolarità in rapporto alla sua sequela.
Giovanni Paolo II non esita a sottolineare che “Sin dall’inizio della missione di Cristo la donna mostra verso di Lui e verso il suo mistero una speciale sensibilità che corrisponde ad una caratteristica della sua femminilità. Occorre dire inoltre che ciò trova particolare conferma in relazione al mistero pasquale, non solo al momento della croce, ma anche all’alba della risurrezione. Le donne sono le prime presso la tomba. Sono le prime a trovarla vuota. Sono le prime ad udire: «Non è qui. È risorto come aveva detto» (Mt 28,6). Sono le prime a stringergli i piedi (cfr. Mt 28,9). Sono anche chiamate per prime ad annunciare questa verità agli apostoli”4. Dopo aver richiamato il ruolo della donna riportato dagli evangelisti nei vangeli, Giovanni Paolo II scrive che “Quanto è stato detto finora circa l’atteggiamento di Cristo nei riguardi delle donne conferma e chiarisce nello Spirito Santo la verità sull’eguaglianza dei due: uomo e donna. Si deve parlare di una essenziale parità… L’uguaglianza evangelica, la parità della donna e dell’uomo nei riguardi delle grandi opere di Dio, quale si è manifestata in modo così limpido nelle opere e nella parole di Gesù di Nazareth, costituisce la base più evidente della dignità e della vocazione della donna nella Chiesa e nel mondo”5.
Nella scia del Vangelo, la Chiesa delle origini si discosta dalla cultura del tempo e chiama la donna a compiti connessi con l’evangelizzazione. Nelle sue lettere l’apostolo Paolo ricorda, anche per nome, numerose donne per i vari compiti da loro svolti nelle prime comunità cristiane (cfr. Rm 6, 1-15; Fil 4, 2-3; Col 4,15; 1Cor 11,5; 1Tm 5,16). Ciò sta a dimostrare la pari dignità tra uomo e donna che non annulla però la diversità, che forma quella complementarietà già impressa dal Creatore volendoli maschio e femmina. Ciò che oggi fa problema e diviene argomento di dibattito è il fatto che “nella partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa, alla donna non è conferibile il sacramento dell’Ordine, e pertanto non può compiere le funzioni proprie del sacerdozio ministeriale. È questa una disposizione che la Chiesa ha sempre ritrovato nella precisa volontà, totalmente libera e sovrana, di Gesù Cristo che ha chiamato solo uomini come suoi apostoli. Una disposizione che può trovare luce nel rapporto tra Cristo sposo e la Chiesa sposa”6.
Per comprendere appieno questa diversità di funzioni senza intaccare la comune dignità né l’uguaglianza per la Chiesa tra l’uomo e la donna, bisogna partire dal fatto che il ministero ordinato non è legato ad una maggiore dignità o perfezione della natura del battezzato, è invece collocato nell’ambito del servizio quale funzione7 a favore della crescita spirituale dei singoli credenti e dell’edificazione del Popolo di Dio quale ripresentazione sacramentale di Cristo Capo e Pastore. È proprio questo stretto legame tra Cristo, che ci ha meritato grazia e santificazione con il suo mistero, e colui che si decide a seguirlo attraverso l’itineranza sacramentale, che induce la Chiesa, pena la nullità dell’effetto del sacramento stesso, a interpretare in senso rigido la volontà positiva di Cristo circa il ministero ordinato previsto solo per i Dodici e non per le donne che pur dalla Galilea lo hanno seguito sin sotto la croce. Se è vero, come è vero ciò che abbiamo richiamato, onestamente questa esclusione non può essere considerata una diminutio per la donna, bensì una diversa presenza nel servizio dell’evangelizzazione e nella comunione sia nella Chiesa che nel mondo. In tal senso dopo il Concilio la Congregazione per la Dottrina delle fede (1976) nella Dichiarazione Inter Insigniores dà i limiti e la posizione del Magistero circa questa problematica. Per quanto riguarda il Presbiterato e l’Episcopato, la Chiesa Cattolica e Ortodossa non avendo mai pensato di scavalcare la volontà positiva espressa da Cristo, non si ritengono autorizzate a pensare al Presbiterato o all’Episcopato per le donne. Giovanni Paolo II il 22 maggio 1994, quale risposta all’ordinazione di donne al Presbiterato da parte della Chiesa Anglicana, ribadisce la posizione negativa della Chiesa cattolica8 con la Lettera Ordinatio Sacerdotalis. In questo pronunciamento del Magistero si riconfermano le posizioni della Dichiarazione Inter Insigniores e si chiede di guardare alla donna nella Chiesa non secondo i parametri delle “pari opportunità”, e neppure come problema di dottrina ma come questione di ermeneutica teologica generale che non può prescindere dalla mens Christi di cui la Tradizione fa fede9.
Chiarito questo punto quale servizio alla verità e non certo per mortificare, il Magistero contemporaneo, da un’analisi sulla presenza della donna nella Comunità sub-apostolica come ci riferiscono gli Atti10 e le lettere di Paolo11, individua una gamma di ambiti dove la donna è chiamata non solo a svolgere la sua missione di evangelizzazione ma anche di autentica promozione a tutela della dignità dei valori propri  del consesso umano che solo lei può svolgere.
Uno dei compiti particolari che la donna dovrebbe fare proprio sia nella società che nella Chiesa è quello dell’“ordine dell’amore” criterio qualitativo della sua dignità. Infatti così si esprime Giovanni Paolo II: “Se non si ricorre a quest’ordine e a questo primato, non si può dare una risposta completa ed adeguata all’interrogativo sulla dignità della donna e sulla sua vocazione”12.
Oggi più che mai, in questa cultura dell’effimero caratteristica della post-modernità con tutte le sue contraddizioni, è necessario indicare che è missione e vocazione della donna, specie cristiana, far sì che il tessuto culturale e sociale si renda realmente consapevole che “l’amore [vero] è una esigenza ontologica ed etica della persona. La persona deve essere amata, perché solo l’amore corrisponde a quello che è la persona”13. Ciò sta ad indicare – come sostiene il Magistero – che “la donna rappresenta un valore particolare come persona umana e, nello stesso tempo, come persona concreta, per il fatto della sua femminilità. Questo riguarda tutte le donne e ciascuna di esse, indipendentemente dal contesto culturale in cui ciascuna si trova e dalle sue caratteristiche spirituali, psichiche e corporali come, ad esempio, l’età, l’istruzione, la salute, il lavoro, l’essere sposa o nubile”14. Uno dei primi impegni-missione per la donna è quello di promuovere l’ordine dell’amore senza del quale l’intera famiglia umana sarebbe compromessa e impoverita. Questo va promosso e realizzato a tutti i livelli: nel matrimonio, nel celibato volontario per il Regno, nella maternità, nell’impegno sociale, nel campo della vita nazionale e internazionale. Questo inserimento nei vari tessuti della società e della Chiesa, dell’ordine dell’amore, da parte delle donne è quel “segno dei tempi” indicato da Giovanni XXIII quale missione e presa di coscienza della dignità della donna15, che non può mancare, dove – come spesso oggi riscontriamo – il concetto di amore sovente riveste angolature ambigue ed estetico-utilitaristiche.
I Padri Conciliari affidano alle donne quale “apostolato urgente e prezioso” l’educare alla pace16. Il Magistero contemporaneo chiede alla donna di prendere coscienza e stigmatizzare quella “presente mentalità che considera l’essere umano non come una persona ma come una cosa, come oggetto di compra-vendita, a servizio dell’interesse egoistico e del suo piacere; la cui prima vittima di tale mentalità è la donna”17.
Vi è poi la famiglia fondata sul matrimonio, sacramento considerato quale “immagine e partecipazione del patto di amore del Cristo e della Chiesa che rende manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà dei coniugi, sia con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri”18. Alla concretizzazione di questo amore coniugale e familiare ed alla tutela della vita nascente sono chiamati l’uomo e la donna che hanno fatto proprio il sacramento del matrimonio, divenendo così testimoni “di fedeltà e di armonia nell’amore oltre che nella sollecitudine dei figli, facendo la loro parte nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio [uomo e donna] e della famiglia [monogamica]”19. In questo contesto “la donna ha un ruolo suo proprio che le deriva dal carisma della maternità, vista non solo come frutto dell’unione matrimoniale ma in modo particolare come risultante di quella “conoscenza” biblica che corrisponde all’unione dei due in una sola carne”20.
NOTE
  1. CONCILIO VATICANO II, decr. Apostolicam Actuositatem n. 9
  2. PAOLO VI, discorso del 6 dicembre 1976
  3. GIOVANNI PAOLO II, esort. apost. Christifideles laici n. 50
  4. GIOVANNI PAOLO II, lett. apost. Mulieris Dignitatem n. 16
  5. Idem
  6. GIOVANNI PAOLO II, esort. apost. Christifideles laici n. 51
  7. Idem
  8. Cfr. GIOVANNI PAOLO II, lett. apost. Ordinatio Sacerdotalis n. 1
  9. Idem n. 2
  10. Cfr. At 18, 26-27; At 21,9
  11. Cfr. Rm 16, 1-2; 1Cor 11, 2-16; 1Cor 11,5; 1Cor 14, 34-35; Gal 3,28; Col 4,15; Fil 1-2; 1Tm 2, 11-12; 1Tm 3,11
  12. GIOVANNI PAOLO II, lett. apost. Mulieris Dignitatem n. 29
  13. Idem
  14. Idem
  15. (Cfr.) GIOVANNI XXIII, enc. Pacem in Terris n. 22
  16. CONCILIO VATICANO II, Messaggio all’umanità, 8 dicembre 1965 (v. alle Donne)
  17. GIOVANNII PAOLO II, esor. apost. Familiaris Consortio n. 24
  18. PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E PACE. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 219
  19. CONCILIO VATICANO II, cost. past. Gaudium et Spes n. 49
  20. E. MALNATI, Teologia del laicato nel Magistero della Chiesa, Lugano 2005, p. 68
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Violenza contro le donne: una giornata per dire “basta”

di C. Santomiero
Centoventotto donne uccise nel 2013: quasi si stenta a crederlo ma è solo la punta dell'iceberg tragico della violenza contro le donne in Italia. Secondo il Rapporto Eures, tra il 2000 e il 2012 nel nostro Paese sono state assassinate 2.220 donne, una media di 171 omicidi l'anno, uno ogni due giorni. E il 70,7% dei delitti è avvenuto "nell'ambito familiare o affettivo". Nei primi sei mesi di quest'anno le richieste di aiuto di donne vittime di stalking solo al numero attivato da Telefono Rosa sono aumentate di circa il 10 per cento. E' contro questi numeri che si celebra il 25 novembre la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, segnata dal colore rosso delle scarpe femminili poste davanti al duomo di Firenze o che ha incendiato simbolicamente il Campidoglio a Roma.

Sempre secondo il Rapporto Eures il responsabile della violenza è nel 48% dei casi il marito, nel 12% il convivente, nel 23% l'ex partner. Nel 61% dei casi ha un'età tra i 35 e i 54 anni e d è una persona istruita: il 46% ha la licenza media superiore e il 19% la laurea. Il persecutore in genere non fa uso di alcol e di droghe (63%). Tra i 35 e i 54 anni anche la donna-vittima che ha un titolo di studio pari alla licenza media superiore nel 53% dei casi e alla laurea nel 22%. Come leggere il fenomeno del femminicidio all'interno della nostra società? Aleteia ha rivolto la domanda allo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi.
 
L'inquietante fenomeno del femminicidio cosa ci dice del rapporto uomo-donna oggi?

Cantelmi: Occorre premettere che il femminicidio avviene normalmente nel contesto di legami patologici tra persone che hanno sviluppato una dipendenza affettiva reciproca. A ciò si aggiunge che sempre più nella nostra società si registra una incapacità di risolvere i conflitti in modo mediato e il sostanziale incremento di una aggressività di base diffusa. L'omicidio, nell'ambito di legami patologici come li abbiamo indicati, arriva al culmine di una lunga catena di eventi; è un omicidio, cioè, lungamente preannunciato, da parte di soggetti che perdono completamente la capacità di mediare i conflitti senza ricorrere alla violenza fisica. I dati ci dicono che i fatti tragici eclatanti non sono aumentati ma è aumentata la consapevolezza nei loro confronti

C'è quindi una generale difficoltà nel relazionarsi in modo positivo?

Cantelmi: La sostanziale difficoltà a gestire l'intimità riguarda oggi tutta la società. In questo contesto l'uomo sembra vivere una maggiore difficoltà nel gestire il rifiuto, l'abbandono, il tradimento. La gestione della frustrazione è, cioè, per il maschio più complessa che nel passato e la sua evoluzione in questo momento lo configura come fragile e in crisi. Si trovano a fare i conti con donne più assertive che reclamano più indipendenza e che sono in grado, per quanto in ritardo, di chiudere delle storie di dipendenza reciproca.

Perché delle donne, anche acculturate e indipendenti economicamente, restano a lungo in storie che procurano loro tanto dolore e tanto danno?

Cantelmi: Alcune donne tollerano fino al limite dell'intollerabile perché un altro fenomeno che contraddistingue la società di oggi è il diffondersi della dipendenza, dal gioco per esempio, ma anche la dipendenza affettiva e comportamentale. Tutto ciò non ha a che vedere con la cultura ma con l'incertezza identitaria che cerca conferme dall'esterno e la violenza, per quanto devastante, è molto confermante: è segno che l'uomo riconosce quella donna, la identifica come “sua”. Per questo è molto difficile portare aiuto in queste situazioni: quando arriva la consapevolezza di aver bisogno di aiuto, ormai la situazione è già andata molto avanti.

C'è un profilo educativo sul quale poter incidere?

Cantelmi: L'unica possibilità di agire è proprio nella prevenzione e nell'educazione. Occorre educare i bambini a tollerare la differenza valutandola, anzi, come pregio e ricchezza. E occorre insegnare già da piccoli la gestione del conflitto. C'è anche una questione di modelli maschili che oggi sono molto aggressivi e competitivi, soprattutto perché il ruolo educativo dei genitori e della scuola si è molto ridotto e i ragazzi si formano online, attraverso i social network e una civiltà dell'immagine. I loro punti di riferimento sono sempre più i sociale network e recenti ricerche hanno dimostrato come in questi imperi un machismo e una visione stereotipata dei ruoli maschili e femminili molto più estesa di quanto si creda.

lunedì 25 novembre 2013

Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura ...genial lectura.(quarta puntata)

“Cásate y sé sumisa”: genial lectura.

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   RELIGION EN LIBERTAD  

 COSTANZAMIRIANO.COM/ 

Il Ministro della Sanità spagnolo (Ministerio de Sanidad, Servicios Sociales e Igualdad) Ana Mato, Partido Popular,  ha chiesto ancora oggi che “Sposati e sii sottomessa” sia ritirato dal mercato iberico. Capita però anche che qualcuno in Spagna lo legga il libro, e ne scriva…  “Cásate y sé sumisa”: genial lectura.
Religión en Libertad
di José Manuel Puerta Sánchez
Ho appena letto il famoso e vilipeso libro.
Diciamo innanzitutto che non ho nessun interesse in comune con l’autrice, Costanza Miriano, né con la casa editrice Nuevo Inicio, che lo ha pubblicato in Spagna. E né l’una né l’altra mi costringono, da questo umile angolo del ciberspazio, a venirli a difendere.
In proposito hanno emesso dei chiarissimi comunicati stampa, per chiunque voglia intendere. Del resto, in suo favore può parlare persino lo stesso Papa, visto che continuano a volerla equivocare.
Ciononostante non voglio far mancare il mio piccolo contributo su quanto il libro mi ha dato, e perdonate se non sono “politicamente corretto” ma piuttosto un po’ audace. Di politicamente corretto ce n’è già parecchio in giro … cosicchè andiamo al sodo.
Il libro è geniale, dall’inizio alla fine. La lettura è molto gradevole e francamente divertente. Ma innanzitutto è pratico, sta coi piedi per terra, e ricorrendo in molte occasioni all’umorismo e all’ironia fa un’analisi accertata delle situazioni che giorno per giorno si vivono nella routine del matrimonio. E la cosa più bella è che lo fa senza perdere la prospettiva di una visione cristiana.
Chiunque sia sposato, specie se ha figli, si vedrà riflesso in molte delle scene dell’affanno quotidiano che l’autrice descrive. Gli spunterà più di un sorriso, a volte una sonora risata, e si sentirà finalmente compreso da qualcuno, sollevato al vedere che il suo non è un caso isolato.
Oltre a tutto questo, trovo fantastico lo smascheramento che l’autrice compie di molte menzogne che vengono sparse intorno a noi e che tante volte abbiamo assunto come verità.
Ci parla di questo concetto attuale di amore secondo il quale tutto si basa sui sentimenti, e che condanna al fallimento ogni relazione nel momento in cui viene a mancare “l’appetito”.
Racconta che c’è altro aldilà del “e vissero a lungo felici e contenti”, quando il principe arriva a palazzo e si toglie i vestiti della festa. Dice di quei coniugi che vivono la loro relazione come se si trattasse di un contratto, facendo valere i propri diritti, l’uno nei confronti dell’altro. Menziona anche la schiavitù a cui il moderno femminismo condanna la donna, esigendo che sia una perfetta lavoratrice, moglie, madre e padrona di casa. Ci sono dentro pannolini, punti di sutura, l’allattamento, la playstation. Critica la condanna imposta ai bambini, che in paesi come il suo (l’Italia), e in questo caso anche come il nostro, si vedono privati delle madri quando più ne hanno bisogno, a differenza di quanto accade nei paesi del centro e nord Europa.
E prima di tutto, pone l’accento specialmente sul fatto che l’uomo e la donna possano ritrovare il proprio posto all’interno del matrimonio, delle proprie famiglie. Parla del servizio, scelto liberamente e per amore, della donna verso la sua famiglia, e della dedizione reciproca dello sposo. Rifiuta l’idea attuale di parità, secondo la quale gli uomini e le donne devono dividersi gli stessi compiti nella stessa misura, dando piuttosto a ciascuno pari dignità, in ciò per cui si è chiamati, ciò che è naturale per ognuno, dove può dare il meglio.
Esalta il ruolo vitale della donna nella famiglia, come colei che unisce, sostiene, consola; ricorda la sua intelligenza, la sua capacità di far sì che l’uomo arrivi ad essere la guida amorevole della famiglia, disposto a dare la vita in essa e per essa.
Che poco si parla oggigiorno nella Chiesa di tutte queste realtà che gli sposi vivono giorno per giorno. Che poco della routine che li erode e li distrugge. Che poco del mutuo servizio. Che poco della donazione. Allo stesso modo, non basta esortare ad aver figli se poi non c’è alcun accompagnamento nel nuovo, vasto e sconosciuto universo in cui uno si addentra con loro.
Perciò sarebbe utilissimo che lo leggessero i fidanzati che si preparano al matrimonio, aprendo loro gli occhi a ciò che vi troveranno, che non sono i principi e le principesse e le stucchevoli storie con cui Hollywood ci martella dalla nostra più tenera infanzia. Ugualmente risulterebbe pratico per tante coppie che si sentono perdute. E anche, mi perdonerete, per tanti sacerdoti che di fronte alla problematica che deve affrontare un matrimonio nel suo cammino quotidiano, sono più persi della madre di Marco. (v. “Dagli Appennini alle Ande”, n.d.t.)
Non posso terminare senza ricordare che il demonio cerca, insistentemente, di distruggere i matrimoni cristiani. Per lui è un’ossessione. Questo libro, in quanto può essere di aiuto agli sposi, di sicuro è ugualmente da lui odiato. La persecuzione suscitata al libro, all’autrice, alla casa editrice e allo stesso Arcivescovo di Granada lo testimoniano. Tenetelo presente qualora vi invitassero a condannarlo. So che molti si stracceranno le vesti davanti a questo (“chi ti credi di essere”, “che impudenza”, etc.) però che Dio sia benedetto se servirà a che una sola persona si ricreda sul fatto che, criticando ciò che non si conosce (curiosamente in sintonia con partiti politici, sindacati e mezzi di comunicazione, che già pensano e decidono per noi), forse stiamo preparando la stanza degli ospiti per il demonio.

domenica 17 novembre 2013

Ma di cosa state parlando? Sposati e sii sottomessa. !...(Terza parte) ispirato alla Lettera agli Efesini di San Paolo (Ef. 5, 21)

Ma di cosa state parlando?

DI COSTANZA MIRIANO
Costanza Miriano intervistata per  El Huffington Post  sempre in merito alle polemiche sull’uscita del libro “Cásate y sé sumisa”
el huff
           (aquí en español)
A cosa si deve il successo del suo libro in Italia?
Il libro inizia con me che rispondo a una telefonata di un’amica in crisi, che non si decide a sposarsi. Una telefonata tra amiche sul tema dell’identità femminile, che è, io credo, quello su cui si gioca la partita centrale della nostra culturale. Cosa vuol dire essere uomo e donna oggi. Teorie di genere o antropologia cristiana. Il tutto tradotto in un linguaggio pop, passando dalle calze parigine al Catechismo, dai trucchi per dormire in bagno quando ci sono i figli neonati (appoggiando la testa al rotolo di carta igienica) alla Bibbia.
Una mia amica mi ha chiamata arrabbiata perché nella sua libreria mi ha trovata nel settore umorismo. Invece non mi avrebbero potuto fare un complimento migliore. Ridere parlando di San Paolo! E così è partito un passaparola tra i credenti, che finalmente si sono visti rappresentati in modo non deprimente, molto deciso nei contenuti, molto allegro nella forma. All’inizio sono state stampate 1200 copie. Io telefonavo alla mia famiglia nella speranza che almeno loro ne comprassero una mezza dozzina. Poi il libro ha avuto non so più quante ristampe, ormai oltre venti credo.
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Comunicato dell’Arcivescovo di Granada su “Cásate y sé sumisa”

DI ADMIN

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(aquí en español)

Impegni legati alla mia missione mi hanno finora impedito di seguir e l’artificiosa polemica a riguardo dalla pubblicazione del libro  Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura, scritto dalla giornalista italiana Costanza Miriano, edito in Spagna da Editorial Nuevo Inicio. Non è mia intenzione difendere il libro, che si difende da solo, né tantomeno giustificare il suo titolo o quello del suo sequel (che sarà pubblicato a breve), che forma un dittico con il primo e che forma un dittico con il primo e che si intitola Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura.

venerdì 15 novembre 2013

La relazione uomo-donna piegata ai voleri del potere. “Sposati e sii sottomessa” (Seconda parte) Nessuno vuole che la donna sia inferiore all'uomo o chiusa in casa.

Cásate y se sumisa e... 

La esposa prohibida

 «Le mogli siano sottomesse ai mariti

 come al Signore (Efesini 5,22-33).

Nessuno vuole che la donna

 sia inferiore all'uomo o chiusa in casa

Feli Merino sul libro “Sposati e sii sottomessa”

 di Costanza Miriano


La relazione uomo-donna piegata ai voleri del potere
DI AUTORI VARI

Dal blog di COSTANZA MIRIANO

persona
di Feliciana Marino
Mi chiamo Feliciana Merino, dirigo il centro di studi per la donna Maryam e sono membro del consiglio direttivo della casa editrice Nuevo Inicio, di cui hanno parlato tutti i quotidiani e le televisioni per la recente pubblicazione del libro di Costanza Miriano “Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura”.
Non scrivo queste righe per difendere il libro della Miriano. Come ogni libro, buono o cattivo che sia, conterrà cose giuste ed errori, parti migliori e altre con le quali i lettori o altre persone dissentiranno. In ogni caso, la nostra casa editrice lo ha pubblicato proprio perché propone una visione diversa, nuova e originale, che apre al dialogo e alla discussione e si allontana dalla ripetizione incessante delle parole d’ordine per la questione, peraltro del tutto inutili.
A Nuevo Inicio – che gente strana – pubblichiamo libri che ci sembrano interessanti. Non ricordo nessun libro sul cui contenuto tutti i membri del consiglio, qualunque sia la visione (o missione) che hanno nella vita, siano stati d’accordo al cento per cento: non ci dedichiamo a fare ideologia, ma cultura.
Personalmente ho una chiara consapevolezza del fatto che è necessario riprendere il dibattito sul posto della donna nella società contemporanea, e dobbiamo farlo liberandoci di tutta la gigantesca serie di teorie ristrette e discorsi vuoti che tante volte popolano il panorama dei nostri politici, giornalisti e “opinionisti”. Queste persone, va detto e non è sempre per colpa loro, hanno tanto da fare che non possono impiegare del tempo in un’attività che ha qualcosa a che vedere con la nostra comune umanità: pensare, studiare, riflettere. È chiaro che chi non può dedicare una parte ragionevole della propria vita a queste occupazioni finisce per essere un portavoce delle opinioni di altri, che li manipolano a loro piacimento.
Tornando al posto della donna nella società contemporanea, un primo passo è rendersi conto, cosa che il libro citato aiuta a fare, che non può essere quello definito “matrimonio tradizionale” (donna chiusa in casa e dedita alle sue occupazioni). Sono in profondo disaccordo con questo concetto (il cui uso è rimasto, del resto, circoscritto all’ambito della demagogia), e sono anche in profondo disaccordo con l’idea assurda per cui la Chiesa difenda qualcosa di simile. Perché? Perché il “matrimonio tradizionale” nasce come un modello di relazione adeguato alle necessità che la borghesia e il capitalismo avevano in un contesto concreto. In quel momento al sistema economico è convenuto chiudere la donna in casa, dedita esclusivamente alla cura del focolare e dei figli, perché una parte importante della popolazione potesse dedicarsi corpo e anima a produrre, ovvero a servire le forze impersonali del capitale.
In buona misura, è un fenomeno che in Spagna abbiamo vissuto durante il franchismo, con l’arrivo nella periferia delle città di molti immigrati che abbandonavano le campagne per cercare di guadagnarsi il pane nei nuovi poligoni industriali. In questo modo entrambi, uomo e donna, ugualmente alienati, hanno occupato il proprio spazio nell’ingranaggio produttivo. Questa situazione ha imprigionato sia l’uomo che la donna, imponendo un sistema di ruoli che, come qualsiasi altro di questo tipo, incapsula, schiaccia l’orizzonte della vita fino a lasciarci prigionieri in una cassa di cemento.
In questo concetto del matrimonio e della famiglia, in realtà della vita intera, si impediva la crescita personale e la libera espressione di capacità e vocazione di tutti i soggetti, anche se in modo particolare della donna, visto che questa aveva ben poche alternative, per non dire nessuna. Nessuno che goda di un minimo di sano senso comune vorrà tornare a un modo simile di intendere le relazioni. I paladini del capitalismo, inoltre – e tra noi ce ne sono che si dicono sia di sinistra che di destra (nel nostro “emiciclo” occupano tutti i posti) –, non sono più interessati a promuovere il “matrimonio tradizionale” perché il ciclo economico esige un’altra forma di dipendenza organica dal sistema.
Attualmente la mentalità dominante – quella che è stata definita con un’espressione azzeccata “opinione pubblica” – vuole legarci con le strisce di tela che emergono dai tagli di un altro modello: di nuovo la donna (e l’uomo) devono sottoporre le loro relazioni ai criteri del potere, che impongono modelli di vita che badano unicamente a criteri produttivi e di consumo. Non dimenticate che tutta questa caterva di economisti da bar crede fermamente al mantra liberale per cui l’uomo cerca solo il proprio interesse, per cui si limita a cercare solo ciò che le conviene. Ora il surriscaldamento dell’economia e la salute dei bilanci contabili hanno richiesto un maggior livello di consumo, e quindi in casa devono entrare due stipendi.  Se non si vuole lavorare o si vuole farlo part-time, bisognerà accettare l’impoverimento conseguente: la donna sarà punita per il fatto di essere una dissidente! Per questo ci si inventano ostacoli costanti per rendere il contesto più ostile alla maternità.
Tra le mie amiche, la maggior parte delle madri è stata licenziata perché è rimasta incinta. Altre evitano questa ipotesi per non ingrossare le fila dei disoccupati. I sindacati, nel frattempo, non sembrano occuparsi della questione. Si vede che anche loro sono convinti del fatto di non aver altro rimedio che cercare il proprio interesse. Non parliamo poi della menzogna della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Si ride per non piangere. Convincetevi: non sono preoccupati della nostra vita, non sembra un input di cui tener conto nei consigli d’amministrazione, né nelle loro conferenze annuali. Il culto del denaro, che è l’unico dio al quale alcuni sacrificano tutta la propria esistenza e quella della loro discendenza, asfissia la donna e cerca di annullare la sua vocazione, e impone difficoltà praticamente insormontabili al suo libero sviluppo personale, impedendole di scegliere il modo in cui desidera partecipare sia al sistema economico che alla cura dei figli.
Il modello di relazioni personali che ci viene presentato come “ideale” dai vari moralismi in uso (nessun moralismo è più insopportabile di quello che proviene da un’ideologia) è una menzogna e una forma di servilismo inaccettabile. Credete che si possa definire “libera” una donna separata o divorziata con figli a carico? Per parlare di un caso reale: entra al lavoro alle 8.00 e deve lasciare i bambini a scuola alle 9.00; esce alle 15.00 e deve andare a prenderli alle 14.00. Se arriva tardi a scuola i responsabili le annunciano che se succederà di nuovo avviseranno i servizi sociali. Deve tornare al lavoro il pomeriggio e lasciare i figli ai nonni (che fortuna quando questo è possibile!) o a estranei. Quando torna a casa e riesce a sedersi dopo sedici ore di una lunga giornata accende sicuramente una candela alla Bibiana Aído [politica spagnola promotrice di un aggiornamento sulla legge sull'aborto ndt.] di turno. Non credo che se la donna è sposata la situazione sia molto diversa. Anche il marito deve rispettare un orario, e quando è tanto arriverà ad essere un aiuto, una specie di assistente. Tutto il processo che si sono inventati di “liberazione” della donna “uguagliandola” all’uomo è un grande inganno, il grande inganno del mercato, al quale il femminismo si è prestato con un’infantilità non scusabile.
Vogliamo davvero vivere così? Ovviamente no. Smettete di ripetere le stesse menzogne “metafisiche” sull’uomo e la donna e occupatevi degli uomini e delle donne in carne e ossa. Alcuni hanno tanta ideologia in testa che sembra non c’entri altro che i loro discorsi.
In concreto questo libro, che sembra sollevare un polverone, ha venduto migliaia di copie in Italia, dov’è stato accolto come uno dei grandi successi dell’ultimo anno. Perché? Le italiane vogliono restare recluse in casa aspettando il marito con il brandy già in mano per servirglielo con premura? No. La questione è che è un libro interessante, indipendentemente dal fatto che si sia d’accordo in tutto o in parte con quanto dice. Ciò che non hanno fatto le italiane è stato giudicarlo da un titolo che, detto di passaggio, è – come tutto il volume – pieno di ironia e senso dell’umorismo.
Solo in un Paese estremamente ideologizzato può accadere che un giornalista di un’agenzia nazionale scriva una notizia su un libro conoscendone solo il titolo. Solo in un posto di questo tipo, in cui manca la dignità basica di cercare di conoscere ciò di cui si parla in pubblico, ancor più nel caso di chi ci si dedica a livello professionale, può accadere che una gran parte dei mezzi di comunicazione ripeta meccanicamente la notizia senza neanche dare un’occhiata al volume. Evidentemente è successo questo, perché la casa editrice Nuevo Inicio è un’iniziativa della Chiesa.
Bisogna dirlo a voce alta perché si sappia. La maggior parte dei mezzi di comunicazione non ha voluto, non le è interessato, non si è preoccupata neanche un po’, per dire la verità. La notizia, anche se non forniva alcuna informazione sul contenuto del volume, era troppo golosa perché la verità potesse rovinarla. Non vendono altro che ideologia asfissiante.
Ad ogni modo, possono fare ciò che ritengono opportuno, e i lettori e gli spettatori sono liberi di lasciarsi coinvolgere dall’atmosfera contaminata che ci trasmettono. A noi, quelli che con più o meno fortuna o talento si dedicano alla cultura, tocca cercare di capire come sia possibile il miracolo dell’amore e della dedizione duratura in una coppia.


fonte: Aleteia

giovedì 14 novembre 2013

Dateci qualcosa

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Che cosa volete da noi? Ci avete detto che solo noi potevamo decidere del nostro sesso. Che il corpo era nostro. Se è nostro, perché non possiamo venderlo? Solo gli ingenui e i cretini danno via le proprie cose gratis. Il metro è il piacere, no? E noi proviamo piacere ad avere soldi nella borsetta, telefonini sempre carichi, qualche pastiglia.

mercoledì 13 novembre 2013

Cásate y se sumisa e...(Prima parte) La esposa prohibida «Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore (Efesini 5,22-33)

La esposa prohibida

DI COSTANZA MIRIANO
sposa
di Costanza Miriano  per Il Foglio
Lunedì mattina presto vengo svegliata da una telefonata. Appesa al nespolo del giardino – in casa mia non c’è campo – cerco di elaborare pensieri compiuti. Una giornalista molto agitata mi chiede in spagnolo di spiegarle cosa sia la sottomissione, possibilmente in meno di due minuti. Mentre cerco di capire chi sono (sono quella che ha scritto Sposati e sii sottomessa, ma soprattutto sono una in sottoveste appesa a un albero), provo a fare una recensione del mio libro in centoventi secondi. So che è uscito in Spagna, ma non ho altre notizie in merito. Dopo quella, un’altra telefonata, e un’altra e un’altra. Una decina tra tv, radio, agenzie, siti.

 Latrati lontani “Ladran Sancho, luego caba lgamos”.Dal Don Chisciotte, Cervantes

Latrati lontani

“Ladran Sancho, luego cabalgamos”.(Ci abbaiano, Sancho, vuol dire che cavalchiamo) Dal Don Chisciotte, Cervantes

Mia figlia ha undici anni e la sua lettura prevalente è “Topolino”. Anche se non possiede la bibliomania che mi piaga fin da ragazzo, non dispero prima o poi di riuscire a farla diventare una discreta lettrice: ne ha la stoffa. L’altro ieri abbiamo avuto una discussione sulla copertina dei libri.

Lei sosteneva che le era impossibile leggere un volume la cui copertina le faceva schifo. Hai una bella voglia a obiettare che un giudizio su un’opera si può dare solo dopo che la si è letta per intero.

Siamo onesti: quante volte abbiamo preso in mano una pubblicazione solo perché affascinati dall’illustrazione? Ma certo non possiamo spingerci a disprezzare un testo solo perché l’editore ha avuto graficamente mano infelice.

Se questo ci pare assurdo, ci può essere di peggio: chiedere la distruzione di un libro solamente per il suo titolo.

E’ quello che sta succedendo in Spagna con la traduzione del nostrano “Sposati e sii sottomessa”, gran bell’opera della giornalista Costanza Miriano.

Si è infatti scatenata un‘intensa campagna diffamatoria contro di essa e contro l’arcivescovato di Granada che ne ha promosso la pubblicazione, con tanto di denunce.

(…) Non possiamo permetere che organizzazioni come la Chiesa, che prende denaro dallo Stato, si dedichino a fare proselitismo della disuguaglianza, della discriminazione e del sessismo” asserisce Alvarez del PSOE (Partito Socialista). Invita quindi i vari vescovi a non vivere nel medioevo.

Un chiarissimo manuale di violenza” per “schiavizzare la donna“, traduzione “inammissibile in uno stato democratico“…si deve ritirare dalle librerie, dicono esponenti di varie associazioni femministe

Autentico sproposito”…”Spero che l’Arcivescovado rettifichi, prima che sia tardi.” Questo, ahimé, è il segretario del Partito Popolare Andaluso.

Cosa hanno in comune tutte queste persone? Che il libro, evidentemente, non l’hanno manco aperto. Lo vogliono bruciare senza forse averne neanche guardato la copertina.

Perché, se lo avessero fatto, si sarebbero visti costretti a cambiare idea. A capire cosa intendeva S.Paolo con quella frase (sì, è S.Paolo. Non è medioevo, è persino un cincinello più antico), cosa ha a che fare con il matrimonio. Quando è che essa è vera.

Ho detto che avrebbero dovuto cambiare idea? In effetti, forse no. Perché non posso fare a meno di domandarmi come mai, con tanti testi in cui si elencano cento sfumature di degradazione umana, manuali pornografici di ogni genere e tipo, e che nelle librerie ci sono già da un pezzo, proprio di questo si chieda il ritiro. Perché ci si scandalizzi di fronte alla parola “sottomissione” quando usata da un cattolico e non davanti a quell’”Islam” che significa esattamente questo, con senso però nettamente diverso.

Il dubbio mi viene che si sia ben consci, invece, di cosa in realtà quel volume contenga (almeno da parte di alcuni: il resto della turba si limita a seguire con torce e forconi).

E’ pericoloso, quel libro, perché mostra in maniera divertente e appassionata un verità che si fa riconoscere. E’ pericoloso per chi quella verità vorrebbe distruggere.

E la verità è che uomo e donna hanno pari dignità ma ruoli diversi. Inconcepibile, per chi vorrebbe cancellare il significato stesso di “uomo” e “donna”. In maniera da tramutarli in schiavi.

Ed è per questo che si alza il coro dei nemici, il dileggio degli intolleranti. Il cattolico appare un bersaglio facile per certi vigliacchetti il cui linguaggio abituale è l’insulto e la diffamazione, la menzogna detta per far male. Il cattolico sembra debole. Pronto per essere inchiodato alla croce. Ma sulla croce il cattolico la sa un poco più lunga.
C’è da sperare che la vicenda si risolva in una bella pubblicità. Chissà, prima di buttarlo tra le fiamme magari potrebbero finire per leggerlo persino i suoi detrattori.

Cásate y se sumisa…

DI COSTANZA MIRIANO
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La controvertida frase de san Pablo a los Efesios, “Esposas, estad sujetas a vuestros maridos”,  fue la inspiración de un best-seller italiano en el 2011: Sposati e sii sottomessa: Pratica estrema  per donne senza paura : Cásate y se sumisa: experienca radical para mujeres sin miedo. Costanza Miriano, su autora, está convencida de que muchos conflictos matrimoniales podrían resolverse si la mujer entiende su verdadero talento como esposa y madre: la sumisión del servicio. Los ejemplares de su libro pasan de mano en mano entre muchas italianas.
¿Qué inspiró su libro?
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Non ho voluto che alle mie nozze si leggesse il testo di san Paolo sulla sottomissione della donna... (ESP./ ITA.)

No quise que en mi boda se leyera el texto de San Pablo sobre la sumisión de la mujer  costanzamiriano.com

DI ADMIN
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Cásate y se sumisa, el polémico libro editado por la editorial dependiente del Arzobispado de Granada, ha puesto en la picota a su autora, la italiana Costanza Miriano.
Esta periodista que trabaja en la RAI, madre de cuatro hijos, la petición efectuada por varios partidos político españoles para que retiren su libro de las estanterías, le ha dejado estupefacta. La obra es un auténtico betseller en Italia, país en el que se ha reeditado, gozando del favor de miles de mujeres que han tenido el sentido común que parece faltar en España, y lo han leído antes de tacharlo de su lista.
Miriamo atiende por teléfono a Teinteresa.es, y dice algunas palabras en español para romper el hielo, “que conozco gracias las canciones de Violeta”. Para esta mujer nacida en Perugia en 1970, las acusaciones de que su libro promueve la violencia de género es algo inaceptable, tanto más cuando en la mayoría de librerías de Italia está colocado en los estantes de la sección de humor. Vivir para ver.
¿Cree que la polémica por el lanzamiento de su libro está justificada?
No, para nada. ¿En qué punto de mi libro hablo de violencia? No justifico en absoluto la violencia. No es el argumento del libro. Sería como hablar de cenicienta en relación con la explotación laboral. Hablo desde una óptica cristiana, del matrimonio cristiano
El título de tu libro, ¿pretende llamar la atención de los católicos, o de los no creyentes?
De ninguno. Es una frase de San Pablo, de la carta a los Efesios. Así que habría que pedir la retirada de la Biblia del mercado. La mía es una reflexión honesta y leal, no es para hacerme publicidad. Es una reflexión sobre San Pablo que también me molesto cuando la leí por primera vez. Y no quise que se leyera en mi boda como lectura.
Pero se supone que San Pablo habla en un contexto comprensible en aquella época.
No, gran parte de la Iglesia no dice esto. Y de hecho mi libro ha sido muy bien acogido por la Iglesia, pontificios consejos, con llamadas de cardenales, párrocos, obispos,  y artículos del Obsservatore Romano en primera página. Nadie en la Iglesia ha dicho que no sea así. En tanto que el texto de San Pablo dice además que el hombre debe morir por su mujer.
Si tengo que elegir prefiero ser sumisa, que morir. Ciertamente hay que entender en qué sentido San Pablo quiere decir esto. Entiendo que el sentido es mucho más profundo que lo que se ha entendido y llevado al debate público en España. Estamos hablando de violencia.
Es que en España llevamos en la última década más de 700 mujeres asesinadas a manos de exparejas, novios, maridos…
También en Italia los números son parecidos, es algo gravísimo, pero basta leer en los mandamientos: no matar. Mi libro no tiene nada que ver con este asunto. El lenguaje bíblico es otro lenguaje, más profundo, más espiritual.
La Iglesia siempre ha condenado la violencia. La violencia contra los más débiles, desde el niño en el vientre materno, a las mujeres más frágiles, y condena todos los tipos de violencia. No matar niños, no matar mujeres, no matar hombres. La Iglesia nunca ha justificado la violencia. Meter el libro en ese debate es como pedirme a mi una opinión sobre Messi y el Barcelona. No entendería nada.
Pero parece dar a la mujer un rol de fragilidad, aunque después lo traduzca como servicio a los demás
No es una cuestión de debilidad, es otra cosa como dice Usted. En la Carta a los Efesios, San Pablo invita a hombres y mujeres a someterse mutuamente. La misma dignidad el hombre y la mujer no está en discusión. La Iglesia siempre ha abogado por esto.
Por tanto, ¿somos iguales?
Igual dignidad, pero muy diferentes. Desgraciadamente las ideologías de género tienden a considerar las características sexuales como algo cultural y no determinado por la naturaleza. Entiendo que algunas feministas se hayan podido molestar, porque en el pasado la mujer no tenía reconocida la misma dignidad, y algún término les pueda haber molestado. Es un debate muy difícil.
El concepto de sumisión ha levantado ampollas
Yo sugeriría leer el libro antes de hablar. En muchas librerías en Italia ha sido colocado en la estantería de los libros de humor. Y digo leer el libro primero porque hay que entender qué quiere decir la palabra sumisión. Dedico 50 páginas a explicarlo, y no lo puede explicar en dos minutos.
Oiga, ¿Y no sería mejor que el hombre fuera sumiso a la mujer?
No, porque San Pablo dice lo contrario. Entre otras cosas porque Hombre y Mujer piensan de modo diferente. La mujer tiene deseos de controlar  y el hombre tiende al egoismo. San Pablo subraya los dos puntos. Que la mujer debe ser sumisa, pero que el varón debe morir por ella. Y son dos puntos claves, el nexo de lo masculino y lo femenino.
Querer lo contrario sería manipular (La naturaleza), formatear a los hombres. Sólo el que tiene vendado los ojos por la ideología puede  negar esto. Normalmente un hombre se casa pensando “ojala que mi mujer no cambie”, y una mujer se casa pensando “ojala que mi marido cambie”. Al menos esta es mi experiencia. Es lo que he visto en mi vida, y en la vida de mis amigas.
Por cierto, ¿considera positiva la incorporación laboral de la mujer?
Yo tengo dos trabajos. Soy periodista en la RAI, tengo 4 hijos y soy representante de clase, les quito los piojos, les ayudo con los deberes… No digo que las mujeres tengan que estar en casa. Yo corro el maratón, todos los días…
¿Es el matrimonio como usted lo entiende una huida del hogar paterno?
No tendría que serlo y pienso que no lo es. Además si uno convive en pareja nadie se escandaliza hoy día. Por lo menos aquí en Italia. Conozco gente que ha convivido y luego y se ha casado. Casarse para escapar no es algo bueno. Quizá en el pasado. Tal vez en Italia era el modo de alejarse del Padrone.
¿Dónde está el amor en el matrimonio cristiano?
Pienso que el ideal del amor, como se viene vendiendo en Occidente, es algo emotivo y sensible, pero esto es solamente una parte bonita, que no hay que despreciar, pero los cristianos ven el amor como la entrega del hombre y la mujer. Los esposos son compañeros de viaje, que realizan un trabajo de conversión recíproca, algo mucho más profundo y que va más allá del amor emotivo. Además, parte de ese amor es la acogida de los hijos.
¿Está su libro entonces en ortodoxia de la Iglesia Católica?
El pontificio consejo para la Familia dice que es una glosa divertida de la afirmación de Juan Pablo II que el Señor ha puesto a la Humanidad bajo el cuidado  de la mujer. Por tanto, yo he entendido que la mujer es la que acoge, la que pone en relación, la que crea lazos. Este es el sentido. Nada que ver con la violencia, ni con lo que es útil. Es un nivel mucho más profundo. Pero hay que leerlo para saberlo.