State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

martedì 29 marzo 2016

"era l’uomo morto a presiedere la liturgia con il mistero del suo silenzio…Dietro di lui il silenzio e il mistero del mare. E il suo silenzio era lo spazio del ricordo. Il suo corpo morto era carico dei loro ricordi perduti…Era una poesia." Parole da mangiare.

COMBONIANUM - Formazione Permanente

La parola sacra che custodisce l’umano

C’è una storia. Non mi stanco di ripeterla. Mi capitò di leggerla in un libro di G. G .Marquez, molto tempo fa…

Cristo morto
Riguarda un paese,
un borgo di pescatori,
perduto nel nulla/ovunque,
aria intrisa di noia,
un susseguirsi monotono di giorni,
le stesse parole vuote,
gli stessi giorni vuoti,
gli stessi volti vuoti,
gli stessi corpi vuoti,
dove non vi sia ricordo di passione, né di slancio vitale….

Un giorno qualunque a un ragazzo accadde di avvistare al largo una strana sagoma galleggiante. Si mise a urlare. L’intero villaggio accorse. In un luogo come quello, anche una sagoma insolita era motivo di eccitazione. E si piazzarono sulla spiaggia, a guardare, in attesa. Finché il mare, lentamente, senza fretta, portò quella cosa, e per gran delusione generale, la depositò sulla sabbia.
Un uomo morto.
I morti sono tutti simili tra loro; non rimane altro da fare che seppellirli. In quel villaggio era usanza che fossero le donne a preparare il morto per la sepoltura. Pertanto trasportarono il cadavere in una casa: le donne dentro, gli uomini fuori. Quando si accinsero a ripulirlo dalle alghe e dal verde del mare, il silenzio fu grande.
D’un tratto però, la voce di una donna ruppe il silenzio…
“Se avesse vissuto tra di noi, avrebbe dovuto chinare il capo per entrare nelle nostre case. E’ troppo altro…”
Annuirono tutti in segno di assenso.
Di nuovo calò un profondo silenzio. Ma si udì la voce di un’altra donna…
“Mi chiedo che voce avesse…Simile al sussurro della brezza? Come il rombo delle onde? Chissà se conosceva la parola segreta, che al solo pronunciarla, una donna raccoglie un fiore per porselo tra i capelli?”
E tutte sorrisero.
“ancora silenzio. E, di nuovo, la voce di un’altra donna…
“Queste mani…Che grandi! Cosa avranno fatto? Avranno giocato con dei bambini? Avranno veleggiato per i mari? Avranno combattuto numerose battaglie? Avranno edificato case? Chissà se sapevano accarezzare e abbracciare il corpo di una donna?”
Si misero tutte a ridere.
E si sorpresero nel constatare che il funerale era diventato una resurrezione: un sussulto nella loro carne e si riaffacciavano sogni a lungo creduti sopiti, ceneri divenivano fuoco, sulla superficie della loro pelle, nella rinnovata vitalità dei loro corpi, affioravano desideri proibiti…
Da fuori i mariti assistevano a quanto stava accadendo alle loro mogli ed erano gelosi dell’uomo affogato, perché si rendevano conto che aveva un potere di cui essi non disponevano. Pensavano ai sogni che non avevano mai avuto, alle poesie che non avevano mai scritto, ai mari che non avevano mai visto, alle donne che non avevano mai amato.
Si ha sempre qualcosa da dire dinanzi ai morti.
Ma quell’uomo morto… Non aveva nome né storia…
Dinanzi a quel vuoto immenso rimasero sgomenti.
Il silenzio intorno si fece assoluto e l’abisso insondabile..
Di norma nelle sepolture sono i vivi ad essere investiti di incarichi. In questo caso la situazione era opposta; era l’uomo morto a presiedere la liturgia con il mistero del suo silenzio…
 Dietro di lui il silenzio e il mistero del mare.
E il suo silenzio era lo spazio del ricordo. Il suo corpo morto era carico dei loro ricordi perduti…
 Era una poesia.
Dal silenzio si udirono parole nuove. Le storie che raccontavano su quell’uomo erano storie su se stessi: giacché i sogni erano risorti dal cimitero in cui erano stati sepolti. Adesso i loro corpi erano risorti. Erano vivi di nuovo. L’anima si ricongiungeva alla carne. Erano sogni fàttisi carne.
(R. Alves, Parole da mangiare, Qiqajon)

Questa è la nostra storia.
La storia di tempi cupi, in cui pare che il grigiore di ceneri copra ogni cosa. Nessuno slancio ideale, nessun vento di rinnovamento, nessun progetto futuro né meta comune verso cui incamminarsi.
Heidegger direbbe che, dal nostro mondo, gli dei sono fuggiti.
E con loro, il senso del trascendente, lo stupore e la meraviglia. E la nostra capacità di sognare. Un tempo così povero – continuerebbe il filosofo – che nemmeno ci accorgiamo della nostra povertà.
E’ su questo nada che fa irruzione il morto del racconto.
Come uno squarcio. Come un grido. Sfacciatamente. Impudicamente. Con la sua nudità, fragilità, mostruosità.
Un poeta, direbbe ancora Heidegger. Capace di attivare parole, e che, giunto al termine della notte,  ne ha saggiato l’abisso e vi riporta l’orrore.
Con il poeta le domande prendono voce e ricomincia il canto.
Un canto povero, invero, ma che resiste. E abita la terra, il villaggio, le persone. Che emerge dal silenzio (il vuoto del mare) ed è esso stesso silenzio, ma riesce a risvegliare ciò che giace, sopito, dentro i cuori umani: parole, risa, racconti, sensi, memorie, che ci consegnano la possibilità di una resurrezione.
Ci piacerebbe tornare a fare silenzio, dentro e intorno a noi, per riuscire ad accogliere quelle parole totalmente umane donateci, in un tempo ancora non tempo, in un luogo ancora non luogo da chi ci chiamò a divenire interlocutori e parlanti.
Tornare ad imparare l’ascolto di parole che sono cose, capaci di dare consistenza alla nostra verità più profonda, e di rimetterci in relazione con la verità degli altri.
Parole capaci di ospitare le domande, i dubbi, i cammini.
Di dar fiato alle preghiere.
Di risvegliarci dall’oblio.
Di aprire spazi profetici alla speranza.
E’ di parole siffatte che si nutre la poesia, linguaggio oggi desueto eppure così necessario: Monasteri -scriveva padre Turoldo ai suoi monaci- oasi dove Dio continui a creare le cose più necessarie: la poesia, la musica, il canto.
Di tale profonda bellezza dovremmo tornare a nutrirci, se è vero che non di solo pane siamo chiamati a vivere, ma anche di una Parola, che abita ben oltre il confine della sacralità, che sa riempire di sacro il quotidiano, che sa educarci a rinvenire lo spirito che lo abita.
Tempo è di tornare a tacere, per ascoltare il canto della parola poetica, e, da questa convocati, tornare ad essere soggetti politicinel mondo.
Politici nel rinnovato sforzo di prendersi cura di quanto ci è stato affidato: i corpi, i cuori, le libertà…
Chiara Saletti, Coordinamento Teologhe Italiane
www.retesicomoro.it


Resurrezione

Piero della Francesca, Resurrezione, 1450-1463

Sansepolcro, museo civico
 

Voglio essere una forza del bene. In altre parole so che esistono forze del male, forze che arrecano sofferenza agli altri e miseria al mondo, ma io voglio essere una forza opposta. Io voglio essere la forza con la quale fare veramente del bene.

 

                    Se ami hai capito la vita



Pasqua 2016

Qualche volta agire significa lasciar scorrere fuori dalla propria vita eventi o persone negative senza fare guerre. Ci sono cose che non cambieranno mai ma il nostro modo di pensare o reagire, quello si che può cambiare provocando una più felice reazione a catena.

Quando arriva la palla di fuoco, va gettata via, non passata ad altri.

Spezziamo le catene dell’odio.

Impariamo la lezione ma agiamo correttamente perchè a lungo termine ciò che seminiamo maturerà, e allora piantiamo fiori, seminiamo profumi, illuminiamo.

Il male proviene da ogni parte ma non è vero che non possiamo far niente per fermarlo, possiamo spezzare la catena dell’odio semplicemente riflettendo un attimo in più. La vendetta non è un buon piatto, ne’ caldo, ne’ freddo, lascia solo amaro in bocca. In ogni caso, è giusto non pretendere mai dagli altri ciò che non siamo disposti a fare o essere, ed anche in questo caso, meglio non pretenderlo comunque. E’ sempre l’agire che conta, le parole si disperdono nel vento, ma solo quando sono supportate dai fatti diventano poesia e producono amore.

Si lascia un segno quando si nutre la speranza di poter cambiare il mondo cominciando da se stessi.
 
Voglio essere una forza del bene. In altre parole so che esistono forze del male, forze che arrecano sofferenza agli altri e miseria al mondo, ma io voglio essere una forza opposta. Io voglio essere la forza con la quale fare veramente del bene. 
[John Coltrane)

AMA E SARAI AMATO

Un uomo con un orologio sa che ore sono. Un uomo con due orologi non è mai sicuro.

Lunario. Aforismi per un anno



Due orologi

 

Un uomo con un orologio sa che ore sono.

Un uomo con due orologi non è mai sicuro.

 ARTHUR BLOCH


La legge di Murphy




Neil Nelson

lunedì 28 marzo 2016

lunedì dell'Angelo ... Pasquettta .-)

By leggoerifletto:

Poesia di Pasqua - Charles Singer


E' Pasqua
Con te, Signore risorto,
prendo la strada della vita:
lascio la morte delle parole cattive
per aprirmi all'amicizia;
lascio l'oscurità delle bugie
per essere limpido e sincero;
lascio i pugni e le canzonature
e tendo la mano per chiedere perdono;
allontano l'egoismo dalle mie mani
e dal mio cuore;
credo in te, Signore della vita,
che hai sconfitto la morte.
Con te, Signore,
cammino già sulla strada della vita!
Con te, Signore risorto,
cammino su una strada di resurrezione!

- Charles Singer  - 





"Noi annunciamo la risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità. 
Con il nostro atteggiamento, con la nostra testimonianza, con la nostra vita, diciamo: Gesù è risorto! Lo diciamo con tutta l’anima."


- Papa Francesco -


lunedì dell'Angelo 2015






Un'alba a colori di gioia 

Oggi possiamo ancora dirci con gioia: Il Signore è risorto! 
È veramente risorto! Sono trascorsi due millenni da quando se lo dicevano le pie donne e gli apostoli, stupiti e ancora come in sogno, come chi piange e ride insieme davanti a una notizia incredibilmente bella.
Tu eri la Gioia nel cuore del Padre, la purissima gioia dell’essergli Figlio e sei venuto come sorriso divino a dissipare le nostre umane tristezze. 
Annunzio di gioia il tuo concepimento nel grembo verginale di Maria, evento di gioia la tua nascita a Betlemme, notizia di gioia il tuo evangelo. 
Prezzo di gioia fu la tua croce e gioia per sempre la tua resurrezione. 
Il Signore risorto ci comunica la sua vita, la sua pace, la sua gioia. 
Tutta la creazione ne è coinvolta, non soltanto l’uomo; tutti gli elementi del cosmo sono investiti dell’energia divina irrompente dal sepolcro di Cristo. In Cristo risorto tutto il mondo viene purificato. La gioia pasquale è il canto della vita nuova, della santità dei figli di Dio.
La gioia del Risorto è la fonte della nostra pace. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: - Pace a voi!- Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: - Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-22).
La scena è stupenda e commovente: Gesù appare ai discepoli riuniti insieme; li abbraccia con il suo sguardo, dà loro il saluto di pace, infonde in essi lo Spirito santo, fa vedere e toccare le sue piaghe, i segni della sua crocifissione. Entra attraverso le porte chiuse, anche quelle del loro cuore assorbito dalla tristezza e paralizzato dalla paura. Facendosi riconoscere ravviva in loro la fede e la speranza, suscitando grande gioia. Anche oggi Gesù è vivo e sta in mezzo a noi mostrandoci i segni del suo amore.
La gioia dei discepoli è la nostra gioia. 
È la gioia che fa ardere il cuore. … Due discepoli erano in cammino … Verso il tramonto il grande, infaticabile Pellegrino del mondo si accompagnò ai due discepoli sulla strada di Emmaus. 
Essi non avevano nella loro bisaccia che una pesante riserva di tristezza: egli subito la vide, vi mise sopra le mani per dissolverla, per far vedere che era roba vecchia da buttare via. 
E tanto vi riuscì che, arrivati ad Emmaus, invece di tristezza poterono offrire anche a lui pane di festa. Fu però soltanto quando egli scomparve che lo riconobbero e capirono donde veniva quell’ardore che andava crescendo nel loro cuore mentre lo ascoltavano. Questa sembra una storia di quel lontano giorno, invece è sempre la nostra attualità. 
La fede, infatti, conosce fin troppo la malinconia del “giorno che declina” e si tira dietro spesso una fiacca speranza. Il sostegno della presenza di quel Compagno di viaggio ci è indispensabile. Signore, con cuore di pellegrini, lungo le strade di questo mondo, aneliamo alla tua presenza di pace e di gioia. Dissetaci fin d’ora con quell’acqua viva che tu solo sai donare; diventeremo così, per altri assetati, fontane di villaggio per una sosta di pace e di ristoro.
Vieni incontro a noi lungo i sentieri dei nostri umani smarrimenti, entra a porte chiuse da noi e alita sui nostri volti la fragranza del tuo Spirito; allora vivremo anche noi da risorti, annunziando con gioia a tutti gli uomini che tu sei l’unico nostro Salvatore. 
Concedici di camminare sulle piste della fede con accesa nel cuore la stella della speranza come chi sa di andare sicuro verso l’aurora. Allora tu, radiosa stella del mattino, brillerai nell’intimo del nostro cuore e noi, figli della resurrezione, staremo in bianche vesti, con volti raggianti di gioia, alla tua gloriosa presenza esultando per il trionfo dell’ Amore.

- Madre Anna Maria Cànopi - 
Fonte:  Il vangelo della gioia, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001



Buona giornata a tutti. :-)

domenica 27 marzo 2016

Se dico e non faccio sara’ meglio che taccio...


Giuliana Campisi

NON C’E’ COERENZA




immagine reperita nel web
immagine reperita nel web

Non c’e’ coerenza tra dire e fare
come un uccello che non riesce a volare.
Se dico e non faccio sara’ meglio che taccio,
se faccio e non dico e’ mancanza di avviso.
Non c’e’ coerenza tra dare ed avere
se ti allaccio le scarpe non dovresti cadere.
Se do’ e non ho mi puo’ pure andar bene
ma se ho e non do non sono perbene.
Non c’e’ coerenza tra imparare e ignorare
se imparo e poi sbaglio non e’ positivo
se ignoro e non sbaglio non e’ negativo,
se posseggo una barca devo remare
se cammino sull’acqua dovro’ affogare.
Non c’e’ coerenza tra amare ed odiare
mi ami e mi uccidi per troppo amore,
mi stringi, incateni e mi tagli nel cuore
e se tu mi odiassi che mi devo aspettare?
Giuliana Campisi ©

LA PASQUA INSEGNA CHE SI PUÒ TENTARE DI METTERE LA VERITÀ IN UNA TOMBA MA LA VERITÀ NON RESTERÀ LI DENTRO.

                                   Buona Pasqua 2016

I FRATI DELLA COMUNITÀ ED ISTITUTO TEOLOGICO SANT’ANTONIO DOTTORE

                          AUGURI!

sabato 26 marzo 2016

Sabato Santo … Il resto è silenzio

Il Sabato santo è il giorno del silenzio di Dio./ ... un messaggio dentro il giorno più femminile...


La Donna del Sabato Santo

Giotto di Bondone Scenes from the Life of Christ Resurrection


di Antonio Gaspari

“Il Sabato santo è il giorno del silenzio di Dio. Gesù deposto nel sepolcro condivide con tutta l’umanità il dramma della morte”. (Papa Francesco – Udienza Generale, 23 marzo 2016) E oggi più che mai, travolti da una sequenza interminabile di orrore, sentiamo il bisogno di silenzio, di dare respiro all’anima, di ritrovare stabilità interiore, occhi e cuore persi per strade buie e senza uscita per cominciare a vivere il ‘nostro Sabato’ come invita il Santo Padre e imparare a ‘stare’ nel tempo che ci attraversa.
Violenza, distruzione, morte, sfruttamento, schiavitù, emarginazione, degrado, fame, odio, guerra … in questo abisso di tenebra è possibile scorgere uno spiraglio di luce all’orizzonte e credere ancora alla ‘buona notizia’? È ancora possibile oggi scoprire la santità del tempo, avvolto dalla benedizione di Dio? Dov’è il Dio dell’alleanza che ha visitato e redento il suo popolo e non si stanca di custodirlo lungo il cammino verso la terra promessa?
Quel Padre che ‘ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’ ha forse dimenticato i suoi figli?
Mentre il grido di ogni cuore ferito sale al cielo in questo Sabato santo, ecco elevarsi sovrana, al di sopra di ogni oscurità, una “Donna” bellissima, regale, splendente, “vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”, proprio come l’emblema dell’Europa.
La sua presenza silenziosa, più eloquente di mille parole, come Gesù con i discepoli di Emmaus, si accosta discretamente per ‘stare’ con noi. Sta nel nostro smarrimento e ci rischiara la strada. Ci ri-orienta.
Ci scalda il cuore e riaccende in noi la speranza di una vita nuova. Qualsiasi situazione viviamo o osserviamo, qualsiasi sia la nostra o l’altrui passione, ci chiede di sostare con lei ai piedi della croce e di guardare le cose da una prospettiva nuova, dall’alto, anothen.
Assente al tempo dei trionfi, ora lei è lì, sotto la croce, più che mai presente, a vivere in strettissima simbiosi la passione del suo adorato Figlio, a morire d’amore con lui, senza poter morire. È lì a vivere con Lui la più profonda kenosi nella storia dell’umanità.
Impietrita da tanto dolore, atroce, insopportabile, inimmaginabile, il più grande che un essere umano possa provare, non infierisce, non si contorce, non urla, non scappa.
Lei soltanto ‘c’è’, con tutto il suo cuore, con tutta se stessa e ci svela la strategia vincente dell’essere nel dolore, nostro e altrui, dell’entrare in sé prima di uscire, senza spendere parole inutili, frasi di convenienza, atteggiamenti teatrali e ipocriti, senza esperti e sapientoni.
Lei ‘sta’, ci sta, non compiange il Figlio, non si chiede “perché?”, non invoca miracoli, non aspetta parole. Lei è lì, semplicemente, totalmente, visceralmente, a testimoniare l’amore perfetto, inscindibile, che la unisce a Lui. Niente e nessuno potrà mai separarli, nemmeno la morte. Un amore così non muore mai, non può morire, vive in eterno.
In lei si condensa la storia d’amore di ogni figlio, di ogni padre, di ogni madre che è chiamata a vivere la stessa atroce esperienza, la morte di un figlio: solo in lei riesce a trovare misteriosamente la sua vocazione, la sua missione, il suo compimento.
Chi più di lei può chiedere ad ogni cuore trafitto di non fermarsi al buio del Venerdì Santo?
Siamo incamminati come pellegrini nel “sabato” del tempo, verso l’ottavo giorno, in attesa della piena rivelazione della vittoria di Pasqua. Siamo chiamati a guardare oltre, certi che le promesse di Dio si avvereranno, allora, non cediamo alla tentazione di assolutizzare l’oggi.
Per quanto la notte possa essere oscura, non ci smarriremo se continueremo a tenere accesa la lampada della fiducia in Dio che ci fa sperare contro ogni speranza. Se, come questa Donna intrepida, innalzeremo lo sguardo oltre lo scandalo di ogni croce, di ogni dolore innocente.
“La Madonna dovrà essere l’icona, per noi, di quel Sabato Santo. Pensare tanto come la Madonna ha vissuto quel Sabato Santo; in attesa. È l’amore che non dubita, ma che spera nella parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua” (Papa Francesco – Udienza Generale, 23 marzo 2016)
Dalla Croce, dai cuori squarciati del Figlio e della Madre irrompe un fiume di amore, immenso, senza confini. Acqua viva che sana ogni ferita, lenisce ogni angoscia, rigenera ogni morte, purché trovi un cuore aperto, disposto a riceverla.
Attraverso la Donna del Sabato Santo l’amore di Dio potrà accarezzare ogni crocifisso della nostra storia. Ogni ferita, ogni morte sarà trasfigurata in feritoia da cui risplenderà un raggio di luce del Risorto.
Per ogni approfondimento: www.figlincielo.org

***



 Il giorno più "femminile" dell'anno liturgico...

di Alessandro D'Avenia

Il Sabato Santo è il giorno più femminile dell’anno, perché è il giorno dell’attesa. Solo la donna sa cosa vuol dire attendere, perché porta in grembo la vita per nove mesi e la si dice per questo in dolce attesa. Attesa e attenzione hanno la stessa radice, per questo le donne sono attente ai dettagli sino a rischiare di perdersi in essi, perché ogni talento ha la sua ombra. Solo la donna sa cosa vuol dire tessere la vita, prendersene cura e donarla al mondo. Solo la donna conosce questo accadere in lei e ne stupisce nel corpo e nell’anima. Il Sabato Santo è infatti il giorno delle donne. Alle donne è affidato il compito di prendersi cura, cioè di 'attendere' al corpo di Cristo, prima che inizi il sabato ebraico: con i profumi e le essenze ne preparano la sepoltura provvisoria, in tutta fretta, in attesa di quella definitiva dopo l’obbligatorio riposo sabbatico. In qualche modo anticipano, inconsapevolmente, la risurrezione con quel gesto umanissimo della mirra e dell’aloe, che avevano funzione non solo di profumare ma di rallentare la corruzione del corpo. È proprio della donna dare la vita, è proprio della donna profumare e preservare dalla corruzione, è proprio della donna prendersi cura del corpo. Ed è a una donna che viene dato il lieto annuncio della risurrezione, della vita preservata dalla morte che si scopre sconfitta, quando credeva ormai di aver vinto la partita su un cadavere, che è il Corpo più vivo della storia umana. Le parole di Luca, apparentemente soltanto descrittive, svelano il motivo per cui alle donne per prime è dato l’annunzio, loro così attente a quel corpo perché in attesa di quel corpo: «Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento. Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato».

Il silenzio del sabato per gli uomini è sconfitta e disfatta. Tutto è finito. Per gli uomini che cercano sempre soluzioni efficaci ai problemi, la morte non ha soluzione: Cristo è stato un’illusione, non è la soluzione al problema, che differenza vuoi che facciano gli aromi e gli oli profumati (solo Nicodemo fa eccezione, proprio quello a cui nottetempo Gesù aveva spiegato che bisogna rinascere dall’alto). Per le donne c’è qualcosa di diverso, intuiscono che Cristo è come loro, che danno ai loro figli il loro sangue e il loro corpo, perché i figli abbiano la vita. Il punto per loro non è trovare la soluzione al problema, ma accompagnare chi ha il problema, non lasciarlo solo. Il chicco di grano muore a sé, come chi è in dolce attesa, per dare frutto: la donna questo lo sa nel corpo e quindi anche nell’anima, il suo dischiudersi è dolore che dà la vita. L’uomo invece vede la morte con freddo realismo: senza soluzione, e basta. Altro che risurrezione. Anche nella nostra vita molte cose devono morire (e noi moriremo), perché appartengono al mondo vecchio, mortalmente ferito dal peccato. Ma su questo se ne innesta uno nuovo, inaugurato da Cristo, che fa risorgere la vita e la restituisce intatta, prendendosene cura come fa una donna incinta: il realismo del cristianesimo non ha nulla a che fare con le favole. Si muore realmente e con tutte le sofferenze del caso, ma si risorge altrettanto realmente, per intervento del Padre a cui la vita è affidata. Questa buona notizia, l’unica buona notizia nel naufragare continuo delle cose umane, è data a una donna, a Maria di Magdala, perché sono le donne che sanno dare la vita e sono loro che devono trasmettere agli uomini il messaggio che la vita è ricominciata. Sono loro ad attendere preparando aromi e oli, non sono in fuga, c’è ancora qualcosa da fare per il corpo di Cristo: preparano la loro umanissima ricetta di risurrezione. Tutto questo avviene nel giardino del sepolcro, così come nel giardino la donna aveva mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, decidendo che poteva essere lei a dare la vita in proprio, senza il consenso di Dio, e quindi avrebbe potuto anche non attendere la vita, non attendere alla vita. Nello stesso giardino tutto viene riparato: «Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio». Quella donna si era alzata prima dell’alba, probabilmente dopo ore insonni, ed era andata di fretta al sepolcro. Ecco perché il sabato è donna, perché la donna ha atteso trepidante tutto il sabato e quando può scatta in avanti, corre in fretta, come una molla compressa, per curare la vita, anche quella più ferita, si alza quando è ancora buio, per nutrire la vita, come le madri che allattano nel cuore della notte. Non si cura del fatto che il sepolcro è chiuso da una pietra che non potrà mai spostare, a lei quello che interessa è stare il più vicino possibile al suo amore, essere lì presente, fisicamente. Proprio a lei, innamorata folle, allora viene concesso il privilegio di essere chiamata per nome («Maria!») dal risorto, e così riconoscerlo. Una nuova vita viene attesa dagli uomini, scegliendo il nome che ne inaugurerà l’inedito essere al mondo. La nuova vita di Cristo risorto si mostra pronunciando il nome di Maria come nessuno lo ha mai pronunciato, con un tono tale che sentiamo risuonare tutta la meraviglia del nostro essere, che non solo è amato così come è, ma è voluto dall’eternità e per l’eternità proprio da chi non può morire più, perché è risorto una volta per tutte. Come quando lo sposo dice alla sposa nel Cantico dei Cantici: «Sei tutta bella», e quel 'tutta' non indica solo la totalità del corpo ma la totalità del tempo, bella in ogni tempo, passato presente e futuro. Lei che era andata a prestar cura a un corpo senza vita si ritrova a essere chiamata per nome, per prima, dalla Vita stessa, che non può più morire. E la sua vita rifiorisce, dall’alto. Lei ora sa che non può più appassire, grazie a quella Vita che pronuncia il suo nome come nessun amore umano potrà mai fare.

In quel giardino la donna che era in attesa, era in realtà la donna attesa. Lei che voleva in qualche modo ridare vita a quel corpo con i suoi profumi, rinasce dall’alto, a partire dal suo nome. Lei per prima viene a sapere la buona notizia, sin dentro al suo nome, perché piena di fede e di cure, che poi è lo stesso. Lei la prima a dare la notizia, la buona notizia, perché lei è la prima, vigile, scattante, ad aspettarla quella notizia per un intero trepidante malinconico sabato d’attesa.


By Kairos
Il resto è silenzio (W. Shakespeare, Amleto)

Ditemi: in cosa differisce/ questa sera dalle altre notti...

Pasqua 2015 a Romena - Un racconto per immagini


Ditemi: in cosa differisce/ questa sera dalle altre sere?/ In cosa, ditemi, differisce/ questa pasqua dalle altre pasque?/ Accendi il lume, spalanca la porta/ che il pellegrino possa entrare,/gentile o ebreo:/ sotto i cenci si cela forse il profeta.                            Buona  

PASQUA 2016
Auguri, perché la Pasqua è la vittoria della Luce
 sulle tenebre, della Verità sulla menzogna, della Vita sulla morte.

Il mio augurio è:

che la luce della verità illumini
con la potenza del suo fulgore
la vita di ogni persona

BUONA PASQUA DI RESURREZIONE!
Auguri di cuore a tutti i naviganti.


Giotto - Resurrezione e Noli me tangere


“Tre sono le cose incredibili e tuttavia avvenute: 
è incredibile che Cristo sia risuscitato nella sua carne, 
è incredibile che il mondo  abbia creduto ad una cosa tanto incredibile, 
è incredibile che pochi uomini, sconosciuti, inermi senza cultura, 
abbiano potuto far credere con tanto successo al  mondo, 
e in esso anche ai dotti, una cosa tanto incredibile!”  
(Sant’Agostino – “La città di Dio” XXII, 5).
                                                          Buona Santa Pasqua!


Le più belle poesie di Pasqua
>>>   POESIE DI PASQUA 



“il canto dei bambini ebrei la notte in cui si preparavano a fuggire dal paese d’Egitto”

venerdì 25 marzo 2016

Io pure ho paura delle sofferenze e soprattutto delle umiliazioni, ma mi rassereno pensando che nemmeno Gesù nell'orto degli ulivi volle provare un sentimento diverso. Le grazie giungono al momento in cui ne abbiamo bisogno.

By leggoerifletto

dal "Discorso a conclusione della Via Crucis al Colosseo" 

21 marzo 2008 - papa Benedetto XVI

...Gesù Cristo è morto per affrancare l’intera umanità dalla ignoranza di Dio, dal cerchio di odio e vendetta, dalla schiavitù del peccato. La Croce ci rende fratelli.
Ci domandiamo: ma che abbiamo fatto di questo dono? Che abbiamo fatto della rivelazione del volto di Dio in Cristo, della rivelazione dell’amore di Dio che vince l’odio? Tanti, anche nella nostra epoca, non conoscono Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso; tanti sono alla ricerca di un amore e di una libertà che escluda Dio; tanti credono di non aver bisogno di Dio. 
Cari amici, dopo aver vissuto insieme la passione di Gesù, lasciamo questa sera che il suo sacrifico sulla Croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre umane certezze; apriamogli il cuore: Gesù è la Verità che ci rende liberi di amare. 
Non temiamo! Morendo il Signore ha salvato i peccatori, cioè tutti noi. 
Scrive l’apostolo Pietro: Gesù "portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24). 
Questa è la verità del Venerdì Santo: sulla croce il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene, ci ha resi figli adottivi di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. 
Restiamo dunque in adorazione davanti alla Croce. O Cristo, Re crocifisso, donaci la vera conoscenza di Te, la gioia a cui aneliamo, l’amore che colmi il nostro cuore assetato d’infinito. 
Così Ti preghiamo questa sera, Gesù, Figlio di Dio, morto per noi in Croce e risorto il terzo giorno. Amen!
-Papa Benedetto XVI - 
dal "Discorso a conclusione della Via Crucis al Colosseo" 21 marzo 2008 


Io pure ho paura delle sofferenze e soprattutto delle umiliazioni, ma mi rassereno pensando che nemmeno Gesù nell'orto degli ulivi volle provare un sentimento diverso. Le grazie giungono al momento in cui ne abbiamo bisogno.
- San Massimiliano Kolbe - 



Salve, nostro Re, obbediente al Padre:
sei stato condotto alla croce,
come agnello mansueto al macello.




"Inviterei tutti, credenti e non, a riflettere sulla narrazione evangelica di questi giorni: si legge di un Gesù venduto (da Giuda), tradito (da Pietro), abbandonato (da tutti gli altri), superato in popolarità da un brigante (Barabba), torturato e condannato a morte. Eppure non si legge mai - mai - non solo mezzo tentativo di Gesù di cavarsela (avrebbe potuto farlo in molti modi, dalla fuga prima dell'arresto alla ritrattazione), ma neppure una parola di odio o di rabbia. Chi altri si è caricato sulle spalle tanto dolore? Chi altri lo ha fatto non solo senza senza colpe, ma attirando su di sé tutte le altrui per poi annientarle con la gratuità del Perdono?" 

- Giuliano Guzzo - 



Benedetto sei Tu

Benedetto sei tu,
o Signore Dio nostro, re dell'universo,
che crei il frutto della vite.
Benedetto sei tu,
o Signore Dio nostro,
re dell'universo,
che fai uscire il pane dalla terra.
Benedetto sei tu,
o Signore Dio nostro, re dell'universo,
che nutri con bontà ogni creatura.
Benedetto sei tu,
o Signore Dio nostro, re dell'universo,
che ci nutri non secondo le nostre opere,
non secondo i nostri meriti,
ma ci elargisci oltre misura la tua bontà.

- Preghiera ebraica della Cena Pasquale -


Buona giornata a tutti. :-)