tramineraromatico
La Sacra di S. Michele, Umberto Eco e
Il nome della rosa (film)
“Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l’Abbazia. Pareva davvero che la roccia si prolungasse verso il cielo, senza soluzione di tinte e di materia e diventasse a un certo punto mastio e torrione, opera di giganti che avessero gran familiarità con la terra e con il cielo”da “Il nome della rosa” di Umberto Eco.
Una imponente e misteriosa struttura domina, a poco più di 30 km da Torino, la valle di Susa, della quale si erge a guardia: è la suggestiva Sacra di San Michele, che sorge sul monte Pirchiriano – un’etimologia dotta fa derivare tale nome dal greco, “fuoco del Signore”, una più realistica parla di monte dei porci, da cui dapprima “Porchiriano” – a poca distanza da Rivoli e da Avigliana.E’ lo stesso paesaggio che Umberto Eco mette negli occhi di Guglielmo di Baskerville e di Adso ne “Il nome della rosa”.Sublime e terribile al tempo stesso.Tale sito, all’incrocio di formidabili correnti ed energie geomagnetiche di cui parlano antichi testi, nei primi secoli dopo Cristo venne consacrato con l’erezione di tre cappellette o absidiole.La più piccola delle absidiole, che si aprono tredici scalini sotto la navata centrale dell’attuale chiesa, probabilmente è da assegnarsi al V-VI secolo, come luogo di culto dei primi cristiani di quella zona.La seconda abside risale all’epoca dei Longobardi, che la dedicaronoa S. Michele, alato combattente celeste, al quale erano molto devoti.La terza cappelletta , infine, si ricollega a un santo, la cui figura resta in parte leggendaria, Giovanni detto Vincenzo, vescovo di Ravenna, il quale, sullo scorcio del X secolo, si racconta abbandonasse la sua carica per ritirarsi a pregare e vivere da eremita sul monte Caprasio, “delle capre”, che è l’altro guardiano, di fronte al Pirchiriano, della Val di Susa. Secondo quanto narra la leggenda, Giovanni andava accatastando tronchi e pietre, in quanto aveva preso la decisione di costruire una chiesetta: ma al mattino non trovava né la legna né le pietre che aveva accumulato il giorno precedente.Decise, perciò, di restare sveglio: vide, così, che un gruppo di angeli, insieme ad alcune colombe, andava trasportando in volo quei materiali, accatastandoli sulla vetta del monte opposto mentre S Michele gli indicava il monte Pirchiriano come il luogo sul quale – comprese finalmente – avrebbe dovuto erigere la chiesa: infatti, rimesse a posto le due piccoleabsidi già esistenti, ne aggiunse una terza, più spaziosa. Si narra ancora , nel “Chronicon Coenobii Sancti Michaelis de Clusa” (XI secolo) del monaco Guglielmo- la fonte più antica per la storia e le leggende del luogo- che, una volta concluso il suo lavoro, San Giovanni Vincenzo volle pregare il vescovo di Torino, Amizone, di procedere alla consacrazione solenne della chiesa: questi si mise in viaggio e, giunta la sera, si accinse a dormire ad Avigliana, dove nel cuore della notte venne risvegliato da grida di meraviglia e paura.V’era infatti un gran globo di luce sfavillante sul monte Pirchiriano, e allorché Amizone, incalzato dagli eventi, entrò in chiesa, trovò che un altare era stato sollevato dagli angeli verso il monte sovrastante, donde l’etimologia, prima accennata, di “Monte del fuoco del Signore” per il Pirchiriano, anche se la più accettata oggi è quella che si rifà alla presenza di pastori e maiali in tale zona.Così come si presenta oggi, con gli adeguati restauri, la Sacra di San Michele, chiesa e abbazia, venne fondata pochi anni prima del 1000 da Ugo (o Ugone) di Montboissier, un ricco nobile dell’Alvernia, che in quei luoghi cercava di redimersi da un passato di peccatore: è un complesso potentemente scenografico e suggestivo di pietra grigioverde intersecantesi con la roccia, che si ritrova anche all’interno in molti ambienti, tanto è un tutt’uno con l’imponente costruzione.Per alcuni secoli il complesso fu uno dei luoghi più frequentati del mondo cristiano -secoli di vita benedettina -e la sua biblioteca fonte illuminata di sapere in quell’epoca buia.Purtroppo agli inizi del Seicento l’abbazia cominciò a decadere, sia per la posizione non agevole, quantunque fosse posta lungo la celebre via Francigena che collegava l’Europa del Nord a Roma e alla Terrasanta, sia per l’affermarsi di istanze più laiche e materialistiche. Fu perciò trasformata in avamposto militare e ingiuriata dai colpi di mortaio dei Francesi, dapprima nel 1630 da parte dei soldati di Luigi XIII e di Richelieu, poi ancora nel 1706, durante l’assedio di Torino.Nel 1836 Carlo Alberto di Savoia decise di affidare il monastero ai religiosi rappresentanti di un ordine da poco fondato, quello dei padri Rosminiani, dodici dei quali il 13 ottobre di quel medesimo anno vi si insediarono e la tengono ancora oggi.Per i loro ritiri spirituali i Savoia si conservarono nell’antica struttura l’uso di un appartamento ancora visitabile: in più vi traslarono dal duomo di Torino le salme di ben ventiquattro principi e principesse della casata, che vi riposano in imponenti sarcofagi di pietra.Il resto – compreso l’ottimo restauro dell’architetto portoghese Alfonso d’Andrade – è storia di oggi.E’davvero intensa e profonda la commozione che prende il visitatore quando, salendo dal lago di Avigliana, è colpito all’improvviso dall’apparire della mole abbaziale, vero punto di intersezione del temporale e dell’eterno.Arrivati di fronte alla Sacra ci si dirige al portale dello Zodiaco, con le simboliche rappresentazioni sui capitelli e altrove dei vari segni zodiacali – a voler sposare macrocosmo e microcosmo –Una volta entrati si sale il lungo il ripido scalone dei morti, così denominato in quanto vi venivano esposte le salme dei monaci: a tal proposito ricordo la nota litografia dello scalone realizzata dal marchese Massimo d’Azeglio, frequentatore della Sacra, sulla base di un disegno dal vero, a corredo illustrativo di una piccola sua opera, “La Sacra di San Michele” di gusto romantico, pubblicata nel 1829. Come vuole la scienza della Tradizione, che si affida al poteredei simboli, l’ingresso della Sacra è rivolto a Oriente, il luogo da cui venne Gesù Cristo.La grande chiesa a tre navate è del XII secolo, e la volta fu completamente rifatta, a sesto acuto, dal d’Andrade.Una curiosità:Sulla soprannominata Porta dello Zodiaco sono presenti tutti e 12 i segni zodiacali ma raggruppati in solo 11 raffigurazioni: sono lo Scorpione e la Bilancia, infatti, ad essere considerati un unico segno e sembra che risalgaproprio al Medioevo la soppressione della Bilancia quale segno distinto, in quanto venne identificata con le chele delloScorpione medesimo.Tale fusione dei due segni in un unico simbolo avvenne poiché fin dall’antichità l’uomo vedeva ogni parte del proprio corpo simboleggiata da una costellazione.Così, simbolicamente, la Bilancia – da sempre associata alla giustizia – corrisponderebbe ai reni e lo Scorpione ai genitali, alla zona corporea cioè cui è insito il potere creatore dell’essere umano. Ora si pensava che fosse proprio l’intervento della Bilancia, cioè dei reni, a donare un carattere di giustizia al processo generativo (lo Scorpione).Francamente per noi oggi con le attuali conoscenze scientifiche è difficile capire tali convinzioni, che peraltro sono oltremodo interessanti, e meritano di essere studiate a fondo.Inoltre, sul lato sinistro della Porta dello Zodiaco, sono collocate ulteriori 15 costellazioni così elencate: Aquila, Delphinus, Pegasus, Deltoton (corrisponderebbe al triangolo dell’emisfero boreale), Orion, Lepus, Canis, Anticanis,Pistrix, Eridanus, Centaurus, Cetus, Nothius, Ara e Hydra.Per le altre meraviglie architettoniche rimando a una guida che si trova anche in rete o meglio consiglio caldamente una visita.Invece vorrei soffermarmi un poco sull’importanza culturale della sacra di S Michele nei secoli passati.Nel secolo XI l’Abbazia era già una leggenda culturale e spirituale: la sua Biblioteca e la sua Scuola di grammatica avevano una reputazione europea.Era abitata da una cinquantina di frati che non si limitavano a conservare e trasmettere il potere ai posteri, ma che viaggiavano, animavano sottili dispute teologiche e innescavano scambi culturali con altri monasteri.La Sacra trattava direttamente con l’aristocrazia.L’abate Benedetto III, nella seconda metà del XII secolo, contribuì ad es. a instaurare legami tra la corte inglese, i marchesi del Monferrato e i conti di Savoia.Concludo con le parole di Pier Luigi Vercesi:-E’ appesa lassù, La Sacra, sospesa tra terra e cielo, un migliaio di metri dal livello del mare. Non riesci a capire se ti protegge o ti insidia. E’ solo una luce, di notte. E un castello che sembra uscito dalla matita di un illustratore di giorno.Se la guardi di quaggiù già ti prende il cuore. Ma non capisci.E allora esci dall’autostrada che da Torino porta al Fréjus. C’è Avigliana con il lago. E sali….-
Il_nome_della_rosa 1980
Il castello di Rocca Calascio inAbruzzo,
dove c'è il sentiero montuoso dove Guglielmo e Adso
hanno intrapreso il viaggio sui muli
Il_nome_della_rosa_(film) wikipedia
mah..e il mio blog o nick dove sta?
RispondiEliminaNon l'aveva preso in memoria
RispondiEliminama c'era sul titolo... :-)