Prove d'Autunno
Francesco Guccini - Autunno (Arte)
L'autunno ti fa sonnolento,
la luce del giorno è un momento
che irrompe e veloce è svanita:
metafora lucida di quello che è la nostra vita... (F. Guccini)
https://www.facebook.com/?ref=home#!/...
la luce del giorno è un momento
che irrompe e veloce è svanita:
metafora lucida di quello che è la nostra vita... (F. Guccini)
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L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore. – giro blogando nel Web…
Sapete l’autunno è un sapiente pittore,
trasforma in regina la foglia che muore,
che appare alla gente stupenda e truccata,
poi lascia il suo rame e con mossa studiata
volteggia nell’aria, farfalla morente,
uscendo di scena nel vento pungente.
Un tempo era d’estate
– John Keats –
L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore.
– A. Camus –
– A. Camus –
Autunno pittore
Le nuvole passan portate dal vento,
sparisce l’azzurro in un solo momento;
le gocce di pioggia picchiettano sottili
sui tetti, le auto, i giardini e i cortili.
Gli ombrelli ora mostrano i loro colori
Aperti a corolla, bellissimi fiori
Di questa stagione che autunno si chiama,
mentre l’estate pian pian s’allontana.
sparisce l’azzurro in un solo momento;
le gocce di pioggia picchiettano sottili
sui tetti, le auto, i giardini e i cortili.
Gli ombrelli ora mostrano i loro colori
Aperti a corolla, bellissimi fiori
Di questa stagione che autunno si chiama,
mentre l’estate pian pian s’allontana.
La pioggia è un’amica: le piante hanno sete,
la terra e le foglie l’accolgono liete
e già stan pensando a mutare il vestito:
che il verde diventi marrone sbiadito,
oppure arancione, o giallo sgargiante,
o senape, ocra o rosso fiammante!
la terra e le foglie l’accolgono liete
e già stan pensando a mutare il vestito:
che il verde diventi marrone sbiadito,
oppure arancione, o giallo sgargiante,
o senape, ocra o rosso fiammante!
Sapete l’autunno è un sapiente pittore,
trasforma in regina la foglia che muore,
che appare alla gente stupenda e truccata,
poi lascia il suo rame e con mossa studiata
volteggia nell’aria, farfalla morente,
uscendo di scena nel vento pungente.
Un tempo era d’estate
Un tempo era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulle vigne
saccheggiate.
Vincenzo Cardarelli (1887 – 1959)
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso dell’altra, fin che ‘l ramo
vede alla terra tutte le sue spoglie,
similmente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna.
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna.
(Dante Alighieri)
Così come in autunno cadon le foglie l’una appresso all’altra per tornare a fare di nuovo parte della terra, similmente quell’amaro “seme d’Adamo” seme dell’Umanità si getta nel baratro del nulla. L’una dopo l’altra ricadono le anime, come uccelli al richiamo dello specchietto del cacciatore. Così quelle anime annullate vanno sull’onda tetra della morte e prima che siano discese, già una nuova schiera s’aduna – poiché numerosissime sono queste anime volontariamente votate all’autodistruzione.
– Dante Alighieri –
(Inferno, III, 112-120)
All’Autunno – John Keats
Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d’uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l’estate ha colmato le loro celle viscose:
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d’uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l’estate ha colmato le loro celle viscose:
Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull’aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull’aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l’hai –
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l’hai –
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
– John Keats –
Eppure non è il declino ciò che Keats coglie dell’autunno.Nel settembre 1819, John Keats scrisse l’Ode all’Autunno; il giovane poeta (aveva 24 anni) sapeva che la vita poteva giungere al termine in breve tempo perché la sua salute era minata dalla tubercolosi. Di fatto, sarebbe morto pochi mesi dopo, nel febbraio 1820 a Roma. L’autunno, quindi, non era solo la stagione che osservava intorno a sé quel settembre, era anche la stagione interiore che stava attraversando.
Un sentiero alberato in autunno
Hans Andersen Brendekilde (1857-1942)
In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo, – e tuttavia, mi sembra la stagione più bella: volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci debba essere qualcuno che allora mi ami come io ho amato l’autunno.
– Søren Kierkegaard –
Notte e giorno desidero che venga la morte a liberarmi da questi dolori, ma poi no, perché la morte distruggerebbe quei dolori che sono pur sempre meglio di niente. La terra, il mare, la debolezza e la malattia possono certo dividere, ma mai come la morte, che è per sempre. Il prendere coscienza di tanto strazio è in pratica come provare in anticipo l’amarezza della morte. – John Keats –
(da Lettera a Charles Brown, 28 settembre 1820)
È sorprendente, ma l’idea di lasciare questo mondo rende ancora più profondo in noi il senso delle sue bellezze naturali. Come il povero Falstaff, anche se non balbetto come lui, penso ai prati verdi. Medito con il più grande affetto su ogni fiore che conosco dall’infanzia. Le loro forme e i loro colori mi sembrano così nuovi, quasi li avessi appena creati io con fantasia sovrumana. Probabilmente è perché sono legati ai momenti più felici e ingenui della nostra vita. Ho visto fiori di paesi stranieri delle specie più meravigliose nelle serre, eppure non me ne importa un fico secco. Gli unici fiori che voglio vedere sono i semplici fiori della nostra primavera.– John Keats –(da Lettera a James Rice, 14-16 febbraio 1820)
Veder cadere le foglie e altre poesie – Nazim Hikmet
Veder cadere le foglie mi lacera molto
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
Soprattutto le foglie dei viali
Dei viali d’ippocastano.
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
Soprattutto le foglie dei viali
Dei viali d’ippocastano.
– Nazim Hikmet –
Buona giornata a tutti.
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