State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

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State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

mercoledì 28 agosto 2013

Salvi nella speranza


Pachelbel     Canon in D 


Pachelbel Canon in D (106 participants from 30 countries): Virtual Symphony v 1.0

Little Symphony is an online collaborative project whose goal is to promote classical music to the young generation. This first video is made up of 106 youtube submissions from 30 countries. Please join us in our endeavor! http://littlesymphony.com/
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DI AUTORI VARI

navi

dal blog di Costanza Miriano


“Nell’epoca moderna il pensiero del Giudizio finale sbiadisce: la fede cristiana viene individualizzata ed è orientata soprattutto verso la salvezza personale dell’anima; la riflessione sulla storia universale, invece, è in gran parte dominata dal pensiero del progresso. Il contenuto fondamentale dell’attesa del Giudizio, tuttavia, non è semplicemente scomparso. Ora però assume una forma totalmente diversa. L’ateismo del XIX e del XX secolo è, secondo le sue radici e la sua finalità, un moralismo: una protesta contro le ingiustizie del mondo e della storia universale. Un mondo, nel quale esiste una tale misura di ingiustizia, di sofferenza degli innocenti e di cinismo del potere, non può essere l’opera di un Dio buono.
Il Dio che avesse la responsabilità di un simile mondo, non sarebbe un Dio giusto e ancor meno un Dio buono. È in nome della morale che bisogna contestare questo Dio. Poiché non c’è un Dio che crea giustizia, sembra che l’uomo stesso ora sia chiamato a stabilire la giustizia. Se di fronte alla sofferenza di questo mondo la protesta contro Dio è comprensibile, la pretesa che l’umanità possa e debba fare ciò che nessun Dio fa né è in grado di fare, è presuntuosa ed intrinsecamente non vera. Che da tale premessa siano conseguite le più grandi crudeltà e violazioni della giustizia non è un caso, ma è fondato nella falsità intrinseca di questa pretesa. Un mondo che si deve creare da sé la sua giustizia è un mondo senza speranza. Nessuno e niente risponde per la sofferenza dei secoli. Nessuno e niente garantisce che il cinismo del potere – sotto qualunque accattivante rivestimento ideologico si presenti – non continui a spadroneggiare nel mondo.
[... ] Ora Dio rivela il suo Volto proprio nella figura del sofferente che condivide la condizione dell’uomo abbandonato da Dio, prendendola su di sé. Questo sofferente innocente è diventato speranza-certezza: Dio c’è, e Dio sa creare la giustizia in un modo che noi non siamo capaci di concepire e che, tuttavia, nella fede possiamo intuire. Sì, esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia . Esiste la « revoca » della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto. Per questo la fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza – quella speranza, la cui necessità si è resa evidente proprio negli sconvolgimenti degli ultimi secoli. Io sono convinto che la questione della giustizia costituisce l’argomento essenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna. Il bisogno soltanto individuale di un appagamento che in questa vita ci è negato, dell’immortalità dell’amore che attendiamo, è certamente un motivo importante per credere che l’uomo sia fatto per l’eternità; ma solo in collegamento con l’impossibilità che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola, diviene pienamente convincente la necessità del ritorno di Cristo e della nuova vita.”

commenti a “Salvi nella speranza”

“Ascoltiamo l’appello del Papa per la pace in Siria. Se i Paesi occidentali vogliono creare una vera democrazia devono costruirla con la riconciliazione, con il dialogo fra cristiani e musulmani, non con le armi. L’attacco pianificato dagli Stati Uniti è un atto criminale, che mieterà altre vittime, oltre alle migliaia di questi due anni di guerra. Ciò farà crollare la fiducia del mondo arabo verso il mondo occidentale”. È quanto afferma all’agenzia missionaria AsiaNews Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti.

Una questione mondiale




[Text: FrançaisEnglishEspañol]
A prima vista l’immagine è quasi idilliaca: una giovane famiglia — padre, madre e un bambinetto — s’inoltra, cavalcando un asino, in un paesaggio desertico. L’asciutta didascalia della foto descrive invece, senza bisogno di commenti, una tragedia che sembra senza fine: sono profughi che lasciano la Siria diretti in Iraq, per mettersi in salvo da un conflitto già troppo lungo e feroce, ma che potrebbe essere ancor più aggravato da scelte le cui conseguenze sono imprevedibili.
La foto scattata nel deserto siriano sembra anche una struggente e drammatica raffigurazione moderna di un’altra fuga: quella in Egitto della piccola famiglia di Gesù per scampare all’odio di Erode, descritta anch’essa con scarne parole nel vangelo di Matteo e nel corso dei secoli innumerevoli volte rappresentata in oriente e in occidente. A questa immagine se ne aggiungono tantissime altre, che arrivano quasi ogni giorno da molte parti del mondo, disegnando i contorni tragici di una vera e propria questione planetaria, quella delle migrazioni forzate.
Fenomeno ricorrente e mutevole, nella seconda metà del Novecento i flussi migratori si sono fatti più drammatici e imponenti come conseguenza dei conflitti, al punto da indurre le istituzioni internazionali a mobilitarsi e a istituire organismi specializzati. In questo scenario, drammatico in diverse parti del mondo, la Santa Sede intervenne soprattutto con la costituzione apostolica Exsul familia pubblicata da Pio XII nel 1952.
A questo ampio testo di riferimento — che si apre indicando appunto nella sorte della famiglia di Nazaret quella di ogni persona costretta a fuggire dalla violenza — hanno fatto seguito ripetuti interventi e provvedimenti. Tutti volti a sostenere l’impegno di moltissimi cattolici e cristiani per i quali la parabola del buon samaritano rimane «criterio di misura», come ha scritto Benedetto XVI nella sua prima enciclica e già in diversi modi ha mostrato al mondo Papa Francesco: scegliendo Lampedusa come meta del suo primo viaggio, annunciando la visita al centro Astalli di Roma e denunciando ripetutamente il crimine della tratta di persone, «la schiavitù più estesa» di questo secolo.
Un impegno per la Chiesa irrinunciabile, ripete ora il documento Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate di due consigli pontifici (quello della Pastorale per i migranti e gli itineranti insieme a Cor unum) pubblicato nello scorso giugno. Per affrontare una questione dalle dimensioni mondiali e destinata a espandersi nei prossimi decenni, che richiede sempre più l’impegno internazionale e l’accoglienza delle comunità cristiane. Giovanni Maria Vian

L'Osservatore Romano


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 Il Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali rilancia l’appello del Papa per la pace. Ore critiche per la Siria. Chiari segnali di un attacco imminente senza attendere gli accertamenti dell’Onu sull’uso di armi chimiche

Nelle ore drammatiche che vedono moltiplicarsi i segnali di un possibile attacco militare in Siria — si parla di tre giorni di bombardamenti missilistici su siti militari a partire da domani — da parte di potenze occidentali e non solo, le voci di pace e persino i richiami al diritto internazionale minacciano di rimanere inascoltati. Eppure proprio in queste ore sarebbe ancora più necessaria una riflessione costruttiva sull’appello lanciato da Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa alla comunità internazionale perché «metta tutto il suo impegno per aiutare la amata Nazione siriana a trovare una soluzione a una guerra che semina distruzione e morte». In una dichiarazione rilasciata oggi al nostro giornale il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, afferma che «in queste ore di trepidazione si intensifica la preghiera per la situazione in Siria, che si è aggravata nel delicato contesto mediorientale, con ferite aperte in Egitto, Iraq e altre regioni».
«L’ardente appello di Papa Francesco all’Angelus di domenica 25 agosto — continua la dichiarazione — ha portato conforto a tutta la popolazione siriana, come assicurano alla Congregazione per le Chiese orientali i pastori e i fedeli che continuano a invocare il dono della pace. Alle comunità della madrepatria si uniscono i molti orientali sparsi nel mondo nello stesso appello perché la riconciliazione sia più forte del clamore delle armi».
Facendo eco al messaggio inviato in occasione della consacrazione episcopale del nuovo pastore dell’arcieparchia melkita di Bosra e Hauran in Siria, avvenuta il 25 agosto presso Beirut alla presenza del patriarca Gregorio III, la cui sede principale è a Damasco, e dei nunzi apostolici in Libano e in Siria, il cardinale continua affermando: «Preghiamo per la pace in Medio Oriente e nel mondo, chiedendo al Signore Gesù e al Cuore Immacolato di Maria di fortificare la speranza di tutti i fedeli orientali. I nostri cuori si volgono verso la Siria, immersa nella “grande tribolazione”. Che la violenza si fermi: che Dio onnipotente illumini la coscienza dei responsabili e consoli ogni dolore con la nostra carità».
La dichiarazione ricorda altresì che «altri vescovi ordinati per la Siria faticano a raggiungere le loro sedi. I pastori con i loro fedeli sono costretti a continui trasferimenti nel territorio siriano per ovviare ai gravi pericoli purtroppo tanto diffusi e senza volto».
«Con profonda amarezza e immensa tristezza — conclude la dichiarazione — ma insieme con altrettanta speranza, gli orientali cattolici si stringono in preghiera intorno al Papa nella certezza che il Dio della pace e di ogni consolazione mai abbandonerà la terra santificata dagli inizi della redenzione. Il cuore si apre ai cristiani di ogni confessione e a quanti credono nell’unico Dio perché la superiore istanza di pace e di vita per il Medio Oriente prevalga su ogni altro interesse o risentimento di parte. Siano prioritarie su ogni altra ragione per la comunità internazionale la giustizia, la riconciliazione e il rispetto solidale dei diritti personali e sociali, anche religiosi, di tutte indistintamente le componenti della popolazione mediorientale».
Alle voci delle comunità religiose e della società civile che chiedono ai responsabili governativi comportamenti in linea con quanto auspicato dal Papa, si è aggiunta oggi quella di Mairead Maguire, insignita nel 1976 del premio Nobel per la pace per l’impegno in Irlanda del Nord. Secondo Maguire, un intervento di potenze straniere potrebbe portare «alla morte di migliaia di siriani e alla frantumazione della Siria», alla fuga di altri profughi, alla destabilizzazione di tutto il Vicino Oriente, «lasciando l’area in preda alla violenza senza controllo».
Quasi tutte le fonti di stampa danno per certo l’attacco — prospettato con termini come “limitato” o “chirurgico”, come tante volte fatto in casi che si sono poi tradotti in guerre pluriennali — e attribuiscono la stessa incertezza del presidente Barack Obama a valutazioni più di opportunità politica che di merito. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha comunque ribadito ancora ieri che Obama non ha preso alcuna decisione e che, in ogni caso, gli Stati Uniti non si prefiggono come obiettivo quello di intervenire nella guerra civile siriana e di rovesciare il presidente Bashar Al Assad.
Sia Obama sia il primo ministro britannico, David Cameron, sono impegnati in consultazioni con i rispettivi Parlamenti. Il punto cruciale è nelle presunte prove della responsabilità attribuita ad Assad di un attacco con armi chimiche sferrato il 21 agosto. Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha parlato lunedì sera di prove fornite da fonti di intelligence, ma ha anche detto che le reazioni si sono basate su immagini diffuse dall’opposizione siriana sui social network.
Sulla stessa linea sono Cameron e il presidente francese, François Hollande — che si è anche detto pronto a fornire più armi ai ribelli siriani — oltre che i Governi di Turchia, Australia e di altri Paesi. Accuse ad Assad ha mosso anche la Lega araba, in un comunicato diffuso ieri al Cairo. Secondo fonti diplomatiche a spingere per questa presa di posizione sono stati Arabia Saudita e Qatar. Nel comunicato si chiede il deferimento dei responsabili davanti alla giustizia internazionale.
Né sembrano scalfire tali certezze i precedenti storici — prove rivelatesi false di armi chimiche in possesso dell’Iraq furono addotte per giustificare l’intervento anglo-statunitense del 2003 — e le considerazioni avanzate da diversi osservatori e da alcuni Governi sulla possibilità di una manipolazione mediatica, oltre che le perplessità su una simile azione da parte del Governo di Damasco. A molti, infatti, sembra difficilmente comprensibile che quest’ultimo, proprio mentre l’esercito conseguiva successi rilevanti e per gran parte degli osservatori ormai decisivi, abbia varcato la “linea rossa” dell’uso di armi chimiche.
In tutto questo, alcuni sembrano ritenere irrilevanti le ispezioni che l’Onu sta conducendo in Siria. Secondo quanto scrive oggi «The Wall Street Journal», già domenica scorsa Susan Rice, il consigliere di Obama per la sicurezza, avrebbe scritto a diversi ambasciatori all’Onu, compresa la statunitense Samantha Power, per sollecitare un ritiro degli ispettori. Il quotidiano pubblica una e-mail attribuita a Rice nella quale si legge che «l’indagine dell’Onu è tardiva e ci dirà quello che già sappiamo, ovvero che le armi chimiche sono state usate. Non ci dirà chi le ha usate».
Il Governo siriano ha sfidato chiunque a fornire prove e ha sottolineato che l’azione dell’Onu è ostacolata nelle aree controllate dai ribelli, compresa quella del presunto attacco del 21 agosto. Il portavoce dell’Onu Farhan Haq ha dichiarato che «se qualche Stato ha informazioni al riguardo deve condividerle con la missione degli ispettori».
Sulle gravi conseguenze di un attacco alla Siria insiste il Governo di Mosca. «Qualsiasi uso della forza militare contro la Siria non farà altro che destabilizzare ulteriormente il Paese e la regione», ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov in una conversazione telefonica con l’inviato in Siria dell’Onu e della Lega araba, Brahimi. I due, secondo il sito del ministero degli Esteri russo, «si sono detti d’accordo sul fatto che in questo momento critico tutte le parti, compresi anche i “giocatori” esterni, devono agire con la massima responsabilità, senza ripetere gli errori del passato».

L'Osservatore Romano


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Radio Vaticana 

In Iraq, continua a salire il numero delle vittime di una serie di attentati che hanno devastato Baghdad oggi, dove si contano oltre 70 morti e 200 feriti. E’ l’ennesimo atto della violenza tra i sunniti e gli sciiti iracheni. E un appello a mettere fine a sanguinose (...) 

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Vatican Insider 

(Giorgio Bernardelli) Da Baghdad a Gerusalemme patriarchi e guide delle comunità contrari ai missili dalle navi americane. E dalla Siria anche la comunità di padre Dall'Oglio si schiera contro l'intervento armato -- È unanime la posizione delle comunità cristiane del (...)


Pachelbel     Canon in D (the ultimate best version)

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