State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

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State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

venerdì 16 agosto 2013

il classico sasso nel classico stagno ...

Kairòs


di Aldo Maria Valli | 09 agosto 2013 
La replica alle critiche all'articolo su Berlusconi di qualche giorno fa: "è la capacità di elaborazione di un pensiero politico consapevole da parte del cattolicesimo italiano il problema che mi interessa"



Vorrei ringraziare tutti gli intervenuti al dibattito scatenato dal mio intervento sul rapporto tra berlusconismo, Chiesa e cattolici italiani. Come sa bene Giorgio Bernardelli - deus ex machina di vinonuovo.it - il mio desiderio era proprio quello di suscitare un dibattito vasto, acceso, senza reticenze. Volevo gettare il classico sasso nel classico stagno, perché l'acqua mi sembrava veramente troppo ferma e melmosa. Così ho scagliato un sasso bello grosso, e l'effetto è stato quello desiderato. (E' singolare che a volte tocchi a noi timidi prenderci questi incarichi. Ma d'altra parte, si sa, quando un timido decide di scatenarsi diventa una belva).
A questo punto mi permetto di rivolgere una richiesta a tutti: abbandoniamo le questioni di schieramento. Non parliamo di destra, sinistra, centro, centrodestra, centrosinistra eccetera. Non è questa la strada che ci deve interessare.
Scusate se faccio il mio esempio personale, ma è solo per spiegarmi. Se con la parola "sinistra" intendiamo il pensiero marxista o quanto meno di ispirazione marxista, io non sono mai stato di sinistra, eppure fin dall'inizio dell'impresa politica berlusconiana ho provato un forte sospetto e poi una totale avversione verso il pifferaio e tutto il suo abborracciato armamentario culturale e politico. Dirò di più: non solo non sono mai stato di sinistra, ma da giovane mi consideravo un liberale cattolico, fortemente antistatilista. Dunque, teoricamente, sarei stato un perfetto berlusconiano, e invece per me Berlusconi è sempre stato la negazione del pensiero liberale, da lui usato per i suoi fini personalistici, esattamente come ha fatto con i cattolici e il cattolicesimo.
Dunque, dicevo, sforziamoci di abbandonare le questioni di schieramento, che non ci aiutano a fare passi avanti nella comprensione. Evitiamo di restare bloccati nelle accuse reciproche e puntiamo dritti alla domanda che ho posto: com'è stato possibile che ampi settori di elettorato cattolico e di gerarchia ecclesiale abbiano sposato il berlusconismo? Secondo me, rispondere a questa domanda significa interrogarsi sullo spessore culturale del cattolicesimo italiano e sulla sua reale capacità di elaborazione di un pensiero politico consapevole: ed è esattamente questo il problema che mi interessa.
Capisco bene l'obiezione di chi sostiene che ora sarebbe meglio guardare avanti e voltare pagina, senza attardarsi in dibattiti che possono sembrare datati. Ma, mi chiedo, se non ci sforziamo di giudicare il rapporto tra cattolicesimo italiano e berlusconismo, come possiamo pensare di poter voltare pagina in modo costruttivo? Se non cerchiamo di trarre una lezione da ciò che accaduto, che senso possiamo dare a tutto ciò che abbiamo vissuto negli ultimi due decenni?
Io ripropongo qui il mio pensiero e aspetto che qualcuno mi risponda non con gli insulti ma con altri pensieri. Prima metterò in luce il radicale contrasto tra berlusconismo e dottrina sociale della Chiesa, poi proporrò un abbozzo di risposta sulla cultura dei cattolici italiani.
Fin dalla sua discesa in campo, Berlusconi ha rappresentato la negazione di tutto ciò che la dottrina sociale della Chiesa insegna a proposito di politica e impegno civile. Seguendo il consiglio del suo protettore Bettino Craxi, l'imprenditore immobiliare e televisivo Berlusconi decise di dedicarsi alla politica e di fondare un partito per tornaconto personale e per meglio perseguire i propri interessi. Tutto il contrario di quanto insegna la Chiesa, secondo la quale la politica, in quanto alta forma di carità, deve essere ispirata al servizio verso gli altri, specialmente verso i più indifesi, nel segno di quel valore centrale che è il bene comune.
Per la Chiesa, il singolo che si impegna in politica assume su di sé i problemi di tutti e si fa interprete di essi per trovare soluzioni condivise, ma nel caso di Berlusconi la decisione di dedicarsi alla politica nasce sempre e soltanto dalla necessità di tutelare se stesso, per trovare soluzioni a ciò che più gli sta a cuore.
E vogliamo parlare della morale? Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa al riguardo non potrebbe essere più chiaro. Coloro che hanno responsabilità politica, afferma, non devono mai dimenticare o sottovalutare la "dimensione morale della rappresentanza". Il politico, per il fatto di essere delegato a occuparsi dei problemi di tutti, deve dare testimonianza personale di assoluta trasparenza e moralità. Non c'è distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Anzi, l'autorità responsabile è, secondo l'insegnamento della Chiesa, soltanto quella esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono una concezione e una pratica del potere come servizio. Tali virtù sono elencate esplicitamente: sono la pazienza, la modestia, la moderazione, la carità, lo sforzo di condivisione. Ebbene, ce n'è forse una che il signor Berlusconi abbia mai praticato? O non è stato piuttosto egli il campione dell'impazienza e dell'insofferenza verso le regole democratiche così come della presunzione, dell'immodestia, della vanità, della ricchezza ostentata, dell'esagerazione, dell'eccesso, dell'intemperanza, dell'egocentrismo, dell'amore di sé, del narcisismo e dell'uso strumentale degli altri e delle altre?
L'autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale, sostiene la Chiesa cattolica. E' la morale il criterio-guida che precede e fonda gli altri. Tale moralità ha un modo molto pratico ed evidente di manifestarsi: consiste nell'emanare leggi giuste, cioè conformi al bene comune, e nel rispettare la divisione fra i poteri. Ma anche in questi casi Berlusconi, con la sua costante azione legiferante a favore di se stesso, con la pretesa di far prevalere nettamente l'esecutivo, con i ripetuti attacchi verso gli altri poteri e con la battaglia ingaggiata nei confronti della magistratura ha disatteso l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa.
Parlare di morale vuol dire parlare anche di famiglia, e sotto questo profilo lo spettacolo offerto da Berlusconi non potrebbe essere più lontano da quanto la Chiesa propone e insegna. Dal punto di vista personale, l'uomo ha fornito uno degli esempi più desolanti che mai sia stato offerto da un politico occidentale. Inutile dilungarsi su vicende che sono note. Basti ricordare l'uso avvilente e umiliante della donna.
L'autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale. Leggere queste parole della Dottrina sociale della Chiesa e metterle al confronto con la vita di Berlusconi fa capire l'abisso che esiste fra le due realtà, ma ci porta anche ad aumentare l'incredulità: quest'uomo è stato eletto con voti cattolici ed ha ricevuto il consenso di esponenti della gerarchia cattolica!
Ma andiamo avanti. Nel Compendio della dottrina sociale c'è un capitolo dedicato all'informazione, e anche sotto questo profilo l'insegnamento è assai chiaro. L'informazione, si precisa, è tra i principali strumenti di partecipazione democratica, perché non è immaginabile alcuna forma di partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunità e senza il possesso dei dati conoscitivi riguardanti chi governa. Ebbene, Berlusconi che cosa ha fatto, per anni e anni, se non cercare di condizionare a proprio favore l'informazione per evitare che la comunità avesse una conoscenza corretta della realtà? Quest'uomo, che ha sostenuto apertamente che la libertà di stampa non è un valore assoluto, come si pone rispetto a un insegnamento della Chiesa che sostiene la necessità di garantire il pluralismo dell'informazione agevolando, mediante leggi appropriate, condizioni di uguaglianza nel possesso e nell'uso dei mass media?
Lascia senza parole verificare come Berlusconi incarni, anche in questo campo, l'esatto contrario di quanto la Chiesa insegna. Tra gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del pluralismo e di quel diritto fondamentale che è l'obiettività dell'informazione, si legge nel Compendio, merita particolare attenzione il fenomeno delle concentrazioni editoriali e televisive, che hanno "pericolosi effetti per l'intero sistema democratico", specialmente "quando a tale fenomeno corrispondono legami sempre più stretti tra l'attività governativa, i poteri finanziari e l'informazione".
E che cosa dire a proposito dei contenuti culturali e morali veicolati dalle tv di cui Berlusconi è proprietario e delle quali ha in un modo o nell'altro assunto il controllo? La questione essenziale, afferma la dottrina sociale della Chiesa, è verificare se il sistema dell'informazione e dell'intrattenimento contribuisca a "rendere la persona umana migliore, cioè più matura spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperta agli altri". Appunto.
Un'ultima annotazione riguarda l'alibi con il quale Berlusconi ha legittimato spesso le sue scelte, ovvero il consenso degli elettori. "Abbiamo i numeri per farlo, abbiamo il mandato degli elettori": questo ha sempre sostenuto. E che i numeri ci siano stati, per molti anni, è fuori discussione. Ma che cosa dice in proposito l'insegnamento della Chiesa? Ecco la risposta, tratta ancora una volta dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa: "Il solo consenso popolare non è tuttavia sufficiente a far ritenere giuste le modalità di esercizio dell'autorità politica". Si tratta di un punto centrale. Per il cristiano all'origine dell'autorità c'è la morale, ci sono quelle virtù di cui abbiamo parlato in precedenza. I soli numeri non bastano. Anzi, il cristiano sa bene che le maggioranze possono appoggiare scelte politiche moralmente sbagliate e i governanti possono guadagnarsi il consenso della maggioranza attraverso operazioni moralmente reprensibili. La legittimità morale dei governanti ha un modo per essere verificata: l'autorità deve emanare leggi giuste, cioè "conformi alla dignità della persona umana e ai dettami della retta ragione". Se questa conformità, come nel caso dei governi Berlusconi e delle leggi pro domo sua, è mancante, è dovere del cristiano non solo evitare di dare il proprio voto, ma denunciare apertamente l'autorità priva di principi morali.
Naturalmente Berlusconi è padronissimo di non conoscere la dottrina sociale della Chiesa o di farsene beffe, ma il punto non è questo. Il punto è che tantissimi cattolici hanno votato per lui e una parte importante della Chiesa istituzionale lo ha appoggiato!
Certo, molti di coloro che si dicono cattolici forse non sanno neppure che esista una dottrina della Chiesa in campo sociale e politico e non hanno mai sentito parlare di un testo come il Compendio. Già questa ignoranza dovrebbe costituire, di per sé, motivo di riflessione. Ma non è forse vero che un cattolico, anche in mancanza di queste conoscenze specifiche, dovrebbe pur sempre avere e utilizzare come bussola il Vangelo, dal quale alcuni valori discendono con chiarezza? Eccoci così alla domanda che mi sta a cuore, sul grado di consapevolezza culturale dei cattolici italiani e conseguentemente sulla loro capacità di elaborazione politica.
La mia tesi è che questo livello sia gravemente insufficiente e penso che una risposta circa il perché di tale insufficienza dovrebbe partire da un'approfondita analisi storica. Per esempio, quali sono le responsabilità della Dc? E quali quelle del ruinismo? Come si è arrivati a un moderatismo cattolico fatto di immobilismo, afasia e opportunismo con robuste venature clericali?
Ho citato il ruinismo e sarà dunque il caso di ricordare che durante quella stagione la Chiesa istituzione ha sperato a lungo di ottenere dal potere politico vantaggi sul fronte di alcuni valori "non negoziabili" come la difesa della vita e aiuti per la scuola non statale e la sanità cattolica. Ebbene, al posto di questo aiuto che cosa c'è stato?
Ci sono state affermazioni grottesche, come quando Berlusconi si è paragonato a De Gasperi, o quando, per guadagnarne il voto, si è dichiarato paladino del mondo cattolico senza tuttavia far seguire alcuna iniziativa concreta. E c'è stata la vicenda delle dimissioni di Dino Boffo, il direttore dell'Avvenire costretto a lasciare il quotidiano della Conferenza episcopale italiana dopo gli attacchi subiti da parte del Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, scatenato contro Boffo per alcune misurate osservazioni critiche fatte da questi nei confronti delle intemperanze morali del leader.
Ma Berlusconi si è reso responsabile di un atto se possibile ancora più odioso. E' successo quando nel 2002 Giovanni Paolo, con riferimento alle mire americane sull'Iraq, chiese di non lasciarsi imprigionare dalle logiche di scontro fra culture e di salvaguardare i diritti fondamentali dei popoli. Berlusconi applaudì, ma pochi giorno dopo, appiattendosi sulle posizioni di George Bush, diede il suo ok ai bombardamenti. Nel suo discorso al Parlamento italiano Papa Wojtyla chiese poi un segno di clemenza verso i detenuti e atti politici concreti a favore dell'occupazione e contro la povertà, e di nuovo da Berlusconi arrivarono applausi, ma niente venne fatto in proposito dal suo governo. Alla morte di Wojtyla, Berlusconi definì Giovanni Paolo II "un grande Papa", ma nei fatti si prese gioco di lui.

Questi, secondo me, sono i fatti, e su questo chiedo che si discuta tenendo ben presente la domanda che ho posto. Solo se saremo capaci di confrontarci a viso aperto, questi difficili vent'anni di storia italiana non saranno passati invano.


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