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Un cammelliere – racconta – sta per morire, e decide di fare testamento a favore dei suoi tre figli maschi. Al primo lascia la metà di tutti i suoi averi, al secondo un quarto, al terzo un sesto. E muore. I figli aprono il testamento e scoprono che l’asse ereditario consiste in undici cammelli. Ed inizia subito il conflitto. La metà di undici fa infatti cinque e mezzo, ed il primo figlio dice: «Arrotondiamo a sei». «Hai avuto la fortuna di aver ricevuto dal padre più di tutti noi, accontentati di cinque», ribattono gli altri due. La discussione degenera, e in nome della giustizia si sarebbero certamente uccisi se per caso non passasse da quelle parti un altro cammelliere, che, conosciuti i termini della disputa, fa un gesto inatteso: dona un suo cammello ai tre fratelli. L’asse ereditario diventa così di dodici, che diviso per due fa sei, diviso per quattro fra tre, diviso per sei fa due. Per un totale di undici. A quel punto il cammelliere riprende il cammello donato e riparte.Qual è la morale? Primo: a sbloccare la situazione, evitando spargimenti di sangue, non è stata l’applicazione di una regola di giustizia, perché il testamento era chiaro, ma un atto di carità. Secondo: il cammelliere non ci ha rimesso. Ha potuto riprendersi il cammello e sicuramente ha avuto la gratitudine dei tre fratelli, i quali dopo hanno capito il senso del gesto e sono stati riconoscenti per aver salvato loro la vita. Conclusione:
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Letta su Avvenire Fiducia e dono
Reciprocità e regole nuove. L’economia della comunione è la strada della speranza
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