Dalla parte del lupo
Francesco di Assisi e Ildegarda di Bingen. Fiabe per grandi e per piccini
(Ritanna Armeni) La storia di san Francesco e il lupo si può raccontare ai bambini anche dalla parte del lupo. Lo fa Chiara Frugoni, storica medievista, una vita dedicata alla ricerca su Francesco e Chiara, nello splendido volume San Francesco e il lupo. Un’altra storia (Milano, Feltrinelli, 2013, pagine 32, euro 15), con illustrazioni di Felice Feltracco.
Il lupo — racconta — non è cattivo, è solo vecchio, malato, è stato cacciato perché troppo debole dagli altri lupi più giovani e forti e ha bisogno di mangiare. Francesco lo cerca per parlargli, per convincerlo a non fare del male. Per questo il frate vagò tanto nei boschi, sotto la neve, finché esausto si addormentò. E il vecchio lupo lo trovò solo e indifeso sul ghiaccio. «Gli girò intorno, e l’annusò. Sentì un odore magico, nuovissimo. Non somigliava affatto all’odore di carne e di sangue che tanto gli piaceva. Il lupo era sorpreso e sbalordito. All’improvviso capì che Francesco non voleva ucciderlo, come gli uomini che gli davano la caccia. Capì che Francesco gli avrebbe voluto bene. Si sdraiò accanto a lui e lo riscaldò col suo pelo». Da quel giorno stette insieme al frate, lo seguì dappertutto obbediente e affettuoso, come un cane.
Ma non è solo questo il lieto fine. C’è, infatti, una domanda che il bambino, prima impaurito, poi attento e incantato, fa inevitabilmente a chi gli narra la favola di san Francesco e il lupo. Se il lupo seguì Francesco perché non poteva staccarsi dal suo odore, che odore era? Che cosa l’ha convinto a diventare mansueto e affettuoso e a dimenticare la cattiveria e il sangue? «Era l’odore di un uomo buono», spiega il narratore.
Il messaggio arriva diritto e centra in pieno il cuore del piccolo, ma inevitabilmente anche quello dell’adulto che pure sta narrando una storia che, in altre forme, già conosceva. L’odore della bontà genera bontà, quello della fratellanza produce fratellanza, quello dell’amore crea amore. E poi non ci sono cattivi, solo uomini, donne e animali che hanno bisogno di sentire l’odore della bontà.
Frugoni ha trasformato la storia di Francesco quel tanto che basta per comprenderla meglio, per adattarla a tempi che sembrano refrattari ai buoni sentimenti. L’ha davvero indirizzata solo ai bambini? Perché ci sono fiabe per bambini che è bene che leggano o rileggano i grandi. E questa è una di loro.
Come lo è la storia di Ildegarda di Bingen, Ildegarda e la ricetta della creatività (Palermo, Rueballu, 2013, pagine 80, euro 16,50) di Daniela Maniscalco, illustrata da Chiara Carrer in cui si racconta ai più piccoli di una piccola monaca che entrò in convento a soli otto anni, sapeva prevedere il futuro, fu una straordinaria musicista e inventò persino una lingua per comunicare con le consorelle.
Su Ildegarda sono state scritte molte biografie e molti importanti saggi per adulti. Al suo successo in libreria, ha contribuito certamente la decisione di Benedetto XVI di nominarla dottore della Chiesa, oltre che la sua fortissima immagine di libertà e cultura femminile. Di recente la lotta accanita di questa donna mistica, musicista, esperta di medicina alternativa, infaticabile organizzatrice la cui vita è dedicata alla realizzazione piena del disegno di Dio, è stata raccontata da Anna Lise Marstrand-Jugersen, La sognatrice (Sonzogno, 2012).
E tuttavia il libro di Daniela Maniscalco aggiunge qualcosa di fresco e di inaspettato anche per chi quella storia la conosce e per Ildegarda nutre da tempo una segreta devozione.
La piccola Elisa si chiede: «Ma è proprio vero che la storia della musica è popolata solo da musicisti uomini?». È delusa e arrabbiata perché lei vorrebbe fare la musicista e capisce che, se fino ad allora non c’è riuscita nessuna donna, è difficile che ci riesca lei.
Poi incontra Ildegarda. La scopre in un misterioso e magico libro medievale che la nonna le aveva proibito aprire e di sfogliare. Lei, invece, non sa resistere alla tentazione, disobbedisce e dal libro emerge la monaca con un abito lungo fino ai piedi, le scarpe a punta e tante cose nuove e strane da raccontarle. Elisa è salva, può dire con orgoglio alla maestra: «Non è vero che tutte le donne medievali vivevano nei castelli e trascorrevano il tempo ricamando, o erano serve della gleba o coltivavano i campi, c’era anche una musicista famosissima, Ildegarda von Bingen che ha scritto centinaia di inni».
Elisa conosce Ildegarda, deve conoscerla a fondo perché altrimenti la monaca non rientrerà nel libro e la storia senza di lei si fermerà. Per questo entra nel suo mondo fatto di musica, sensibilità, cultura, e soprattutto tantissima creatività in tutti i campi della conoscenza. Ildegarda insegna a Elisa che le idee sono dappertutto. «Possono nascere — conclude felice la bambina — guardando gli amici o la maestra, passeggiando, sfogliando dei libri. E la mia vita si è riempita di musica! Sento note dappertutto: il parabrezza in movimento suona una canzone, gli insetti in giardino ballano un valzer, la catena della mia bicicletta canta un allegro motivetto. Persino lo sfrigolio delle uova nella padella calda produce dei suoni armoniosi. Basta saperli ascoltare». Basta ascoltare Ildegarda. Anche chi è adulto è preso da un inspiegabile entusiasmo.
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