State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

lunedì 8 ottobre 2012

nuova evangelizzazione ... di conversione



 "non si può parlare della nuova evangelizzazione
senza una disposizione sincera di conversione."



Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo (cfr 2 Cor 5,20)

è la via maestra della nuova evangelizzazione.
Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare
il legittimo orgoglio della loro dignità di figli di Dio,
creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo,
e possono sperimentare la sua gioia
per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani.
(Benedetto XVI - Omelia SMessa per l'apertura del Sinodo dei Vescovi)

Tantum aurora est!



Riporto da “Il Sole 24 Ore” del 7 ottobre 2012, a firma di Mons. Bruno Forte.
* * *
È la sera dell'11 ottobre 1962. Volge  al termine la giornata di apertura del Concilio Vaticano II.
Giovanni XXIII - inizialmente titubante, come testimonierà il suo fedele segretario, Mons. Loris
Francesco Capovila - decide di affacciarsi alla finestra dell'appartamento pontificio. Toccato dallo
spettacolo della folla raccolta in Piazza San Pietro, le rivolge alcune parole, passate alla storia come
i1 "discorso della luna": «Cari figlioli - dice il Papa -, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma
riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la
luna si è affrettata stasera - osservatela in alto - a guardare questo spettacolo... Noi chiudiamo
una grande giornata di pace... Sì, di pace: "Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà"... La
mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di
Nostro Signore... Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così, guardandoci così
nell'incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c'è, qualche cosa che ci può tenere un
po' in difficoltà...
 Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: "Questa è lacarezza del Papa".
 Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di
conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e
dell'amarezza... E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni
di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino».
Sin dal primo momento queste parole suscitarono un'ondata universale di tenerezza commossa, che
a distanza di anni pare ancora non spegnersi. Con Giovanni XXIII la Chiesa sembrava farsi vicina a
tutti, amica di tutti, pronta a condividere con tutti la gioia e la fatica di vivere. Una Chiesa
dell'amore, della speranza e della pace, offerte a ogni cuore. Quelle parole erano il frutto di una
consapevolezza profonda, che lo stesso Papa aveva espresso al mattino dello stesso giorno in un
discorso, cui aveva lavorato personalmente con grande impegno, fino a limarlo più volte. Si trattava
dell'allocuzione inaugurale del Concilio, intitolata "Gaudet Mater Ecclesia" - "Gioisce la Madre
Chiesa" dalle parole con cui si apriva. Pronunciato in latino, il discorso non ebbe l'effetto immediato
di quello "della luna". Ne costituiva, però, la premessa, il quadro ragionato, l'impostazione
programmatica di fondo. A 50 anni da quel giorno - che sarà solennemente commemorato da
Benedetto XVI e dai rappresentanti dei vescovi di tutto il mondo riuniti nel Sinodo sulla nuova
evangelizzazione, che si è aperto oggi a Roma - le parole di Papa Giovanni suonano più che mai attuali, capaci di suscitare ancora gioia e stupore.
In primo luogo, il Pontefice incoraggiava tutti alla fiducia e all'ottimismo della fede, pronunciando
un "no" tanto convinto, quanto netto a ogni genere di profeti di sventura, di allora, come di ogni
tempo: «Alcuni, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente
obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di
vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli
passati, risultano del tutto peggiori... A noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti
profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo».
Se di questo sguardo ottimista c'era bisogno allora, ai tempi della guerra fredda e della divisione del
mondo in blocchi contrapposti, è innegabile che ce ne sia bisogno anche oggi: la crisi che attraversa
il "villaggio globale" appare di una gravità con pochi precedenti e la tentazione del pessimismo
rischia di farsi strada nei cuori. La storia sembra aver dato ragione alla fiducia del Papa buono con
l'impensabile evoluzione che ha portato alla fine dei totalitarismi ideologici e della fin troppo
scontata contrapposizione ad essi. Così è presumibile che il futuro darà ragione a chi continua a
scommettere sull'uomo, a credere nelle vie misteriose della Provvidenza e a seminare un seme oggi,
anche dinanzi a quanti sembrano prevedere che il mondo finirà domani...
Un secondo punto toccato da Papa Giovanni nel discorso del mattino dell'11 Ottobre 1962
riguardava la natura e la finalità del Concilio: si trattava di intraprendere un coraggioso lavoro di

"aggiornamento" dell'intera comunità ecclesiale, che in nessun senso voleva essere un abbandono
della secolare ricchezza della fede, aprendosi alla riforma e al rinnovamento della Chiesa
nell'obbedienza ai segni dello Spirito operante nella storia. Diceva Giovanni XXIII: «Altro è il
deposito della fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo
con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data
grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare
quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente
pastorale».
La Chiesa intendeva parlare il linguaggio del suo tempo, per comunicare con tutti, per lanciare a
tutti ponti di amicizia e di dialogo su cui far passare il tesoro della bellezza di Dio custodito nella
sua fede. La finalità pastorale non poteva non presupporre la profondità teologica e questa si
lasciava sollecitare dall'urgenza di offrire a tutti i tesori del Vangelo, raccogliendo una sfida non
così diversa da quella che oggi chiamiamo "nuova evangelizzazione".
Infine, il Papa buono confessava il suo sogno: promuovere l'unità nella famiglia cristiana e umana,
al di là di ogni steccato. «La Chiesa Cattolica - diceva - ritiene suo dovere adoperarsi attivamente
perché si compia il grande mistero di quell'unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha
chiesto al Padre nell'imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere
intimamente unita a Cristo in quelle preghiere; di più, si rallegra sinceramente quando vede che
queste invocazioni moltiplicano i loro frutti più generosi anche tra coloro che stanno al di fuori della
sua compagine».
In un abbraccio veramente universale, il cuore del grande Pontefice si dilatava a voler raggiungere
tutti. A distanza di 50 anni quest'ansia non è meno bella e attuale. Oggi, come allora, ha abitato e
abita il cuore dei grandi protagonisti della storia cristiana, a cominciare dai Papi che sono seguiti a
Giovanni XXIII. Oggi, come allora, esige una scelta di vita da parte di tutti, per cercare uniti il bene
comune, aldilà di ogni corta visione di parte, con speranza e impegno fiducioso, ben sapendo che -
come diceva l'umile e grande Pontefice - siamo ancora soltanto all'aurora: «Il Concilio che inizia
sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l'aurora: eppure, già
toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole nascente!». Oggi, come allora:
 «Tantum aurora est!».
 E questo basta per impegnarsi a quanti si riconoscano "prigionieri della speranza"
(Zaccaria 9,12) e vogliano tirare nel presente degli uomini qualcosa della futura, promessa bellezza di Dio.
Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto

Anno della Fede: Conferenza Stampa di presentazione


annusfidei.va/


Alle ore 11 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizza­zione, ha tenuto  un briefing per illustrare la celebrazione di apertura dell’Anno della fede, presieduta dal Santo Padre (giovedì 11 ottobre 2012, ore 10, Piazza San Pietro). Ne pubblichiamo di seguito l’intervento: 
INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA
(fonte Kairòs - vito luigi valente )



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