È l’indifferenza il morbo che ormai da tempo va corrodendo dall’interno le società occidentali. L’indifferenza del ricco che non vede il povero, del sano che ignora il malato, del cittadino che passa oltre lo straniero. Eppure c’è chi sceglie di vivere il proprio quotidiano in modo diverso, facendo del proprio quotidiano, il quotidiano del prossimo.È il caso di Eleonora Cantamessa, la ginecologa quarantaquattrenne di Trescore Balneario (Bergamo), falciata a morte nella notte di domenica da un’auto impazzita d’odio. La dottoressa sta rientrando a casa quando vede in terra un uomo, di nazionalità indiana, massacrato a colpi di spranga. Si ferma, si china su di lui, presta i primi soccorsi, ma mentre sta parlando con il 112 viene interrotta, travolta dalla macchina che le piomba addosso. Sul veicolo si trovano quattro connazionali del ferito, gli autori del pestaggio, che intendono, probabilmente, finire la vittima iniziale, l’operaio trentaduenne Kamur Baldev. Prima di concludere la sua corsa, schiantandosi contro un altro veicolo (ferendone i passeggeri), l’auto lascia sull’asfalto due cadaveri: l’operaio indiano e la dottoressa italiana. Entrambi muoiono all’istante.
Era da tempo, del resto, che Eleonora Cantamessa aveva scelto di porre il suo sguardo sui bisognosi. Dottoressa alla clinica Sant’Anna di Brescia, da sette anni divideva in due il suo lavoro presso l’ambulatorio privato: fino alle 17 riceveva le pazienti paganti, dopo le 17 si dedicava a quante, soprattutto straniere, non avevano i soldi per la parcella. Un sorriso contro l’indifferenza, uno sguardo fino all’estremo.
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10 Settembre 2013 (Corriere della Sera) :: In morte di una moderna samaritana
di Susanna Tamaro
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