State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

giovedì 14 marzo 2013

Preghiamo e benediciamo Papa Francesco

VISITATE IL NUOVO SITO: ASCOLTARE PAPA FRANCESCO


E' FRANCESCO ...


RITAGLI     BENVENUTO, PAPA FRANCESCO!     DOCUMENTI
***

Rendiamo grazie a Dio


che ci ha donato il nuovo

 Santo Padre 

FRANCESCO






benedicendo il Signore.


Fra tutti i blog che ho visitato , il post di Gianna rappresenta bene il mio sentire e la mia emozione...

Ieri sera mi trovavo in una stanza d'ospedale

(centro riabilitativo)

e stavo aiutando nonna Rosi, ogni tanto,

durante la cena alzavo gli occhi per vedere la TV

ed un certo punto sopra il camino mi sembrava di 


scorgere una colomba* ed ho pensato 

"stasera verrà eletto il papa"

Sullo schermo della televisione vi era sempre l'immagine fissa del 
camino della Cappella Sistina



* Il gabbiano della Cappella Sistina

quando ecco la fumata bianca...

il bianco di quel fumo ... il Papa

... e non solo emozioni ma sentimenti già vissuti

con S.S. Papa Giovanni Paolo II°


... al Monte del Gozo a Santiago de Compostela,

ed ancora a Tor Vergata Giubileo 2000 ...


... ABBIAMO IL PAPA




Da Gianna IL BENE IN NOI




La mia emozione era alle stelle, quando è apparsa la fumata bianca...



E l'ansia cresceva per conoscere il nuovo Pontefice.

Dopo circa un'oretta ecco che Sua Santità appare...

In silenzio per un po', forse per far scemare la sorpresa...di un papa latino-americano

Mi ha suscitato oltre che commozione e gioia, anche tanta tenerezza.

Si è poi presentato e ci ha invitato a pregare...





L'argentino Bergoglio non è solo il primo papa sudamericano: è anche il primo pontefice gesuita nella storia del papato.


Auguri papa Francesco, per un proficuo lavoro nel mondo!






Fratelli e sorelle, buonasera!


Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma siamo qui … Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo Vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca.


[Recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre]


E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!


E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me.


Adesso darò la Benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.



« Sancti Apostoli Petrus et Paulus, de quorum potestate et auctoritate confidimus, ipsi intercedant pro nobis ad Dominum.





Precibus et meritis beatæ Mariae semper Virginis, beati Michaelis Archangeli, beati Ioannis Baptistæ et sanctorum Apostolorum Petri et Pauli et omnium Sanctorum misereatur vestri omnipotens Deus et dimissis omnibus peccatis vestris, perducat vos Iesus Christus ad vitam æternam.




Indulgentiam, absolutionem et remissionem omnium peccatorum vestrorum, spatium verae et fructuosae pænitentiæ, cor semper pænitens et emendationem vitae, gratiam et consultationem sancti Spiritus et finalem perseverantiam in bonis operibus, tribuat vobis omnipotens et misericors Dominus.




Et benedictio Dei omnipotentis: † Patris et Filii et Spiritus sancti descendat super vos et maneat semper. » 




Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo!


Sua Santità Papa Francesco











La porta e la finestra. La porta, i cui battenti si chiusero accompagnati dalla buonanotte! decantata con accento tedesco da Benedetto XVI: la finestra che si apre con un buonasera! insaporito dalla cadenza spagnola di papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio. Ci sono porte che si chiudono per spalancarsi al mondo: appena le varchi, ricomincia il grande viaggio. Cosicchè una buonasera diventa quasi il buongiorno che sospinge il vento di una primavera dentro i sentieri intricati della Chiesa, costringendo l'uomo a fare nuovamente i conti con lo Spirito Santo, questo vecchio timoniere che agli incroci della storia si ripresenta sempre puntuale e mai scontato. Nella Bibbia i sogni sono sempre piccoli sogni e le rivelazioni hanno sempre il vestito delle piccole rivelazioni: quel poco che basta per intraprendere il viaggio. Poi Dio comparirà sempre agli incroci della storia. Come ieri, come oggi, come domani.
Si chiama Jorge Mario Bergoglio ma si farà chiamare semplicemente Francesco: usa e osa il nome di quel ragazzo folle e innamorato che dalle campagne di Assisi diede una scrollata potente alla chiesa di Roma, fino a turbare i sogni di un Papa che cedette alle sue preghiere. Perchè quando Dio vuole convertire il mondo parte sempre dalla periferia della città e mai si da per vinto. Arriva dall'altra parte del mondo, viaggia in metropolitana, piange le dignità umiliate e come un amabile parroco parla al cuore della gente. Quel poco che basterà per fare spazio nella sinfonia della Chiesa alle melodie stonate e alle note da accordare della voce dei poveri e dei diseredati, degli ultimi e dei senza sogni, di quell'ammasso di popoli e di sangui dei quali la terra custodisce le grida e le speranze. Nel 2005 si fece in disparte e lasciò il palcoscenico a Joseph Ratzinger. Otto anni dopo sperimenta sulla sua pelle quello che il pavido don Abbondio imparò dal Cardinale Borromeo: sottrarsi alla propria missione non procura salvezza, mentre l’assumerla è il solo azzardo che valga la pena di correre. D'altronde la Scrittura Sacra attesta che è impossibile rimanere latitanti quando si è ricercati dall'Altissimo. Eccolo, dunque, affacciarsi con lo sguardo timido e forse un po' imbarazzato tipico della gente semplice, che tradisce l'ansia di una missione dis-umana e pertanto divina. Da Assisi partì la contraerea che pose fine all'inverno delle crociate e fece sbocciare la primavera di un nuovo inizio; da Buenos Aires – nel mezzo di una metropoli tentacolare e profumata di contraddizioni – parte il viaggio del secondo Francesco, quello che vestito di bianco e di canizie cercherà di riportare Cristo al centro della sua Chiesa. E da buon gesuita costringerà la Chiesa a tornare all'essenziale, all'ebbrezza di quel mattino di Pasqua che diede inizio alla splendida avventura della fede.
Nel suo albero genealogico scorre sangue di emigrati: nessuna vergogna sul volto, ma l'umile appartenenza ad un popolo – quello cristiano – apparentemente perdente e senza fissa dimora eppure ancora in piedi e instancabilmente in cammino. E' voce di un popolo (quello latino-americano) diversamente cristiano, custode di linfa nuova, quella che serve per riabilitare le membra infiacchite della chiesa d'Europa. E' argentino e questo ci basta per decretare anche nella Chiesa la fine dell'Eurocentrismo: d'altronde ammoniva già il Cristo dei Vangeli che la salvezza arriverà sempre da lontano, da sangui e alfabeti che ne avranno strappato l'appartenenza al prezzo del martirio fedele.
Dietro di lui – in perfetta continuità – la figura mansueta e monastica di Benedetto XVI che alla Chiesa ha voluto fare dono di una pagina tanto inaspettata quanto rivoluzionaria all'inizio della Quaresima: un gesto creativo che ha sprigionato una rinnovata primavera nella Chiesa. Al pari di Mosè, Benedetto XVI ha tracciato la strada e ha esposto la sua faccia, fin quasi ad accettarne il pubblico ludibrio; toccherà a papa Francesco, al pari di Giosuè, condurre il popolo dentro la Terra Promessa di una nuova credibilità e di una nuova coerenza per la Chiesa. Un passaggio di testimone che ancora una volta partorisce una pagina spettacolare di storia della Chiesa e che, ai più dubbiosi, racconta di come il Conclave sia ancor oggi proprietà privata dello Spirito Santo: quando meno te lo aspetti, scatta in contropiede e ti ribalta la partita. O, semplicemente, continua a tracciare la sua rotta nonostante tutti i tentativi di depistaggio operati dagli uomini, seppur uomini di Chiesa. 
Il suo pontificato inizia in ginocchio, ad invocare la benedizione dei suoi figli: un perfetto memoriale di splendide pagine della Scrittura. Perchè solo così può iniziare un viaggio che di umano reca solo le sembianze: inizia sempre e solo nel nome del Padre. Di quel Padre che anche stavolta ha voluto accarezzarci con la storia di un uomo venuto “dalla fine del mondo”. Perchè laddove l'uomo legge la parola fine, c'è un Dio che s'intestardisce a leggerci sempre e solo la parola inizio. Come uno smemorato seduttore.

NB:

PENSIERI TRATTI DA ALCUNE OMELIE DEL CARDINALE JORGE MARIO BERGOGLIO

 OGGI  PAPA FRANCESCO

ABORTO


L'aborto non è mai una soluzione. Dobbiamo ascoltare, accompagnare e comprendere per salvare entrambe le vite: rispettare l'essere umano più piccolo e indifeso, adottare misure che possano preservare la sua vita, permettere la sua nascita e poi essere creativi nella ricerca di vie che lo portino al suo pieno sviluppo (16 settembre 2012).

DIFESA DELLA VITA


A coloro che si scandalizzavano quando Gesù andava a mangiare con i peccatori, con i pubblicani, Gesù dice: “I pubblicani e le prostitute vi passano davanti”, la cosa peggiore per quell'epoca. Gesù non li sopporta. Sono quelli che hanno clericalizzato – per usare un concetto facile da comprendere – la Chiesa del Signore. La riempiono di precetti e lo dico con dolore, e se sembra una denuncia o un'offesa perdonatemi, ma nella nostra regione ecclesiastica ci sono presbiteri che non battezzano i figli delle ragazze madri perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio. Questi sono gli ipocriti di oggi. Quelli che hanno clericalizzato la Chiesa, quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza. E quella povera ragazza che, potendo rimandare il proprio figlio al mittente, ha avuto il coraggio di metterlo al mondo, peregrina di parrocchia in parrocchia perché glielo battezzino (2 settembre 2012).

EDUCAZIONE


Quando ho visto il testo prima della Messa ho pensato al modo di vivere delle prime comunità cristiane e alla Messa di oggi... e mi sono chiesto se il nostro lavoro educativo non dovrebbe procedere lungo questo cammino di ottenere l'armonia: l'armonia in tutti i ragazzi e le ragazze che ci hanno affidato, l'armonia interiore, quella della loro personalità. È lavorando in modo artigianale, imitando Dio, “modellando” la vita di questi giovani che potremo raggiungere l'armonia e riscattarli dalle dissonanze che sono sempre oscure; l'armonia, invece, è luminosa, chiara, è la luce. Quella che bisogna ricercare è l'armonia di un cuore che cresce e che noi accompagniamo in questo cammino educativo. (…) Quando vedo questo esistenzialismo così relativo che viene proposto ovunque ai ragazzi e che non ha punti di riferimento, penso spesso al nostro profeta di Buenos Aires: “Dale que va… todo es igual… total en el horno se vamos a encontrar” (“Che importa... è tutto uguale... ci ritroveremo tutti nel forno”). Allora questi ragazzi, che non hanno dei limiti e si lanciano verso il futuro, sono nel forno! E ci troveremo nel forno! E in futuro avremo donne e uomini nel forno! (18 aprile 2012).

TRATTA DEGLI ESSERI UMANI


Oggi in questa città vogliamo che si senta il grido, la domanda di Dio “Dov'è tuo fratello?” Che questa domanda di Dio percorra tutti i quartieri della città, percorra il nostro cuore e soprattutto entri anche nel cuore dei Caino moderni. Forse qualcuno domanderà: quale fratello? Dov'è tuo fratello schiavo? Quello che stai uccidendo tutti i giorni nel laboratorio clandestino, nella rete di prostituzione, nei ragazzini che usi per chiedere l'elemosina, come corrieri della droga, per compiere rapine o perché si prostituiscano? Dov'è tuo fratello, quello che deve lavorare quasi di nascosto come raccoglitore di cartone perché non è ancora stato legalizzato... Dov'è tuo fratello? Di fronte a questa domanda possiamo far finta di essere distratti, come ha fatto il sacerdote che è passato accanto al ferito, come ha fatto il levita; guardare dall'altra parte perché la domanda non riguarda me, ma un altro. La domanda è rivolta a tutti! Perché in questa città si è instaurato il sistema del traffico di persone, crimine mafioso e aberrante (come lo ha giustamente definito qualche giorno fa un funzionario): crimine mafioso e aberrante! (25 settembre 2012)

QUESTIONE SOCIALE


A poco a poco ci abituiamo a sentire e a vedere, attraverso i mezzi di comunicazione, la cronaca nera della società contemporanea, presentata quasi con una gioia perversa, e ci abituiamo anche a toccarla e a sentirla intorno a noi e nella nostra carne. Il dramma è nella strada, nel quartiere, nella nostra casa, e perché no, nel nostro cuore. Conviviamo con la violenza che uccide, che distrugge famiglie, rinfocola guerre e conflitti in tanti Paesi del mondo. Conviviamo con l'invidia, l'odio, la calunnia, la mondanità nel nostro cuore. La sofferenza delle persone innocenti e pacifiche non smette di schiaffeggiarci; il disprezzo per i diritti delle persone e dei popoli più fragili non è tanto lontano da noi; il dominio del denaro con i suoi effetti demoniaci come la droga, la corruzione, il traffico di esseri umani – anche di bambini –, insieme alla miseria materiale e morale sono moneta corrente. Si uniscono a questa sinfonia la distruzione del lavoro degno, le emigrazioni dolorose e la mancanza di futuro. Da questo panorama non restano fuori neanche i nostri errori e i nostri peccati come Chiesa. Gli egoismi più personali giustificati, e non per questo più piccoli, la mancanza di valori etici in una società che fa metastasi nelle famiglie, nella convivenza dei quartieri, dei villaggi e delle città, ci parlano delle nostre limitazioni, della nostra debolezza e della nostra incapacità di poter trasformare questa lista innumerevole di realtà distruttrici.

EVANGELIZZAZIONE


Non basta che la nostra verità sia ortodossa e la nostra azione pastorale sia efficace. Senza la gioia della bellezza, la verità diventa fredda e perfino spietata e superba, come vediamo nel discorso di molti fondamentalisti amareggiati. Sembrerebbe che mastichino cenere anziché assaporare la dolcezza gloriosa della Verità di Cristo, che illumina con una luce tranquilla tutta la realtà, assumendola per com'è ogni giorno. Senza la gioia della bellezza, il lavoro per il bene diventa oscuro efficientismo, come constatiamo nell'azione di molti attivisti che hanno travalicato i limiti. Sembrerebbe che rivestano di lutto statistico la realtà invece di ungerla con l'olio interiore del giubilo che trasforma i cuori, uno a uno, da dentro (22 aprile 2011).

DIFESA DEL MATRIMONIO


Sono in gioco l'identità e la sopravvivenza della famiglia: papà, mamma e figli. È in gioco la vita di tanti bambini che verranno discriminati in anticipo venendo privati della maturazione umana che Dio ha voluto si desse con un padre e una madre. È in gioco un rifiuto frontale della legge di Dio, inscritta nel nostro cuore. Non dobbiamo essere ingenui: non si tratta di una semplice lotta politica; è l'ambizione distruttiva al piano di Dio. Non si tratta di un mero progetto legislativo (questo è solo lo strumento), ma di una “mossa” del padre della menzogna che pretende di confondere e ingannare i figli di Dio (8 luglio 2010).

 

 

GIUSTIZIA SOCIALE


La giustizia è ciò che rallegra il cuore: quando c'è per tutti, quando si vede che c'è uguaglianza, equità, quando ciascuno ha il proprio. Quando una persona vede che basta per tutti prova una felicità speciale. Il cuore di ciascuno si amplia e si fonde con quello degli altri e ci fa sentire la Patria, che fiorisce quando vediamo “sul trono la nobile uguaglianza”, come dice giustamente il nostro inno nazionale. L'ingiustizia, invece, adombra tutto. Com'è triste quando una persona vede che potrebbe bastare perfettamente per tutti e non è così. (…) Dire “tutti i ragazzi” vuol dire tutto il futuro. Dire “tutti i pensionati” significa tutta la nostra storia. Il nostro popolo sa che il tutto è maggiore delle parti, e per questo chiediamo “pane e lavoro per tutti”. Com'è invece disprezzabile colui che immagazzina solo per il suo oggi, che ha un cuore piccolo per l'egoismo e pensa solo a gestire quelle cose che non potrà portare con sé quando morirà. Perché nessuno si porta via nulla. Non ho mai visto un camion dei traslochi dietro un corteo funebre. Mia nonna ci diceva: “Il sudario non ha tasche” (Omelia del 7 agosto 2012).

FEDE


L'esperienza della fede ci colloca nell'esperienza dello Spirito segnata dalla capacità di mettersi in cammino... Non c'è nulla che sia più opposto allo Spirito che fermarsi, rinchiudersi. Quando non si passa per la porta della fede, la porta si chiude, la Chiesa si chiude, il cuore si ripiega e la paura e la cattiva disposizione “inacidiscono” la Buona Novella. Quando il crisma della fede si secca e si irrancidisce, l'evangelizzatore non contagia più perché ha perso la sua fragranza, diventando spesso causa di scandalo e di allontanamento per molti. Chi crede riceve quella beatitudine che attraversa tutto il Vangelo e che risuona nel corso della storia, già sulle labbra di Elisabetta: “Beata colei che ha creduto”, già ricordata da Gesù a Tommaso: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (9 giugno 2012).

IL POTERE POLITICO


Questa "pazzia" del comandamento dell'amore che ci propone nostro Signore e ci difende nel nostro modo di essere allontana anche le altre "pazzie" quotidiane che mentono e danneggiano e finiscono con l'ostacolare la realizzazione del progetto di Nazione: quella del relativismo e quella del potere come ideologia unica. Il relativismo che, con la scusa del rispetto delle differenze, omogeneizza nella trasgressione e nella demagogia; consente tutto pur di non assumere la contrarietà che esige il coraggio maturo di sostenere valori e principi. Il relativismo è, curiosamente, assolutista e totalitario, non permette di differire dal proprio relativismo, in niente differisce dal “taci” o dal “fatti gli affari tuoi”. Il potere come ideologia unica è un'altra bugia. Se i pregiudizi ideologici deformano lo sguardo sul prossimo e la società secondo le proprie sicurezze e paure, il potere fatto ideologia unica accentua il fuoco persecutorio e pregiudiziale che “tutte le prese di posizione sono schemi di potere” e che tutti cercano di dominare sugli “altri”. In questa maniera si erode la fiducia sociale che, come ho segnalato, è radice e frutto dell'amore (25 maggio 2012).

CRISI


I sintomi della delusione sono i più svariati ma magari il più chiaro è quello degli “incantesimi a misura”: l'incantesimo della tecnica che promette sempre cose migliori, l'incantesimo di un'economia che offre possibilità quasi illimitate in tutti gli aspetti della vita a coloro che tentano a farsi inglobare nel sistema, l'incantesimo delle proposte religiose minori, a misura di ogni necessità. La delusione ha una dimensione escatologica. Attacca indirettamente, mettendo tra parentesi ogni atteggiamento definitivo e, al suo posto, propone quei piccoli incantesimi che fanno da “isole” o da “tregua” di fronte alla mancanza di speranza davanti alla marcia del mondo in generale. Col risultato che l'unico atteggiamento umano per rompere incantesimi e delusioni è situarci davanti alle cose ultime e domandarci: in fatto di speranza, andiamo di bene in meglio salendo o di cattivo in peggio scendendo? E sorge allora il dubbio. Sappiamo rispondere? Abbiamo, come cristiani, la parola e i gesti in grado di segnare la rotta della speranza per il nostro mondo? O, come i discepoli di Emmaus e quelli che rimasero nel Cenacolo, siamo i primi ad aver bisogno di aiuto? (8 maggio 2011)

UMILTA'


Il passaggio evangelico ci parla dell'umiltà. L'umiltà rivela, alla piccolezza umana autocosciente, i potenziali che ha in se stessa. In effetti, quanto più coscienti dei nostri doni e limiti, le due cose congiunte, tanto più saremo liberi della cecità della superbia. E come Gesù loda il Padre per questa rivelazione ai piccoli, così dovremmo lodare anche il Padre per aver fatto uscire il sole di maggio in coloro che si fidarono del dono della libertà, quella libertà che fece germogliare nel cuore di quel popolo che scommise sulla grandezza senza perder coscienza della propria piccolezza (25 maggio 2011).

LA GENTE SEMPLICE


La saggezza di "migliaia di donne e di uomini che fanno la fila per viaggiare e lavorare onestamente, per mettere il pane ogni giorno a tavola, per risparmiare e compare piano piano i mattoni per migliorare la casa... Migliaia e migliaia di bambini coi loro giacchetti che sfilano per i corridoi e le strade facendo su e giù da casa a scuola, e da scuola a casa. Nel frattempo i nonni che fanno tesoro della saggezza popolare, si riuniscono a condividere e a raccontare aneddoti". Passeranno le crisi e le manipolazioni; il disprezzo dei potenti li accantonerà con miseria, offrirà loro il suicidio della droga, l'insicurezza e la violenza; li tenterà con l'odio del risentimento vendicativo. Ma loro, gli umili, chiunque sia la loro posizione e condizione sociale, ricorreranno alla saggezza di chi si sente figlio di un Dio che non è lontano, che li accompagna con la Croce e li incoraggia con la Resurrezione in questi miracoli, nei successi quotidiani, che li incoraggia a godere delle gioie del condividere e celebrare (25 maggio 2011).

NUOVA EVANGELIZZAZIONE


Dio vive nella città e la Chiesa vive nella città. La missione non si oppone al dovere di imparare dalla città – delle sue culture e dei suoi cambiamenti – nel momento che usciamo fuori a predicare il Vangelo. E questo è frutto del Vangelo stesso che interagisce con il terreno nel quale cade come seme. Non solo la città moderna è una sfida ma lo è stata, lo è e lo sarà ogni città, ogni cultura, ogni mentalità ed ogni cuore umano. La contemplazione dell'Incarnazione che Sant'Ignazio presenta negli Esercizi Spirituali, è un buon esempio dello sguardo che qui si propone. Un sguardo che non rimane impantanato in quel dualismo che va e ritorna costantemente dalle diagnosi alla pianificazione, ma si invischia drammaticamente nella realtà della città e si impegna con lei nell'azione. Il vangelo è un kerygma accettato e che spinge a trasmetterlo. Le mediazioni si vanno elaborando mentre viviamo e conviviamo (25 agosto 2011)

MARIA


Perché a Dio mancava il potersi inserire umanamente nella nostra storia: aveva bisogno di una madre, e ce la chiese. Quella è la Madre a cui guardiamo oggi, la figlia del nostro popolo, la serva, la pura, la sola di Dio; la discreta che fa spazio affinché il Figlio realizzi il segno, colei che facilita in ogni momento questa realtà ma non da padrona né come protagonista, bensì come serva; la stella che sa spegnersi affinché il Sole si manifesti. Questa è la mediazione di Maria alla quale ci riferiamo oggi. Mediazione di donna che non rinnega la sua maternità, l'assume dall'inizio; maternità con doppio parto, uno a Betlemme e un altro sul Calvario; maternità che contiene ed accompagna gli amici di suo Figlio il quale è l'unico riferimento fino alla fine dei giorni. E così Maria continua a stare con noi, “collocata al centro stesso di quella inimicizia, di quella lotta che accompagna la storia dell'umanità sulla terra e la storia stessa della salvezza” (Cfr. Redemptoris Mater 11). Madre che fa spazio affinché giunga la Grazia. Quella Grazia che rivoluziona e trasforma la nostra esistenza e la nostra identità: lo Spirito Santo che ci fa figli adottivi, ci libera da ogni schiavitù e, in un possesso reale e mistico, ci consegna il dono della libertà e chiede, da dentro di noi, l'invocazione della nuova appartenenza: Padre! (7 novembre 2011)


"Vengo dalla fine del mondo!"



Riporto da "La Stampa" di oggi, 14 marzo 2013
a firma di Enzo Bianchi

 I cardinali hanno scelto il nuovo vescovo di Roma e come vescovo di Roma Francesco si è affacciato al balcone, chiedendo che il popolo della Chiesa «che presiede nella carità» invocasse su di lui, chinato in silenzio orante, la benedizione del Signore. 

Solo dopo ha impartito lui stesso la benedizione di Dio sul popolo cristiano, ad affermare simbolicamente che ogni benedizione viene dall’alto, dal Signore della Chiesa che ascolta la preghiera dei semplici. Accanto a lui il cardinale vicario per la diocesi di Roma, a sottolineare ancor di più la sua missione prioritaria, l’evangelizzazione della città, l’annuncio della buona notizia del Signore risorto che si dilata ai confini del mondo da Roma, città del martirio degli apostoli Pietro e Paolo. Anche nel ricordare il suo predecessore, così come nel parlare di se stesso, è al suo ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro, che ha fatto riferimento.  
Francesco - nome scelto per la prima volta da un papa e per di più dal primo gesuita della storia divenuto vescovo di Roma - è nome che da solo evoca un ritorno al Vangelo sine glossa, alla radicalità di una testimonianza di vita che diviene annuncio nel quotidiano, a uno stile semplice e povero che confida solo nel Signore. Vedremo presto quali strade nuove e antiche questo aprirà per la Chiesa di Roma e la Chiesa universale: oggi, come ha detto papa Francesco, inizia un «cammino di chiesa», «vescovo e popolo, vescovo e popolo», un cammino di «fratellanza, amore e fiducia», un cammino intessuto di «preghiera per tutto il mondo perché ci sia grande fratellanza». Questo giorno è davvero il giorno della gioia e dell’azione di grazie al Signore per il dono offertoci dallo Spirito che i cardinali hanno saputo discernere e accogliere.
* * *
Il commento che segue è di Andrea Tornielli


Un candidato neanche tanto nascosto, c’era. Solo così si spiega la rapidità di un conclave che ha avuto quasi gli stessi tempi di quello di Ratzinger, senza Ratzinger. Era quello che prendendo la parola in presenza dei colleghi porporati, la scorsa settimana, aveva fatto l’intervento più breve, senza consumare i cinque minuti di tempo consentiti. E che aveva parlato col cuore di una Chiesa capace di mostrare il volto della misericordia di Dio. L’elezione di Jorge Mario Bergoglio, primo Papa gesuita e latinoamericano della storia della Chiesa, primo Papa ad assumere il nome di Francesco, ha sorpreso molti. Sembrava che i cardinali cercassero un Papa giovane, ne hanno eletto uno di 76 anni. Sembrava che dovessero scegliere un «governatore» per la Curia romana, hanno scelto uno dei porporati più lontani dal carrierismo, dai giochi, dalle cordate curiali.
L’elezione di Francesco è il segno di una svolta. Non era mai accaduto nella storia recente della Chiesa che venisse eletto il secondo arrivato del precedente conclave, né che un Pontefice, affacciandosi per la prima volta al balcone di San Pietro, prima di benedire i fedeli, chiedesse ai fedeli una preghiera e una benedizione per lui.
Bergoglio ha sempre denunciato, negli anni scorsi, il rischio per la Chiesa di essere autoreferenziale: «Se la Chiesa rimane chiusa in se stessa, invecchia. E tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima».
Certo, la sua designazione va nella direzione che è emersa in questi giorni, nelle congregazioni generali: una riforma della Curia, una maggiore collegialità, evitare che si ripetano gli scandali degli ultimi anni. Ma anche se è facile prevedere passi in questo senso,la priorità, per tutti gli elettori, è stata quella di eleggere un uomo di Dio, innanzitutto un testimone.
Anche la scelta di apparire al balcone accompagnato dal Vicario di Roma, il cardinale Agostino Vallini, e l’insistenza con cui ha sottolineato il legame di vescovo con la diocesi della Città Eterna, è un segnale importante. Il segnale di un pontificato che sottolinea innanzitutto il legame con la Chiesa locale, quello del pastore con il suo popolo.

Non è facile fare previsioni sulle scelte future del nuovo Papa. Su chi sceglierà di portare alla Segreteria di Stato, su come intende affrontare il tema della trasparenza finanziaria e i problemi dello Ior, su quali decisioni prenderà dopo aver letto, con dolore, le pagine del dossier di Vatileaks. Ma fin dal nome e dallo stile umile del suo primo presentarsi ai fedeli, alla Chiesa e al mondo, ieri sera è stato possibile comprendere a tutti che questa istituzione con duemila anni di storia sulla spalle, ancora una volta ha saputo rinnovarsi e stupire.



* * *


Lettera del cardinale Jorge Mario Bergoglio ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires in occasione del voto al Senato della Repubblica Argentina sulla proposta di legge intesa a legalizzare il matrimonio e le adozioni omosessuali (approvata il 15 luglio 2010). Traduzione di Massimo Introvigne. 
Buenos Aires, 22 giugno 2010
Care sorelle,
Scrivo queste poche righe a ciascuna di voi che siete nei quattro monasteri di Buenos Aires. Il popolo argentino dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia.
Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori.
Ricordo una frase di Santa Teresina quando parla della sua malattia infantile. Dice che l’invidia del Demonio voleva vendicarsi della sua famiglia per l’entrata nel Carmelo della sua sorella maggiore. Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra.
Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una «mossa» del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio. E Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità.
Oggi la Patria, in questa situazione, ha bisogno dell’assistenza speciale dello Spirito Santo che porti la luce della verità in mezzo alle tenebre dell’errore. Ha bisogno di questo Avvocato per difenderci dall’incantamento di tanti sofismi con i quali si cerca a tutti i costi di giustificare questo disegno di legge, e che confondono e ingannano perfino persone di buona volontà.
Per questo mi rivolgo a Voi e chiedo preghiere e sacrificio, le due armi invincibili di santa Teresina. Invocate il Signore affinché mandi il suo Spirito sui senatori che saranno impegnati a votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni contingenti, ma secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro. Pregate per loro e per le loro famiglie che il Signore li visiti, li rafforzi e li consoli. Pregate affinché i senatori facciano un gran bene alla Patria.
Il disegno di legge sarà discusso in Senato dopo il 13 luglio. Guardiamo a san Giuseppe, a Maria e al Bambino e chiediamo loro con fervore di difendere la famiglia argentina in questo particolare momento. Ricordiamo ciò che Dio stesso disse al suo popolo in un momento di grande angoscia: «Questa guerra non è vostra, ma di Dio».  Che ci soccorrano, difendano e accompagnino in questa guerra di Dio.
Grazia per quanto farete in questa lotta per la Patria. E per favore vi chiedo anche di pregare per me. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi conservi.
Con affetto
Jorge Mario Bergoglio, S.J.
Arcivescovo di Buenos Aires


Nessun commento:

Posta un commento

... ROSES & ESPINE..