Oggi è il Primo Maggio. La festa del Lavoro, o dei Lavoratori. Anche il motore di ricerca dedica il suo logo alle celebrazioni per le conquiste nel campo dei diritti dei lavoratori.
Qual è stato (ed è ancora) il compito principale dei cristiani nell’organizzazione politica del mondo? La domanda non è accademica e c’entra addirittura con la nascita del nuovo governo italiano e col ruolo che in esso hanno i cattolici.
La risposta – che forse sorprenderà – è questa: la desacralizzazione del mondo. La sua laicizzazione.
Questa missione è stata iniziata dal popolo d’Israele. C’è un bellissimo saggio di Joseph Ratzinger sulla “Genesi” che sottolinea l’aspetto rivoluzionario del racconto della creazione.
Il cardinale spiega che narrare il sole, la luna e il mondo naturale come creature di un Dio totalmente trascendente, significava desacralizzare il cosmo che invece tutte le religioni sacralizzavano.
Se il sole è semplicemente un astro misuratore del tempo, l’universo è una creazione razionale che l’uomo può conoscere, usare e dominare.
Quindi – come Ratzinger spiegò poi in un memorabile discorso a Parigi – la prima conseguenza della rivelazione biblica è la liberazione dalle superstizioni.
Anche da quelle politiche. La desacralizzazione del mondo compiuta dai cristiani infatti ha riguardato pure il potere che – dice Ratzinger – tutte le religioni pagane sacralizzavano.
Infatti il cristianesimo entra nel mondo romano – che era tollerante verso tutti i culti – essendo denunciato e perseguitato curiosamente come “ateismo”.
Perché?
I cristiani erano leali alle autorità e allo stato, ma si rifiutavano di omaggiare l’imperatore come dio. Infatti Gesù stesso aveva posto i diritti di Dio come limite invalicabile per i diritti di Cesare (“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”).
Così ha creato lo spazio della libera coscienza individuale (e quanti martiri!), ha portato alla demolizione di assolutismi e teocrazie e in seguito alla svolta costantiniana, che è anzitutto la desacralizzazione dello Stato e l’inizio della vera laicità e della libertà di coscienza.
Poi nel corso dei secoli lo stesso Impero cristiano è stato più volte tentato di riproporsi come assoluto (e di prevaricare la Chiesa stessa), così come il ceto ecclesiastico medesimo è stato tentato dalla teocrazia, ponendosi come potere mondano sacralizzato.
Ma il dramma dell’irriducibile alterità cristiana (“il mio Regno non è di questo mondo”) si è sempre riproposto e ha prevalso, purificando anche la Chiesa. Specie attraverso il formidabile irrompere dei santi.
Talora la Provvidenza – che sa scrivere diritto su righe storte – ha “usato” anche i nemici della Chiesa, scismi o persecuzioni per purificare la Chiesa stessa riportandola alla sua vera natura (essa è “primizia”, anticipo profetico, felice e inerme del Regno “che non è di questo mondo”).
Con la fine della cristianità e l’inizio della modernità gli stati sono tornati all’assolutismo e – nel corso dei secoli XIX e XX la pretesa messianica ha connotato le ideologie totalitarie e i regimi sanguinari che hanno partorito.
Ancora una volta la Chiesa si è trovata – quasi da sola – a combattere contro tutte questi fenomeni che erano una forma di risacralizzazione pagana del potere.
Il paradosso – spiegato di nuovo da Ratzinger in “Chiesa ecumenismo e politica” – è che lo spazio della laicità, cioè di uno Stato e di un potere che non pretendono di rappresentare tutta la speranza umana, ma riconoscono il limite rappresentato dalla coscienza e da Dio, è sempre stato prodotto dalla presenza della Chiesa.
Cosicché più si ha a cuore la laicità della politica e dello Stato, più servirebbe un rapporto intimo e vitale col cristianesimo. E’ paradossale, ma vero.
Infatti il voler recidere totalmente quel legame porta a un laicismo che a sua volta diventa ideologia, “dittatura del relativismo” e tradisce le sue premesse umanistiche.
La deformazione mitologica e sacrale della politica assume forme sempre nuove. Per esempio negli ultimi trent’anni, nel mondo, i contrapposti fondamentalismi religiosi (ma anche laici).
Infine nella vita del nostro Paese è andata in scena una guerra civile permanente che – pur senza le antiche ideologie – ha visto perdurare (su entrambi i fronti) vecchie mentalità: la demonizzazione dell’avversario, la necessità del Nemico apocalittico in politica, la politica come scontro fra Bene assoluto e Male assoluto, la radicale impossibilità del dialogo, dell’accordo, del compromesso come contaminazione demoniaca, l’antipolitica (che è una delle forme della politica) come necessità di sradicamento totale del passato, di disinfestazione, di decontaminazione da un virus.
Chi ha letto Eric Voegelin sa decifrare la natura antica di queste mitologie.
Ebbene, provvidenzialmente nelle ultime settimane qualcosa è accaduto. Sembra affacciarsi una pacificazione storica e non è un caso che a guidare questa “laicizzazione” della politica siano tre giovani politici cattolici (Letta, Alfano e Mauro).
Anche nel dopoguerra era stata una classe dirigente cattolica a salvarci dalle pericolose forme mitologiche della politica.
Ma la domanda è: basta un governo per realizzare una svolta simile? Nella nostra società e nelle élite corrono da anni fiumi di veleno. Gli odiatori, i fanatici e gli apocalittici sono tanti e su ogni fronte.
Chi può pacificare e sminare questa terra?
Proprio i cattolici – facendo tesoro del magistero di Ratzinger e dell’evangelica predicazione di papa Francesco – potrebbero e dovrebbero far dilagare nella società l’antivirus che neutralizza l’odio: il riconoscimento dell’altro, il dialogo, il desiderio di pacificazione, di costruzione comune, con la gradualità e il realismo.
Si può scommettere sui cattolici?
Da “Il Foglio”, 1 maggio 2013
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