State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

giovedì 28 febbraio 2013

Amici in allegria ... girobloggando

Stanlio e Ollio hanno segnato con Allegria la mia infanzia ... 
ecco un simpatico e divertente post sul Blog "amici in allegria"
 gestito da Enrico


Amici in allegria ... girobloggando


amici-in-allegria






Il bar di Helga ... certe analogie finanziarie

Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. 
Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). 
La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città. 
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. 
La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. 
Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond. 
I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano. Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond. 
Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. 
A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. 
Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada.
Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. 
La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. 
Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. 
Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. 
Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. 
Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000chilometri di distanza. 
Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. 
Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. 
Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache finanziarie di questi giorni.

girobloggando

mercoledì 27 febbraio 2013

IL VERO VOLTO DELLA CHIESA NEL SORRISO DI UNA RAGAZZA. CHIARA E IL CONCLAVE


Chiara e il conclave



Da LoStraniero di Antonio Socci

26 FEBBRAIO 2013 / IN NEWS
I mass media continuano a non capire la Chiesa, anche alla vigilia del prossimo Conclave. Per comprenderne il mistero bisognerebbe – per esempio – leggere un libro straordinario, “Solo l’amore resta” (Piemme), dove Chiara Amirante – 45 anni circa – racconta la sua storia.
I giornali quasi non sanno chi sia Chiara, ma lo sanno benissimo migliaia di persone che per l’incontro con lei sono usciti dal buio e si sono convertiti (a me ricorda un po’ santa Caterina, un po’ Madre Teresa, ma lei respingerebbe con un sorriso e una battuta ironica il paragone).
Anche il Papa conosce bene Chiara (l’ha nominata consultrice del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione) e così pure molti importanti cardinali che la stimano davvero (il cardinale Ruini, da Vicario di Roma, ha aiutato e sostenuto la sua opera fin dall’inizio, quando lei era giovanissima).
Invece i media no. Non capiscono cosa è la Chiesa, sebbene Benedetto XVI non si stanchi di indicare la presenza viva e misteriosa di Gesù Cristo.
Ratzinger fin da cardinale continuava ad affermare che la Chiesa è “semper reformanda” (deve essere sempre rinnovata), ma sottolineando che è sempre stata rinnovata non dai riformatori (che hanno fatto disastri), ma dai santi

LA STORIA INSEGNA

I media non lo capiscono. Se fossero esistiti – per esempio – nel XVI secolo, tv, internet e giornali avrebbero raccontato solo trame, corruttele, nepotismi, prostitute e altre cose simili. E avrebbero diagnosticato che la Chiesa stava morendo. Intervistando ogni giorno Lutero.
In effetti nessuna istituzione umana sarebbe mai sopravvissuta a tanta “sporcizia”.
Invece la Chiesa uscì da quel secolo con una rinnovata giovinezza, con uno slancio e una bellezza travolgente e attraversa i secoli. Perché non è una istituzione umana, ma letteralmente una “cosa dell’altro mondo”.
Per capirlo i media nel XVI secolo avrebbero dovuto spostare i riflettori su una quantità immensa di santi che, proprio in quegli anni, il Signore fece sgorgare nel giardino della sua Chiesa.
Ne cito solo alcuni (ma ognuno di loro è stato un poema e un ciclone): Carlo Borromeo, Filippo Neri, Francesco di Paola, Luigi Gonzaga, Francesco Saverio, Ignazio di Loyola, Giovanni della Croce, Giovanni d’Avila, Teresa d’Avila, Tommaso Moro, Juan Diego, John Fisher, Paolo Miki, Caterina de’ Ricci, Pietro Canisio, Stanislao Kostka, Edmund Campion.
Per questo dico che oggi – per capire qualcosa del futuro della Chiesa – bisognerebbe andare a cercare e a raccontare storie come quella di Chiara Amirante.
Il suo libro è un abisso di luce. Eppure racconta, con una prosa semplice, una storia dei nostri anni, di una ragazza che è ancora oggi una giovane donna, del tutto normale.

CHIARA

Un flash della sua storia. E’ una notte d’inverno del 1991, verso le tre. Una graziosa venticinquenne in motorino, a Roma, parte dalla stazione Termini e percorre un viale verso l’Appia quando viene avvicinata da un furgone che le taglia la strada per farla fermare.
Le intenzioni dell’omaccione non lasciano dubbi e vengono dichiarate alla giovane dal finestrino. Lei, che è – come avrete capito – Chiara, accelera, scappa, cerca di darsi coraggio cantando, dice a se stessa (“ma no, non sono sola, il Signore è con me”).
Poi, alla fine, lo guarda negli occhi e gli dice: “hai trovato la persona sbagliata, perché io ho consacrato la mia vita a Dio”.
Sembrò che il tipaccio avesse avuto una mazzata in testa. Infatti si ferma più avanti con le mani alzate e – quasi intimorito – le dice: “Perdonami. Ma davvero tu hai consacrato la tua vita a Dio? Come è possibile? Una bella ragazza come te… Non ci posso davvero credere”.
Ancor più sconvolto sarebbe stato se avesse saputo da dove veniva Chiara. Perché, così indifesa, o meglio, difesa dagli angeli, stava andando ogni notte nei sottopassaggi della stazione Termini che, in quegli anni, erano davvero gironi infernali, pericolosissimi per chiunque (tanto più per una ragazza sola).
Ma come e perché Chiara si era lanciata in quell’avventura? Lo racconta nel suo libro e tutto sembra semplice e normale, ma in realtà i fatti che mette in fila sono sconvolgenti. Provo a enuclearli alla meglio.

COME DIO CHIAMA

Chiara cresce in una famiglia che vive nel movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Fin dall’inizio attorno a lei – anche all’università di Roma – si raccolgono tanti giovani. Poco più che ventenne contrae una malattia gravissima agli occhi – l’uveite – che, oltre a dolori tremendi per quattro anni, secondo la diagnosi di tutti gli specialisti, la porterà presto alla cecità totale.
Nonostante questa prova tremenda il cammino spirituale di Chiara si approfondisce. E perfino la sua gioia. Il suo sobrio racconto fa intuire esperienze che – più che sogni – hanno tutto l’aspetto di esperienze soprannaturali.
Così, mentre matura in lei la vocazione ad andare da sola a cercare gli ultimi, i più derelitti e disperati (e il “popolo della notte” della Stazione Termini è il luogo che ha nel cuore), d’improvviso – dopo un pellegrinaggio al santuario del Divino Amore – le viene donata una guarigione improvvisa, totale e del tutto inspiegabile per i medici.
Una guarigione che lei in fondo non aveva neanche chiesto, ma che interpreta come un segno: deve intraprendere subito la sua strada. E così diventa l’angelo degli inferni metropolitani. Si aggira col suo sorriso in luoghi pericolosissimi e sempre si sente protetta.
Finché decide lei stessa di andare a vivere con questa povera gente, tra tossicodipendenti, malati di Aids, ragazze prostitute, derelitti al limite del suicidio, ex carcerati, gente che aveva frequentato sette sataniste, con tutte le conseguenze…
I fatti che accadono attorno a Chiara sono sconvolgenti. Veramente si rende visibile la potenza dello Spirito Santo. Sono pagine tutte le leggere. Ma Chiara è chiamata ad andare avanti in quel cammino.


Medjugorje è un altro dei suoi luoghi del cuore. E lì s’illuminano i nuovi passi di Chiara. Nasce “Nuovi orizzonti”, l’ideale di una comunità dove si vive con semplicità e integralità il Vangelo.
C’è la freschezza di ogni inizio, in tutti i tempi, dai primi amici di Gesù a Francesco d’Assisi a Ignazio di Loyola…. C’è l’abbandono totale al Signore e la scelta radicale, da parte di Chiara e dei suoi amici, dei voti di povertà, castità, obbedienza e – in seguito – di gioia.
Questo è solo l’inizio dell’avventura di Chiara, ma è nell’origine che si coglie davvero l’essenza di qualunque cosa. Oggi mettere in file i numeri di ciò che è nato da Chiara fa impressione: 174 centri di accoglienza e di formazione, 152 Equipe di servizio, 5 Cittadelle Cielo in costruzione in diversi continenti, più di 250 mila “Cavalieri della luce” che – come dice Chiara – sono impegnati a portare dovunque, nel mondo, “la rivoluzione dell’amore”.
Ma tutto questo – che forse è quello che più interesserebbe i media – in realtà è solo un sovrappiù rispetto all’essenziale. Che è l’intima unione spirituale di Chiara con Gesù, la sua toccante umanità, la sua semplicità, la sua gioia contagiosa (pur dentro sofferenze fisiche tuttora molto pesanti).
I “segni” che accadono attorno a Chiara poi fanno sperimentare davvero la vicinanza del Signore.
Quella “Chiesa gerarchica” che oggi spesso viene messa sulla graticola dai media fin dall’inizio ha accolto Chiara come una figlia amatissima e ha riconosciuto e valorizzato il suo carisma.
Oggi incontrando Chiara, leggendo la sua storia, guardando il suo volto e i tanti giovani che accanto a lei hanno trovato il senso della vita, viene da concludere che i media non raccontano cosa è davvero la Chiesa. Non la capiscono.
Forse non la vogliono capire.
Già i primi apologeti cristiani, durante le persecuzioni, dicevano: “i cristiani chiedono solo questo, di essere conosciuti prima di essere condannati”. Anche oggi sembra che non si conoscano i cristiani. Che sono “una cosa dell’altro mondo” in questo mondo.

Antonio Socci
Da “Libero”, 26 febbraio 2013


giovedì 21 febbraio 2013

Veniamo noi con questa mia a dirvi...


Da Kairòs simpatico post che condivido pienamente!



... che davvero il momento che il Paese sta vivendo è molto molto difficile.
Patetiche lettere di rimborsi di tasse che somigliano alla pubblicità in buca, finti titoli di studio esibiti con spudorata disinvoltura, artifici e raggiri di risibile ingenuità da parte di fior di candidati premier, affermazioni fatte e smentite e rifatte e rismentite in poche ore, voci e volti arcinoti che da anni ed anni si sovrappongono su tutte le televisioni violando le regole della più elementare buona educazione, volgarità a iosa nelle piazze più importanti di tutto il Paese, adesso ci si mette pure l'Adriano nazionale. Ma l'Italia si merita tutto questo?
Mentre tante famiglie fanno fatica a mangiare tutti i giorni, assistiamo continuamente a scandali di dimensioni gigantesche con super super manager che per tanti anni hanno rubato risparmi guadagnati con il sudore della fronte. Una opinione pubblica giustamente indignata per tante, troppe bugie e la politica sempre più lontana dalla gente. Personaggi noti come "cattolici impegnati" che continuano stupidamente a difendere posizioni acquisite dopo decenni di malgoverno invece di chiedere umilmente perdono a coloro che hanno creduto alla loro buona fede: no, essi si schermiscono, sono tranquilli e danno la colpa alle toghe rosse, ma anche  ex magistrati che sbandierano improbabili rivoluzioni civili, e poi accordi sotto banco sussurrati tra "avversari" pronti ad allearsi il giorno dopo le elezioni e poi le grida di tanti imprenditori falliti e di tutti coloro che hanno perso il lavoro e spesso anche la dignità.
Sacrifici e patti di stabilità che pare abbiano l'unico effetto di ridurre gli stipendi di quanti ancora lavorano e pagano le tasse, un Paese che si trova in condizioni terribili e che riscopre drammaticamente che davvero "il pane di ieri è buono domani". E se venisse meno anche la speranza di farcela? E se tanti non andassero neanche a votare? Dov'è la buona politica? Dov'è la solidarietà? Siamo diventati esperti di spread e non ci accorgiamo del fratello che ci sta vicino. Sensibilissimi alla salute degli animali, impermeabili alla sofferenza degli anziani e degli ammalati; difensori dei diritti civili e delle "unioni" di tutti i tipi, sostenitori dei matrimoni omosex mentre tanti giovani "etero" non possono sposare semplicemente per mancanza di casa e di lavoro....

E quante cose ancora vorrei scrivere.... ma non sarebbe utile. Il tempo, QUESTO tempo è troppo importante per sprecarlo facendo commenti. Meglio pregare per Benedetto XVI e per colui che Gli succederà!
Una cosa però sì: senza dubbio "se non voti ti fai del male", in questo Adriano ha ragione.
Pensandoci bene un'altra cosa è certa: non so se io sia onesto, ma sicuramente non sono stupido... Ne ho avuto la conferma qualche minuto fa leggendo questa storiella tanto tanto carina.

* * *

Si racconta che quando Dio Padre creò il mondo, affinchè gli uomini prosperassero, decise di concedere loro due virtù. E così fece.
Gli Svizzeri li fece ordinati e rispettosi delle leggi
Gli Inglesi perseveranti e studiosi
I Giapponesi lavoratori e pazienti
I Francesi colti e raffinati
Gli Spagnoli allegri e accoglienti
Quando arrivò agli Italiani, si rivolse all’Angelo che prendeva nota e gli disse:
Gli italiani saranno: intelligenti, onesti e del Popolo delle Libertà
Quando terminò la creazione, l’Angelo disse:
Signore hai dato a tutti i popoli 2 virtù, ma agli Italiani 3, questo farà si che prevarranno su tutti gli altri!!
È vero! Disse il buon Dio
Ma, mio buon Angelo, tu sai che le virtù divine non si possono più togliere..
Che gli Italiani abbiano 3 virtù, però… ogni persona non potrà averne più di
Due contemporaneamente. Fu così che:
L’Italiano che è onesto e del Popolo delle Libertà non può essere intelligente.
L’italiano che è intelligente e del Popolo delle Libertà, non può essere onesto.
L’Italiano che è intelligente e onesto non può essere del Popolo delle Libertà.
Invia questo messaggio a tutti i tuoi contatti perché quando si andrà a votare, non succeda che qualcuno perda l’intelligenza o l’onestà…
Attenzione!!!
Se non lo farai entro i prossimi 5 minuti, ti si installerà una foto di Berlusconi come sfondo del desktop. Per sempre.

Crozza "formidable" SanRemo 2013


GUARDIAMOCI Crozza nel Paese delle Meraviglie Puntata 14 del 22.02.13 Parte 1/6






Crozza nel Paese delle Meraviglie Puntata 14 del 22.02.13 Parte 2/6



Crozza nel Paese delle Meraviglie Puntata 14 del 22.02.13 Parte 3/6

Crozza nel Paese delle Meraviglie Puntata 14 del 22.02.13 Parte 5/6o


venerdì 15 febbraio 2013

La croce di Benedetto XVI° ... LA COSCIENZA DELLA RINUNCIA

Dott. Joaquín Navarro-Valls, Professore Visitante della Facoltà di Comunicazione

Artícolo Repubblica La coscienza della rinuncia

La croce di Benedetto XVI




L’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha scritto una lettera a tutti i fedeli della Chiesa ambrosiana in seguito «all’inaspettato e umile gesto di rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI». Ecco il testo integrale, che l’Arcivescovo chiede che venga letto all’inizio di tutte le Celebrazioni Eucaristiche della Prima domenica di Quaresima.

Milano, 17 febbraio 2013
I Domenica di Quaresima
Carissime sorelle, carissimi fratelli in Cristo Gesù nostro Signore,
di fronte all’inaspettato ed umile gesto di rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI non sono importanti i sentimenti che, sul momento, hanno occupato il nostro cuore. Conta la limpidezza del gesto di fede e di testimonianza del nostro caro Papa. Esso si è subito imposto, a noi e a tutto il mondo.
È impossibile non rievocare con speciale gratitudine il dono della Visita di Benedetto XVI alla nostra Diocesi in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. In quei giorni siamo stati veramente confermati nella fede dal Successore di Pietro: la sua presenza tra noi è stata il segno visibile della vicinanza di Dio al Suo popolo.
Anche attraverso questa Sua decisione, presa in coscienza davanti a Dio, in totale libertà e motivata unicamente dal bene della Chiesa, Benedetto XVI continua a confermare la nostra fede. Nell’Udienza generale del 13 febbraio scorso, Egli ha ribadito che «la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura».
La testimonianza del Papa ci ha mostrato che cosa sia una vita piena, capace di stare di fronte a Gesù, destino dell’uomo.
A ciascuno personalmente e a tutti noi insieme tocca ora la responsabilità di accompagnare il Collegio dei Cardinali nell’accogliere l’iniziativa dello Spirito Santo per la scelta del nuovo Papa.
Siamo all’inizio della Santa Quaresima: dedichiamoci con più energia alla preghiera personale, familiare e comunitaria. Vigiliamo sull’uso del nostro tempo, dando spazio a gesti di penitenza e di carità che dispongano il nostro cuore alla grazia redentrice di Cristo. Raccomando in modo particolare la recita quotidiana del Santo Rosario, la confessione e, nella misura del possibile, la partecipazione ad un gesto liturgico infrasettimanale.
«Pietro ed Ambrogio, una sola fede»: è questa la fonte della nostra fiducia.
Con affetto vi benedico.
Angelo cardinale Scola
Arcivescovo di Milano

* * *


La croce di Ratzinger
di Julián Carrón
in “la Repubblica” del 15 febbraio 2013
Caro direttore, il suo editoriale sull’annuncio di Benedetto XVI descrive la situazione in cui tutti ci
siamo venuti a trovare lunedì mattina. «È una notizia universale, che fa il giro del mondo e lo
stupisce. (…) Guai a far finta di niente». Per un istante il mondo si è fermato. Tutti, dovunque
fossimo, abbiamo sostato in silenzio, specchiandoci nei volti altrettanto stupiti di chi avevamo
accanto. In quel minuto di silenzio c’era tutto. Nessuna strategia di comunicazione avrebbe potuto
provocare un simile contraccolpo: eravamo davanti a un fatto tanto incredibile quanto reale, che si è
imposto con una tale evidenza da trascinare tutti, facendoci alzare lo sguardo dalle cose solite.
Che cosa è stato in grado di riempire il mondo intero di silenzio, all’improvviso?
Quel minuto stupefatto ha bruciato d’un colpo tutte le immagini che di solito ci facciamo del
cristianesimo: un evento del passato, una organizzazione mondana, un insieme di ruoli, una morale
circa le cose da fare o da non fare. No, tutto questo non riesce a dare ragione adeguata di ciò che è
accaduto l’11 febbraio. La spiegazione va cercata altrove.
Perciò, davanti al gesto papale mi sono detto: qualcuno si sarà domandato chi è mai Cristo per
Joseph Ratzinger, se il legame con Lui lo ha indotto a compiere un atto di libertà così sorprendente,
che tutti – credenti e non credenti – hanno riconosciuto come eccezionale e profondamente umano?
Evitare questa domanda lascerebbe senza spiegazione l’accaduto e, quel che è peggio, perderemmo
ciò che di più prezioso ci testimonia. Esso grida, infatti, quanto è reale nella vita del Papa la persona
di Cristo, quanto Cristo deve essergli contemporaneo e potentemente presente per generare un gesto
di libertà da tutto e da tutti, una novità inaudita, così impossibile all’uomo. Pieno
di stupore, sono allora stato costretto a spostare lo sguardo su ciò che lo rendeva possibile: chi sei
Tu, che affascini un uomo fino a renderlo così libero da suscitare anche in noi il desiderio di quella
stessa libertà? «Cristo me trae tutto, tanto è bello», esclamava un altro appassionato di Cristo,
Jacopone da Todi: non ho trovato altra spiegazione.
Con la sua iniziativa il Papa ha dato una tale testimonianza a Cristo da far trasparire con potenza
tutta la Sua attrattiva, a tal punto che essa in qualche modo ci ha afferrati tutti: eravamo davanti a un
mistero che catturava l’attenzione. Dobbiamo ammettere quanto sia raro trovare una testimonianza
che costringa il mondo, almeno per un istante, a tacere.
Anche se, subito dopo, la distrazione ci stava già trascinando altrove, facendoci scivolare –
l’abbiamo visto in tante reazioni – negli inferi delle interpretazioni e dei calcoli di “politica
ecclesiastica”, impedendoci di vedere che cosa ci ha realmente avvinto nell’accaduto, nessuno potrà
più cancellare da ogni fibra del proprio essere quell’interminabile istante di silenzio.
Non solo la libertà, ma anche la capacità del Papa di leggere il reale, di cogliere i segni dei tempi,
grida la presenza di Cristo. Parlando di Zaccheo, il pubblicano salito sul sicomoro per vedere
passare Gesù, sant’Agostino dice: «E il Signore guardò proprio Zaccheo. Egli fu guardato e allora
vide. Se non fosse stato guardato, non avrebbe visto». Il Papa ci ha mostrato che solo l’esperienza
presente di Cristo permette di “vedere”, cioè di usare la ragione con lucidità, fino ad arrivare a un
giudizio assolutamente pertinente sul momento storico e a immaginare un gesto come quello che lui
ha compiuto: «Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo
ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma
altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza
che esso richiede». Un realismo inaudito! Ma dove ha origine? «Mi sostiene e mi illumina la
certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura»
(Udienza generale del mercoledì, 13 febbraio 2013).
L’ultimo atto di questo pontificato mi appare come l’estremo gesto di un padre che mostra a tutti,
dentro e fuori della Chiesa, dove trovare quella certezza che ci renda veramente liberi dalle paure
che ci attanagliano. E lo fa con un gesto simbolico, come gli antichi profeti di Israele che, percomunicare al popolo la certezza del ritorno dall’esilio, facevano la cosa più apparentemente
assurda: comperare un campo. Anche lui è così certo che Cristo non farà mancare la Sua guida e la
Sua cura alla Chiesa che per gridarlo a tutti fa un gesto che a tanti è sembrato assurdo: mettersi da
parte per lasciare a Cristo lo spazio di provvedere alla Chiesa una nuova guida con le forze
necessarie per assolvere il compito.
Ma questo non riduce il valore del gesto alla sola Chiesa. Attraverso la cura della Chiesa, secondo il
Suo misterioso disegno, Cristo pone nel mondo un segno nel quale tutti possono vedere che non
sono da soli con la loro impotenza. Così «nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato
da questioni di grande rilevanza», che spesso provocano confusione e smarrimento, il Papa offre a
ogni uomo una roccia dove ancorare la speranza che non teme le burrasche quotidiane
permettendogli di guardare al futuro con fiducia.
L’autore è presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione


* * *


«C'è sconcerto tra i fedeli Ma il suo è un atto spirituale»
intervista ad Andrea Riccardi, a cura di Paolo Conti 
in “Corriere della Sera” del 15 febbraio 2013
Andrea Riccardi, qui la interpelliamo non certo come ministro uscente ma come storico della
Chiesa Cattolica. Le dimissioni di Benedetto XVI cambiano la storia del papato. Si è parlato
di «umanizzazione» della figura del Pontefice, addirittura di fine di un simbolo. E come si
colloca questo episodio nella storia del cattolicesimo?
«Un fatto eccezionale, perché tutti i Papi sono morti sulla cattedra di Pietro. Per Giovanni Paolo II,
la malattia e la morte hanno assunto il valore della testimonianza. Da qui lo stupore, talvolta la
sconcerto dei fedeli. Si sono chiesti: c'è qualcosa di tanto grosso che il Papa non riesce ad
affrontare? La realtà mi sembra un'altra. Papa Ratzinger ha puntato sul "governo spirituale" con il
suo insegnamento, più che sulla sua testimonianza personale. Ora sente di non avere più le forze
personali per continuare a insegnare ovunque, mentre ha già comunicato il suo messaggio. Per lui
testimonianza non è resistere malgrado la malattia, ma ritirarsi non essendo più protagonista».
Tutto questo non rischia di essere una sconfitta per la Chiesa?
«Alcuni vi vedono un segno di declino. Altri esaltano Ratzinger come il puro che si è sottratto a una
Chiesa "impura". Spesso sono gli stessi che, anni fa, lo dipingevano come un inquisitore che
l'avrebbe ridotta a un carcere. La Chiesa ha tante sfide dinanzi. Meno gravi di quelle della Seconda
guerra mondiale o del comunismo. La condizione della Chiesa è però sempre "agonica", cioè di
lotta nella storia. E' il campo del nuovo Papa, mentre ci si addentra nel secolo globalizzato, davvero
nuovo per gli uomini del Novecento.
Questo precedente vincolerà i successori, anche solo moralmente, a compiere la stessa scelta?
«La scelta di Ratzinger non è in contraddizione con la tradizione dei Papi che muoiono sul soglio
pontificio. Ma è l'eccezione di un "Papa spirituale". Bisogna andare molto indietro nel tempo, alla
rinuncia di Celestino V, morto nel 1296, che Dante giudicò frutto di viltà. In realtà la Chiesa l'ha
canonizzato come santo e Benedetto XVI ha visitato la sua tomba. Un'eccezione spirituale, non una
contraddizione. Non mi sembra anche che si inauguri l'introduzione dei limiti di età nel papato. Non
è la modernità che entra nella Chiesa. L'adeguamento alla modernità non è regola del vivere nella
Chiesa cattolica. Piaccia o non piaccia, è la realtà.
Benedetto XVI assicura che rimarrà «nascosto al mondo». Ma come vivrà la Chiesa con un ex
Pontefice in vita?
«Come prima. Joseph Ratzinger non è malato di protagonismo, come si vede con le dimissioni.
Pensa che nella Chiesa ci sia qualcuno migliore e più in forze di lui per guidarla. Non sarà un Papaombra: non è nel suo carattere rispettoso delle responsabilità altrui. Non avremo un Papa in carica
accanto a un Papa emerito».
Nella base dei fedeli c'è sconcerto e smarrimento. Basterà l'arrivo di un nuovo Pontefice a
rassicurare il cattolicesimo?
«Lo sconcerto c'è. Ci fu, per motivi diversi, anche alla morte di Wojtyla, per molti, l'unico Papa
pensabile dopo 27 anni. Fu scelto Ratzinger che gli era vicino. Non si fece un salto di generazione.
Presto invece ci sarà un Papa di un'altra generazione, che non ha conosciuto la Guerra mondiale.
Ratzinger e Wojtyla vissero il Concilio da protagonisti. Il nuovo Papa sarà un figlio del Concilio.
Un'altra storia. Tuttavia il Vaticano II resta un riferimento decisivo. Si vede ora come ci voglia
tempo per recepirlo. Il mondo è cambiato, non è più quello della guerra fredda, ma è divenuto
globale nell'economia e nei modelli antropologici e culturali».
Attuare il Concilio significa trovare nuove forme di governo?
«Giovanni Paolo II moltiplicò i viaggi e i contatti personali. Benedetto XVI, anche anziano, ha
tenuto fede all'impegno di viaggiare. Mi chiedo se il contatto "carismatico" (che Giovanni Paolo II
ha avuto con tutti) non debba diventare una forma di comunione più stretta».
Ma il Papa è «solo»? Non ha pesato la solitudine sulla scelta di Benedetto XVI?


Un uomo mai stato così grande

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Benedetto XVI°

Poche battute di un’agenzia e tutto diventa, di colpo, infinitamente piccolo: gli schiamazzi della politica-cabaret, il dito medio di un allenatore, Sanremo e lo spread. Tutto ciò per cui il mondo si dimena cercando spazio da invadere e occupare è divenuto, in un attimo, impercettibile, al cospetto di un uomo che mai è stato così grande. L’amore autentico, infatti, quando arde nel cuore, brucia tutto quello che ne è sprovvisto.
L’amore rende giustizia alla verità e smaschera la menzogna,con la forza dirompente che oggi si è abbattuta sul mondo esplodendo fulminea da poche, semplici, parole: “Per il bene della chiesa”. Oggi un uomo ha consegnato se stesso per amore dell’umanità. Oggi i nostri occhi hanno contemplato il Getsemani e il Golgota nel bel mezzo del Vaticano, e il Signore offrirsi di nuovo per ogni uomo di questa perduta generazione. Oggi Pietro, il dolce Cristo in terra, ci ha presi per mano, uno ad uno, e, pur lasciandoci sgomenti, ci ha detto la parola più forte, la più profondamente umana perché limpidamente divina: la parola della Croce, stoltezza e scandalo per l’orgoglio mondano, sapienza potente per l’umiltà di chi cerca e spera la salvezza.
Nelle sue dimissioni, infatti, sono registrate le dimissioni da padre e da madre, da figli e da figlie, da uomini e da donne, da persone uniche e irripetibili, di tutti coloro che la menzogna del demonio sta inghiottendo senza pietà in ogni angolo del mondo. Le nostre dimissioni dinanzi alle urgenti responsabilità dell’amore, quelle che nascondiamo e, orgogliosamente, non riusciamo a rassegnare, sono tutte li, sulla soglia del paradiso. Le ha consegnate il nostro Papa, nelle sue «dimissioni vicarie», con le quali di nuovo Cristo ha bussato oggi alla porta del Padre per consegnargli i limiti della forze umane, e, con essi, le debolezze, le cadute, il groviglio di dolore e morte di questa generazione, perché tutti possano essere di nuovo «assunti» alla dignità e alla santità per le quali sono stati creati. Amore per la chiesa, infatti, significa amore per ogni uomo, l’unico autentico, gratuito, disinteressato. Amore per il bene di ciascuno, senza distinzione. E non vi è che un bene, assoluto, definitivo, eterno: Cristo. È Lui il bene della Chiesa, per il quale il Papa si è dimesso. Altro non sappiamo, altro non ci interessa. Per Cristo, e perché Egli possa essere annunziato e così giungere ad ogni uomo, Benedetto XVI ha deciso di lasciare il pontificato.
“Che cos’è un uomo perché te ne curi, un figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?” recita il salmo 8. Che poi soggiunge: “eppure lo hai fatto poco meno degli angeli, di onore e di gloria lo hai coronato, tutto hai messo sotto ai suoi piedi”. Che cos’è un Papa? Che cosa siamo ciascuno di noi, che cerchiamo disperatamente di divenire i papi delle nostre famiglie, dei nostri uffici, dei nostri bar? Nulla, siamo “nulla più il peccato” diceva Santa Teresa d’Avila. E nessuno, neanche un Papa, sfugge a questa verità.
“Eppure” Benedetto XVI, proprio oggi è apparso, nella sua esile figura e nelle poche parole pronunciate, coronato di gloria e di onore; tutto, finanche il pontificato, vediamo oggi messo sotto i suoi piedi. È caduto sotto il peso della Croce, come Gesù, e ci ha dischiuso il cammino della libertà. Un uomo, infatti, è tanto più grande quanto più accoglie con amore la propria piccolezza e la consegna a Cristo. Oggi il Papa lo ha fatto, per amore nostro, spingendoci a guardare più in alto di lui, e di ciascuno di noi. Lo abbiamo riscoperto oggi contemplando il grave e difficile passo compiuto da Benedetto XVI, e non ci è sembrato mai così chiaro: nulla è più originalmente cristiano che «lasciare» tutto a Dio nella certezza che Lui fa bene ogni cosa; ora lo sappiamo, la potenza dell’amore si manifesta pienamente nella debolezza, soprattutto in quella di chi, umilmente, rassegna le dimissioni consegnando se stesso, la Chiesa e ogni uomo, all’unico Maestro, il Buon Pastore che ha dato la sua vita per le sue pecore.
E’ la grande quaresima della Chiesa, e Cristo ci chiama a conversione con le parole e il gesto del suo Vicario. Entriamo tutti con Lui nel Conclave, chiudiamo la porta in faccia ai peccati, alle idolatrie, al mondo e alle sue seduzioni. E attendiamo, fiduciosi, il soffio dello Spirito Santo che ci indichi, in un volto e una storia, il cammino autentico della Vita che non muore. Rinnovamento è, innanzi tutto, conversione, lo ha detto molte volte Benedetto XVI: “Convertirsi a Cristo significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza, esigenza del suo perdono”. Offrendo se stesso nel martirio più arduo, quello dell’umiltà, il Papa ha fatto il primo passo nella sequela della Via, della Verità e della Vita, l’atto di governo più alto e responsabile, più santo e incorruttibile. Basta parole inutili, basta ipocrisie. E’ tempo di convertirci, tutti, e prendere la vita così com’è e consegnarla a Cristo, senza riserve. Lui la rivestirà dello splendore della sua vittoria sulla morte e il peccato, rinnovando nell’amore e nello zelo la sua Chiesa.
Antonello Iapicca Pbro

San Valentino <> Amore, amore, amore, amore.


Pronto?
C’è qualcuno qui dentro?
Fammi un cenno se mi senti.
C’è qualcuno in casa?
Coraggio, dai,
Ti sento un po’ giù.
Dai che posso alleviarti il dolore
E rimetterti in piedi.
Tranquillo.
Anzitutto ho bisogno di informazioni.
Solo le cose principali.
Puoi dirmi dove ti fa male?

Non c’è dolore, ma ti stai allontanando
Come una nave distante che fuma oltre l’orizzonte .
Arrivi solo ad ondate.
Le tue labbra si muovono ma non riesco a sentire
cosa stai dicendo.
Quando ero piccolo ho avuto la febbre
E sentivo le mie mani gonfie come due palloni.
Ora provo ancora quella sensazione
Non riesco a spiegartelo, non capiresti
Non sono così.
Sono diventato piacevolmente insensibile.

O.K.
Solo una piccola puntura.
Non ci saranno più.. aaaaaaaaah!
Potresti sentire un po' di nausea.
Puoi alzarti?
Bene, penso proprio che funzioni. 
Questo ti terrà su per tutto lo show
Avanti, su, è ora di andare.

Non c’è dolore, ma ti stai allontanando
Come una nave distante che fuma oltre l’orizzonte .
Arrivi solo ad ondate.
Le tue labbra si muovono ma non riesco a sentire
cosa stai dicendo.
Da piccolo
colsi di sfuggita un bagliore
con la coda dell’occhio.
Mi girai subito per guardare ma era sparito
non riesco ad afferrarlo
il bambino è cresciuto,
Il sogno è sparito.
Sono diventato piacevolmente insensibile.



San Valentino


Traduzione:
San Valentino fu imprigionato, flagellato, lapidato e decapitato. I bigliettini non lo dicono.

* * *

Oggi, San Valentino,(*) è per tutti la festa degli innamorati, dove il santo è in realtà solo un pretesto per parlare d’altro. E la cosa è così evidente e fastidiosa da aver indotto anche tanti fedeli a ritenere Valentino un personaggio più leggendario che storico, o quantomeno un “santino”, tanto più che anche la liturgia prevede per oggi la Festa dei santi Cirillo e Metodio, che papa Giovanni Paolo II ha elevato nel 1980 a compatroni d’Europa.

Eppure Valentino fu un santo vero, un vescovo e un martire, la cui storia vale la pena conoscere, almeno per sommi capi, così che almeno una volta è la festa degli innamorati a diventare pretesto  per conoscere il santo. 

Dunque San Valentino visse a cavallo tra il II e il III secolo a Terni, allora Interamna dei Naharti, città di cui divenne vescovo intorno al 200 e di cui è ancora oggi il patrono. Di lui si sa che era un uomo colto, ma soprattutto di grande fede. E la sua fama, tra i contemporanei, si diffuse anche a motivo delle guarigioni che procurava; non a caso è il patrono, non solo degli innamorati, ma anche dei malati di epilessia. Nella sua biografia quello che colpisce è la ferma consapevolezza che la malattia è essenzialmente uno strumento per riconoscere la signorìa di Dio, per convertirsi. La conversione non è il “pagamento” per la guarigione, Valentino non “ricatta” e non battezza le persone in cambio del miracolo: a chi incontra chiede la conversione come condizione per la guarigione semplicemente perché sa che soltanto la fede guarisce e salva, come del resto Gesù dimostra tante volte nel Vangelo: “Và, la tua fede ti ha guarito”.

Lo dimostra chiaramente l’episodio della guarigione del figlio di un oratore romano, Cratone, che fu poi la causa fondamentale del suo martirio. Cratone era disperato perché suo figlio stava morendo di una malattia misteriosa, e avendo saputo del vescovo Valentino, lo fece venire a Roma. Valentino stette nella sua casa ma non fece nulla finché, dopo un lungo e acceso colloquio, non colse in Cratone quello spiraglio del cuore che si apriva alla fede. Solo allora la guarigione fu possibile: Cratone si convertì con tutta la sua famiglia e, nel vedere quanto accadde, si convertirono anche tre amici ateniesi del giovane – Procolo, Efebo e Apollonio - venuti a Roma per studiare latino da Cratone. La fama di Valentino si diffuse in Roma e l’improvviso “movimento” in città provocò l’arresto di Valentino – tanto più che tra i convertiti figurava il figlio del prefetto di Roma – che una prima volta fu flagellato. Poi, sotto Aureliano, e per decisione del prefetto Furio Placido, per evitare sommosse popolari fu prelevato dai soldati nottetempo e, trasportato fuori Roma, sulla via Flaminia (che collega Roma a Terni) fu decapitato. Era il 14 febbraio 273.

I tre giovani greci che erano nella casa di Cratone presero il suo corpo e lo trasportarono a Terni, tumulandolo in una zona cimiteriale all’esterno della città, dove sorge tutt’oggi la basilica dedicata al Santo e in cui sono conservati i suoi resti (i tre furono poi martirizzati proprio per aver trafugato le sue spoglie).

Il culto di San Valentino si diffuse abbastanza rapidamente, ma proprio per le sue virtù taumaturgiche, e non solo. Ne è prova l’incontro tra re Liutprando e papa Zaccaria nel 742, nel quale il sovrano Longobardo cede alcune città dell’Umbria e del Lazio al Papa, episodio che viene solitamente indicato come l’inizio dello Stato Pontificio. Il Papa uscì da Roma incontro a Liutprando che stava conducendo una vittoriosa campagna militare in Italia, che minacciava anche il Papato. Essendo il re longobardo a Spoleto, volle aspettare il Papa a Terni, proprio davanti alla basilica di San Valentino, sia per le virtù taumaturgiche che venivano riconosciute al santo sia perché già dalle origini veniva invocato come Custode dei Patti. Narrano le cronache che “Dopo essersi assisi ambedue nella chiesa del Beato Valentino.....colpito dalle sante parole persuasive di costui [papa Zaccaria] il re longobardo restituì al pontefice le città che aveva tolto ai Romani”.

E la questione dell’amore? Secondo la tradizione fu papa Gelasio I, alla fine del V secolo, a “promuovere” San Valentino patrono degli innamorati per sostituire le antiche feste pagane dedicate a Luperco, dio della fecondità, che si svolgevano con riti “orridi e licenziosi”. Proprio la fama di Custode dei Patti rese facile l’associazione con la protezione del matrimonio. Da questo nacquero diverse leggende sui suoi miracoli legati agli innamorati, ma a Terni è ancora conservato il sarcofago di Serapia e Sabino, due giovani che il Santo unì nell’eternità.

Ad ogni modo la ricorrenza del 14 febbraio fu uno dei tanti casi di cristianizzazione delle feste pagane, esattamente il contrario di quanto stiamo vivendo ai nostri giorni, in cui assistiamo invece alla ripaganizzazione delle feste cristiane. Lamentarsi ora contro l’industria dei dolci e del consumismo imperante non serve, l’unica cosa che può cambiare il corso della storia – personale e del mondo - è la nostra conversione. Come insegnava appunto San Valentino. (R. Cascioli)

* * *

(*): Su san Valentino vedi anche il post dal titolo: "L'amore al tempo dei baci perugina", pubblicato il 14 febbraio 2011.