State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...

State buoni , Se potete - San Filippo Neri ...
State buoni , Se potete - San Filippo Neri ... Tutto il resto è vanità. "VANITA' DELLE VANITA '> Branduardi nel fim - interpreta Spiridione. (State buoni se potete è un film italiano del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli e Philippe Leroy).

giovedì 30 ottobre 2014

Due lupi la leggenda CHEROKEE

Un vecchio indiano Cherokee è seduto di fronte al tramonto con suo nipote quando all'improvviso il bambino rompe l'incanto di questa contemplazione e rivolge al nonno una domanda molto seria per la sua età.
" Nonno, perchè gli uomini combattono?"

Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
"Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perchè lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi".
"Quali lupi, nonno?"
" Quelli che ogni uomo porta dentro di sè."
Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse pre accendere la sua curiosità. Infine, il vecchio che aveva dentro di sè la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo.
"Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo."
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
" E l'altro? "
" L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede."
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
" E quale lupo vince?"
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con i suoi occhi puliti.
"Quello che nutri di più."

martedì 28 ottobre 2014

Ma che fatica! Per il resto, diciamocelo: è una gran fatica! (a cui non possiamo sottrarci…)

L’ira di Dio

DI ANDREA TORQUATO GIOVANOLI

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di Andrea Torquato Giovanoli
Nella lista delle priorità della linea pedagogica vigente nella nostra famiglia, ai primissimi posti c’é senz’altro l’obbedienza.
Infatti, non potendo fidarci solo di noi stessi nell’improvvisarci quotidianamente genitori (poiché genitori si é, ma non si sa essere, perciò necessariamente ci s’improvvisa giorno per giorno, con le migliori intenzioni, ma anche consapevoli della propria ontologica inadeguatezza), mia moglie ed io cerchiamo di rifarci a quell’antico (e sempre nuovo) Manuale che, essendo stato scritto per conto dell’Unico Genitore, solo e davvero insegna come si possa e si debba vivere la propria paternità e maternità.
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commenti to “L’ira di Dio”

LeggiAmo...
 Bariom
@Andrea grazie…
Ho qualche anno più di te e figli di cui due ormai maggiorenni, potrei dirti “ci sono passato” e per il resto condivido in toto e ugualmente alla tua condotta mi sono applicato.
Vero è anche che con il crescere i figli si fan sempre più “persone” (non che da piccoli non lo siano) e l’obbedienza cambia di forma e forse di sostanza.
Così si fa più scelta personale, più un riconoscere l’autorità e l’autorevolezza piuttosto che “subirla” o accettarla perché così è. E mentre per i piccoli quando questo non avviene, lo si accantona come “capriccio”, come fanciullesca “intolleranza” che può facilmente rientrare alla prossima occasione o quando, come spesso accade, delle loro piccole disobbedienze subito pagano il fio (“non toccare scotta”… ma loro “toccano”!), quando sono “grandi”, la loro disobbedienza, la loro “non sottomissione”, che spesso si vive o diventa anche “mancanza di rispetto”, fa ancora più male, ferisce e ahimè, porta anche all’ira che tu descrivi e in cui mi riconosco… peccato di per sé l’ira. Non certo quella di Dio, ma l’umana nostra che si muove nell’istinto malato dell’orgoglio del proprio io.
I figli poi, come giusto che sia, non sono “fatti con lo stampino”, non sono tutti uguali e seppure a noi pare (non è detto sia del tutto vero) di aver tutti loro trattato allo stesso modo, amando nessuno di meno, con i limiti contingenti di fatti e momenti, ma nessuno di meno, non reagiscono allo stesso modo mai e ciò che per l’uno è giusta richiesta o giusto ammonimento, per l’altro è insopportabile pretesa…
Così s’aggiunge la sfida dell’equilibrio, della “giusta legge” che come tale è uguale per tutti e della sua applicazione, che in una famiglia poi, dove nulla resta nascosto, non tutti vedono “giusta” cadendo nell’inganno vi siano preferenze e quindi “ingiustizie”.
E’ si un “mestiere” quello del Genitore che non si insegna, forse si impara strada facendo… non sempre e ripagato per la vita spesa, ma neppure lo si fa per esser ripagati.
Lo si fa (bene o male, come si riesce), spinti dall’amore paterno e materno, sulla base anche di quanto come figli abbiamo ricevuto… lo si fa come dici, guardando la Padre, ricordandoci e richiamandoci di quanto ci ha amati con infinita Misericordia, quella Misericordia che in noi si fa Riconoscenza, quella Riconoscenza che si fa Amore, quell’Amore che si fa Rispetto. Rispetto a Amore anche per l’Autorità che sempre si va confermando nel nostro cammino di Genitori e Uomini perché confermata dalla Verità…
Per il resto, diciamocelo: è una gran fatica! (a cui non possiamo sottrarci…) ;-)
E se qualche figlio/a si trovasse a leggere:
Siracide 3
1 Figli, ascoltatemi, sono vostro padre;
agite in modo da essere salvati.
2 Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli,
ha stabilito il diritto della madre sulla prole.
3 Chi onora il padre espia i peccati;
4 chi riverisce la madre è come chi accumula tesori.
5 Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli
e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
6 Chi riverisce il padre vivrà a lungo;
chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre.
7 Chi teme il Signore rispetta il padre
e serve come padroni i genitori.
8 Onora tuo padre a fatti e a parole,
perché scenda su di te la sua benedizione.
9 La benedizione del padre consolida le case dei figli,
la maledizione della madre ne scalza le fondamenta.
10 Non vantarti del disonore di tuo padre,
perché il disonore del padre non è gloria per te;
11 la gloria di un uomo dipende dall’onore del padre,
vergogna per i figli è una madre nel disonore.
12 Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,
non contristarlo durante la sua vita.
13 Anche se perdesse il senno, compatiscilo
e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore.
14 Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata,
ti sarà computata a sconto dei peccati.
15 Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te;
come fa il calore sulla brina, si scioglieranno i tuoi peccati.
16 Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore,
chi insulta la madre è maledetto dal Signore.
………………………………………….
Allo stesso tempo:
Efesini 6,4
E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore.

sabato 25 ottobre 2014

Tanti Auguri a Te Giulia...Buon Compleanno... GIULIA


E crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose.

Non è quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi…la felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente,...non è quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari...la felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose......e impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.E impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami..E impari che c'è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.E impari che nonostante le tue difese,nonostante il tuo volere o il tuo destino,in ogni gabbiano che vola c'è nel cuore un piccolo-grandeJonathan Livingston.E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
- Fabio Volo - da "Il Volo del Mattino"




Tanti Auguri a Te Giulia! - WiiMusic



Non è un consiglio...ma un dono piccolo piccolo!
Nella vita "Obbedire e meglio"
Obbedire è meglio, Le regole della Compagnia dell’agnello (Sonzogno).


GiuM@ ...papà




           Ed Sheeran - I See Fire (Music Video)

venerdì 24 ottobre 2014

Northern Star: A treasure
















Un tesoro: 
  Quando qualcuno che ami diventa un ricordo, 
  la memoria è un tesoro...
Northern Star: A treasure:
 When someone you love becomes a memory,
 the memory becomes a treasure. 


A memory stolen to a young child

who will never know what he ...

giovedì 23 ottobre 2014

"È possibile amare per sempre un principe in pantofole e una principessa struccata?"

Pari e dispari

DI COSTANZA MIRIANO
funzione_dispari
“Il mondo ha le sue catechesi, che sono più potenti di quelle della Chiesa” e passano attraverso tanti canali che ci raccontano di un amore romantico, di una simbiosi di coppie perfette… “Ma è possibile amare per sempre un principe in pantofole e una principessa struccata?”, ha dichiarato Costanza Miriano durante l’incontro di martedì sera su “La speranza della famiglia. Il Sinodo e dopo, tenutosi all’Università Europea di Roma. A margine dell’incontro, la giornalista e scrittrice ha risposto ad alcune domande di ZENIT in merito all’esito dell’assemblea sinodale – da lei seguita come giornalista per Rai Vaticano – e, in generale, alle problematiche odierne della famiglia.
Come ha vissuto queste settimane di Sinodo da giornalista e da madre di famiglia?
Non dovendo rendere conto del Sinodo quotidianamente, sono contenta di essere rimasta fuori dai meccanismi giornalistici, che purtroppo hanno bisogno di notizie, di esasperare le divisioni, di vedere trame e collegamenti, anche dove non ci sono. Io, in realtà, più ancora che da madre, ho vissuto il Sinodo da fedele, fiduciosa della sapienza dei pastori nella Chiesa. Nonostante alcune perplessità per le cose che ho sentito, faccio sempre lo sforzo di ricordare che comunque loro sono i pastori e sono parte del gregge. Se dovessi fare la vaticanista sarebbe difficile mantenere questo atteggiamento: io, invece, a Rai Vaticano, mi occupo degli speciali, delle cose non legate all’attualità, quindi ho potuto mantenere questo sguardo da fedele. Sono certa che la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e che non si perderà.
Ci sono tematiche che, secondo lei, avrebbero potuto essere sviscerate più a fondo?
Da madre, se dovessi fare una piccola notazione, ho rilevato come si sia parlato poco dei bambini, non solo dal punto di vista dei divorziati e risposati, ma anche in generale; anche nel discorso sulle coppie omosessuali, credo che bisogna capovolgere la questione dal punto di vista dei più deboli, come farebbe Gesù. Anche rispetto al tema dell’aborto, a volte noi, nella Chiesa, ci dimentichiamo di partire dai più deboli, dai bambini prima della nascita, non solo quelli malati e disabili, ma tutti i bambini. Da madre, mi aspetto che quest’anno il tema dell’infanzia sia portato di più alla luce, senza retorica, senza ‘poveri bimbi’, ma con la consapevolezza che loro sono il futuro della Chiesa e del mondo: se fossi un capo di Stato investirei prima di tutto nella scuola, nella formazione.
Per quanto riguarda invece la famiglia, penso che oggi un’assemblea straordinaria sulla famiglia debba partire non tanto dai casi limite come quelli dei pochissimi divorziati risposati, che hanno un cammino di fede molto profondo e molti di loro (ma non tutti) soffrono per l’assenza della comunione. Mi sembra che il tema grosso della famiglia oggi sia invece il significato vero dell’amore, opposto a quello che dà il mondo di utilità: l’amore cristiano è un amore fondato sul rapporto con Cristo, che ha pochissimo di emotivo e non sempre è gratificante. Quindi mi sembra che un discorso utile alle famiglie che rimangono fedeli alla loro fatica quotidiana sia dire: “guarda che questa fatica non è segno che è tutto sbagliato, ma è proprio la pasta, la materia di cui è fatta la vita quotidiana, dell’amore e della famiglia”; “siamo con te in questa fatica, ti aiutiamo a portare un peso per un pezzo di strada”. Penso che i cristiani e i pastori debbano farsi fratelli di chi fa questa fatica dicendo che è una fatica buona e non un errore, una fatica che salva e non un contrattempo. La fatica la fanno tutti, la famiglia del Mulino Bianco, dove le cose funzionano da sole, non esiste.
Il messaggio dei media sulle spaccature e i contrasti tra i Padri Sinodali corrisponde alla realtà dei fatti?
Io penso che i Padri Sinodali siano anche uomini, quindi sicuramente, a volte, vi sarà stata tra di loro la tentazione di alimentare rivalità. Tuttavia penso che, come hanno detto in molti e come già è avvenuto per il Concilio Vaticano II, c’è stato quello che è successo veramente e quello che è stato raccontato, cioè il concilio mediatico, il Concilio di carta: i giornalisti fanno il loro lavoro, però noi dobbiamo essere fiduciosi, aspettare e sapere che l’ultima parola verrà dal Papa che è il nostro pastore. Ho fatto un po’ di digiuno mediatico, non ho letto tanto, non ho ‘sficcanasato’ nei siti in questi giorni… Mi dà fastidio quando si parla di progressisti, di quelli che fanno proposte in avanti, di cordate, di gesuiti da una parte e altri dall’altra. Insomma, non mi piace e penso che non faccia bene alla Chiesa.
Si parla molto dell’olio della misericordia sulle ferite dei malati, della Chiesa come “ospedale da campo”: qual è la sua esperienza di misericordia in famiglia?
Penso che l’amore assomigli moltissimo alla misericordia, al perdonarsi reciprocamente le proprie imperfezioni: intanto uno è maschio e l’altra è femmina, e c’è una profonda differenza e non sovrapponibilità tra maschi e femmine, che la cultura del gender vuole eliminare, ma che invece è una differenza fortissima. Capire, per esempio, che la donna ha bisogno di ascolto mentre l’uomo viene gravato dal suo eccesso di comunicazione (l’uomo ci deve perdonare per non essere capaci di tacere!). Amare una persona e una creatura significa perdonarla mille volte per essere così limitata, così fallace… L’amore rimanda a Cenerentola, alla zucca e al bacio finale: credo, invece, che l’amore tra marito e moglie assomigli alla misericordia, a guardare con un sorriso alle miserie dell’altro, e anche alle nostre ovviamente, che sono diverse ma dello stesso peso.
Allontanandoci dal tema del Sinodo, sappiamo che a Roma, nei giorni scorsi, vi è stata la trascrizione nei registri comunali di unioni omosessuali…
Lo ritengo uno strappo contro la legge ma penso anche che sia necessario ripartire dai diritti dei bambini, perché tutti si riempiono la bocca con la parola ‘diritti civili’ ma credo che gli omosessuali siano già titolari di tutti questi diritti che nessun diritto, giustamente, sia loro negato. Quello che deve essere negato è la possibilità di adottare bambini o addirittura di comprarli con uteri in affitto: questo non è assolutamente un diritto civile perché va contro il diritto dei bambini ad avere un padre maschio e una madre femmina. Qui c’è da dare battaglia fino al costo della vita stessa, ma non sarà necessario, spero che vinca il buon senso.
Sentendo parlare di quote rosa, di incentivi alle donne (ora le aziende sono disposte a pagare loro le spese per congelare gli ovuli per fare carriera), lei dice che occorre invece essere per le “dispari opportunità”…
Penso che il mondo del lavoro abbia delle regole di funzionamento a parte, totalmente maschili, e che noi donne, nonostante tanto femminismo, abbiamo lottato per entrare in questo mondo del lavoro, dove soffriamo tantissimo perché, se vogliamo riuscire nel lavoro dobbiamo ‘amputare’ la nostra vita personale o, in alternativa, far soffrire le persone che ci sono affidate; se invece vogliamo investire sulle persone care, dobbiamo rinunciare al lavoro (al quale personalmente io rinuncerei pure, ma non sempre è possibile farlo, anzi, quasi mai). Dovremmo combattere perché il mondo del lavoro sia a misura di madre e di donna (comunque anche le non madri sono sempre madri di qualcuno di cui si fanno carico, perché è scritto così nel cuore della donna). Come sempre, le battaglie femministe partono da un’esigenza giusta ma poi adottano le logiche maschili e sbagliano obiettivo, quindi mi piacerebbe ricercare le “dispari opportunità” e adottare discriminazioni che siano a nostro favore.
fonte: Zenit

Scrittura creativa: ci siamo ricordati di mangiare...

penna e blog-notes:


Pegaso - Jan Boeckhorst
penna e blog-notes: Scrittura creativa: ci siamo ricordati di mangiare...:

 Pegaso - Jan Boeckhorst Quando scriviamo, attingiamo a tutte le nostre abilità e motivazioni, ma spesso proviamo il terribile impulso...

mercoledì 22 ottobre 2014

L’ex presidente dei vescovi italiani, Camillo Ruini, parla di Chiesa, gay e divorziati.

RUINI: IO DICO NO ALLE UNIONI CIVILI

L’ex presidente dei vescovi italiani, Camillo Ruini, parla di Chiesa, gay e divorziati: 

«Questa ondata libertaria potrebbe defluire»
Eminenza, dal Sinodo esce una Chiesa divisa. Si è votato, le posizioni sostenute dal Papa hanno prevalso, ma di misura. Che impressione ne ha tratto?
«Quella che papa Francesco ha espresso nel discorso conclusivo: non una Chiesa divisa, ma una Chiesa con posizioni differenti. Una Chiesa che è comunione: l’unico corpo di Cristo, in cui siamo membri gli uni degli altri. Mi pare un po’ forzato dire che certe posizioni erano sostenute dal Papa piuttosto che certe altre. Lui stesso ha voluto che ci fosse piena libertà di parola. Ed è anche molto arrischiato parlare di maggioranze e minoranze».
Però si sono coagulati elementi di dissenso e di malumore verso Francesco. È normale? O ne possono derivare conseguenze negative?
«Questi elementi ci possono essere, non è certo la prima volta. Accadde anche al Concilio. Conseguenze negative si possono verificare se qualcuno dimentica che il Papa è il capo e il fondamento visibile dell’unità della Chiesa».
Francesco ha criticato «gli zelanti, gli scrupolosi, i premurosi, i cosiddetti tradizionalisti, gli intellettualisti». A chi si riferiva?
«Ma ha criticato anche i buonisti, chi vorrebbe scendere dalla croce o truccare il depositum fidei per accontentare la gente. Collocare il Papa da una parte contro l’altra è fare il contrario di quanto il Papa stesso ci domanda».
Nell’intervista con Ferruccio de Bortoli, Francesco ha detto di non riconoscersi nella formula dei valori non negoziabili. Ma quella formula è stata centrale negli ultimi anni per il Vaticano, e anche per la Cei.
«La formula risale a una nota del novembre 2002 della congregazione per la dottrina della fede, guidata allora dal cardinale Ratzinger, che l’ha usata talvolta anche da Papa. L’espressione riguardava l’impegno dei cattolici nella vita politica e il senso era precisato nella nota stessa: serviva a distinguere le esigenze etiche irrinunciabili dalle questioni su cui è legittima per i cattolici una pluralità di orientamenti. Io stesso usai quella formula. Ma non amo fare questioni di parole e non ho difficoltà a rinunciare a un’espressione che in effetti è stata spesso equivocata; come se privasse i cattolici impegnati in politica della loro libertà e responsabilità, mentre si limita a richiamarli alla coerenza, affidando questa richiesta di coerenza alla libertà di ciascuno».
È vero che un gruppo di cardinali durante il Sinodo è andato da Ratzinger per chiedere un suo intervento, ricevendone un rifiuto?
«Non ne ho mai sentito parlare. Sarei un po’ sorpreso se si fosse verificato, senza che prima o poi qualche voce mi giungesse alle orecchie».
Qual è oggi il ruolo del Papa emerito? Le capita di parlargli? 
«Sono stato a trovarlo due volte, l’ultima nel settembre scorso. Abbiamo parlato soprattutto di teologia. Il suo ruolo l’ha precisato lui stesso: non esercita alcuna funzione di governo; sostiene la Chiesa dal di dentro, con la preghiera e con la forza del suo pensiero teologico».
È davvero impossibile dare la comunione a un divorziato senza violare l’indissolubilità del matrimonio?
«Se il matrimonio rimane indissolubile, e quindi continua a esistere, contrarre un nuovo matrimonio sarebbe un caso di bigamia; e avere rapporti sessuali con altre persone sarebbe un adulterio. Non si può pretendere che il matrimonio sia indissolubile e che ci si possa comportare come se non lo fosse».
Regola immutata, prassi più elastica: sarà questo il compromesso finale?
«È probabile. Nella messa di ieri si cita un salmo che dice: “Verità e misericordia si sono baciate”. Questa idea è già nell’Antico Testamento, è nel mistero di Dio. Realizzarla nel mondo creato può essere faticoso. Ma abbiamo un anno di tempo per trovare la strada giusta».
Lei ha parlato di diritto divino. Il Papa vi ha invitati a farsi sorprendere da Dio.
«Io penso così, e devo dire quello che penso. Anche il Papa ha riaffermato l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà, la procreatività del matrimonio, in termini molto netti».
Sta dicendo che Francesco ha cambiato linguaggio e temi, puntando sul sociale, ma non la dottrina?
«Ogni Papa ha la sua sensibilità. Wojtyla era un polacco che si era temprato nella battaglia contro il comunismo, e per questo passò per un Papa conservatore: in realtà definiva il Concilio “la più grande grazia del XX secolo”. Ratzinger è un grande teologo tedesco. Francesco è il primo Papa latinoamericano, e ha una sensibilità diversa».
La valutazione corrente è che la Chiesa sia passata dal conservatorismo al progressismo. È sbagliato?
«L’ottica non è appropriata, ma se si vogliono usare categorie mondane si può dire anche questo. E può accadere che noi uomini di Chiesa diamo a questo linguaggio improprio qualche pretesto. Rimane il fatto che la Chiesa è una cosa diversa. È una comunione».
Esiste oggi un’opposizione nella Chiesa? Con un suo capo?
«Non c’è un’opposizione, e tanto meno un capo dell’opposizione. Non riesco a immaginare a chi si possa aver pensato per un ruolo di questo genere: nessuno ne ha la velleità».
Ha letto il libro di Antonio Socci, «Non è Francesco»?
«Non l’ho letto. Se vuole sapere cosa penso della tesi secondo cui il Papa sarebbe stato eletto invalidamente, le dico subito che la considero totalmente infondata e abbastanza ridicola. Non ho mai sentito un solo cardinale che abbia partecipato al conclave dire qualcosa che in qualche maniera le assomigliasse».
Non trova che nell’editoria laica sia partito un «attacco da destra», che dà voce a una parte del mondo cattolico che non si riconosce in questo papato?
«Un piccolo attacco di questo genere purtroppo esiste; forse anche per reazione alla tendenza di altri editori laici ad appropriarsi di papa Francesco, per trasformarlo in un sostenitore delle tesi contrarie al cattolicesimo. Le due cose si rimpallano; ma la potenza mediatica di questo secondo atteggiamento è molto più forte. Gli uni hanno i fucili ad avancarica, gli altri hanno l’aviazione».
Simboli, vestiario, stile: l’hanno colpita le scelte di Francesco? Compresa quella di non vivere nell’Appartamento?
«Mi hanno colpito molto, ma in maniera decisamente favorevole. Credo siano state una vera benedizione per la Chiesa: hanno contribuito a farle superare un momento difficile. In particolare, il Papa sta a Santa Marta non per motivi “ideologici”, ma perché si trova meglio a contatto costante con la gente, come ha detto lui stesso».
Lei è d’accordo con il cardinale Scola, quando dice che la Chiesa è in ritardo sull’omosessualità?
«La questione del ritardo o dell’anticipo dipende dalla direzione di marcia in cui si va. Quando da giovane sacerdote venivano a parlarmi e talora a confessarsi vari omosessuali, dicevano di trovare nella Chiesa un ambiente rispettoso e comprensivo. Di alcuni divenni amico. Adesso la Chiesa è considerata in ritardo perché continua a ritenere l’omosessualità non conforme alla realtà del nostro essere, che è articolata in due sessi dal punto di vista organico, psicologico e più in generale antropologico. Sarà il tempo a dire se, sostenendo questo, la Chiesa è in ritardo o in anticipo rispetto all’opinione prevalente».
In Italia pare vicina l’intesa sulle unioni civili, con il consenso di Berlusconi. È un errore?
«Su questo punto mi sono espresso al tempo dei Dico, e non ho cambiato parere. È giusto tutelare i diritti di tutti; ma i veri diritti, non i diritti immaginari. Se c’è qualche diritto attualmente non tutelato che è giusto tutelare, e ne dubito, per farlo non c’è bisogno di riconoscere le coppie come tali; basta affermare i diritti dei singoli. Mi pare l’unico modo per non imboccare la strada che porta al matrimonio tra coppie dello stesso sesso».
Ma in Italia si parla di unioni civili, non di matrimonio.
«Se il contenuto è molto simile, serve poco cambiare il nome del contenitore».
Cosa pensa di Marino che a Roma registra le nozze gay?
«Un sindaco ha il diritto di sostenere le proprie posizioni, ma non può per questo violare le leggi dello Stato».
Ci sarà anche in Italia un movimento di protesta?
«Nessuno può escluderlo. In Francia il movimento “Manif pour tous” non è certo stato organizzato dalla Chiesa: è una forza grande e variopinta, che ha indotto il governo a essere più prudente».
Sta dicendo che l’ondata libertaria può defluire?
«Negli Anni 70 anche molti non marxisti erano convinti che il marxismo fosse un orizzonte insuperabile per la cultura e la storia. Ma poi il marxismo si è dissolto e sono subentrate prospettive diverse. Allora mi occupavo di giovani: nel giro di pochi anni è cambiato tutto; Marx non interessava più. Non so dire se accadrà qualcosa di analogo con l’attuale tendenza libertaria; ma non lo escludo».
Leggi tutta la notizia su 

martedì 21 ottobre 2014

Le porte della Terra di Mezzo: Creazione di Adamo



Le porte della Terra di Mezzo: Creazione di Adamo:

   Dio creò Adamo prima di Eva perché non voleva essere assillato dai consigli mentre faceva l’uomo.  

Ci sono le Donne da "Donne al quadrato" di Antonia Storace e poesie di Alda Merini




Ci sono le Donne - di Antonia Storace e

  poesie di Alda Merini

Ci sono le Donne. E poi ci sono le Donne Donne. E quelle non devi provare a capirle, sarebbe una battaglia persa in partenza. Le devi prendere e basta. 
Devi prenderle e baciarle, e non dare loro il tempo di pensare. 
Devi spazzare via, con un abbraccio che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto, a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo avertele raccontate, si tormenteranno - in un’agonia lenta e silenziosa - al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo, vedranno le tue spalle voltarsi ed tuoi passi allontanarsi. 
Perciò prendile e amale. 
Amale vestite, che a spogliarsi son brave tutte. 
Amale indifese e senza trucco, perché non sai quanto gli occhi di una donna possano trovare scudo dietro un velo di mascara. 
Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia. 
Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a sé stesse. 
Ma, appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.


da"Donne al quadrato" 
NB:
Fabio Volo legge Antonia Storace
Fabio Volo legge la poesia "Donne al quadrato" di Antonia Storace.

poesia erroneamente attribuita dal web ad Alda Merini.

                               @@@@@




>>> Le mie impronte digitali

lunedì 20 ottobre 2014

Sinodo. Le domande senza risposte

Sinodo <br>

Appunti per vivere bene il prossimo anno
di Riccardo Cascioli

Ci sono alcune cose che alla fine del Sinodo meritano di essere puntualizzate, tenendo anche conto che da qui a un anno i temi che hanno tenuto banco saranno continuamente ripresi e approfonditi.
La prima, decisiva questione riguarda ciò che papa Francesco ha detto nel discorso fuori programma che ha pronunciato a fine Sinodo, vale a dire il richiamo al ruolo del Papa e l’obbedienza che tutti gli devono. Con il Papa, con tutti i Papi, ci si può trovare più o meno in sintonia, si può restare perplessi davanti a certe scelte o modi di comunicare, si possono legittimamente criticare anche alcune scelte pastorali; ma non bisogna mai dimenticare che è solo intorno al Papa che si fa l’unità della Chiesa. E il tutto nasce dalla consapevolezza che a guidare la Chiesa è Cristo, non gli uomini e nemmeno il Papa, anche se questi ha una enorme responsabilità. Può sembrare banale ricordarlo, ma senza questa consapevolezza si riduce la Chiesa a un partito, e il Sinodo diventa l’equivalente di un Congresso. È un po’ l’immagine, purtroppo, che è passata guardando i resoconti di tv e giornali (non solo e non principalmente per colpa dei giornalisti). In ogni caso, non esiste Chiesa cattolica senza il Papa. Al di fuori di questa oggettività, l’unica strada è quella della protestantizzazione.
Venendo più direttamente alle conclusioni del Sinodo, si rimane stupiti dai resoconti di molti giornali di ieri: malgrado l’obiettiva, evidente, sconfessione della linea Kasper da parte dell’assemblea sinodale, sulla stampa si è messo in rilievo che comunque la maggioranza dei vescovi ha votato a favore dell’apertura a divorziati risposati e omosessuali. Non è esattamente così, tanto che giustamente qualcuno si è mostrato sorpreso per l’alto numero di “non placet” ai paragrafi contestati che – rispetto alla relazione Erdö di lunedì scorso – erano stati riscritti in modo da non discostarsi dal Catechismo. Il fatto è che le formulazioni – ci torneremo ancora nei prossimi giorni – restano ambigue, tanto da poter essere tirate da una parte e dall’altra, soprattutto dopo il duro scontro dei giorni precedenti. Cosa che ha consigliato molti vescovi a bocciare anche questa versione. 
Il “no” di tanti vescovi è anche la protesta per una “regia” del Sinodo decisamente manipolatrice. Sostenere che tutto si è svolto in modo regolare e trasparente va contro ogni logica e buon senso. La Relatio post disceptationem, letta lunedì scorso dal cardinale Erdö è stata duramente contestata nelle parti riguardanti le situazioni irregolari e l’omosessualità: fosse stato un fedele resoconto del dibattito in aula, non sarebbe stata bocciata sonoramente dai circoli minori che hanno presentato quasi 500 emendamenti, che andavano dalla proposta di specifiche modifiche fino alla richiesta di riscrittura totale del testo. E giovedì in aula c’è stata una sollevazione quando la segreteria del Sinodo ha proposto di non pubblicare le relazioni dei circoli minori: qualche cardinale ha detto espressamente che non ci si poteva più fidare della “regia” del Sinodo.

Abbiamo detto Relazione Erdö, ma in realtà dovremmo chiamarla Relazione Forte, visto che subito lo stesso Erdö e poi sabato il cardinale brasiliano Damasceno Assis hanno chiaramente indicato nel vescovo Bruno Forte l’estensore del testo. Non da solo, ovviamente; non avrebbe potuto farlo. Il vaticanista Sandro Magister ha individuato in padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, un altro “scrittore”, soprattutto per quel che riguarda gli argomenti più controversi. Ma è certo che per un’operazione del genere deve essere stata coinvolta l’intera segreteria del Sinodo. Le reazioni di alcuni cardinali e le parole che si trovano nelle relazioni di diversi circoli minori, fanno capire che ci troviamo davanti a una vicenda inconcepibile. Di cui vogliamo sperare che qualcuno sia chiamato a rispondere.
Legato a questo c’è un terzo aspetto, quello della comunicazione. È vero che la stragrande maggioranza della stampa si preoccupa di portare l’acqua al proprio mulino, che non è certo Chiesa-friendly, ma nell’occasione gli è stata data in mano la pistola già carica per colpire. La Relazione Erdö ha indirizzato con precisione i media internazionali nella lettura del Sinodo, dando chiaramente l’idea che la Chiesa stava cambiando la sua dottrina in fatto di sessualità, che finalmente la Chiesa si arrendeva alla mentalità del mondo.

È ciò che ha anche mandato in confusione tanti fedeli cattolici nel mondo: non perché abbiano paura delle novità e non sappiano aprirsi alle sorprese di Dio, ma perché hanno avuto la sensazione che ciò che era vero e giusto fino a ieri, oggi sembra sbagliato, addirittura un peccato, e viceversa. Nessuno ha mai messo in discussione la necessità di accogliere tutte le persone, anche quelle con tendenze omosessuali, ma leggere che una tendenza fino a ieri “oggettivamente disordinata” si è improvvisamente trasformata in un bene per la Chiesa è un’altra cosa.
Viviamo nell’era della comunicazione, e tutti sappiamo come il circuito mediatico funziona; non si può fare finta di essere ingenui su questo. Chi ha delle responsabilità nella Chiesa non può non porsi il problema di come certe espressioni verranno usate dai media, di come saranno percepite dal popolo. Se un “documento di lavoro” viene trasformato in un “Manifesto per una Chiesa nuova”, c’è forte la responsabilità di chi dà queste cose in pasto alla stampa. 

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Tagle: «La questione dei divorziati risposati rimane aperta»

Intervista con l'arcivescovo di Manila: «Il tema è presente nel testo finale. E il Sinodo non è una battaglia. Nelle Filippine abbiamo il "divorzio" dei per amore delle persone che emigrano»
ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO




«La questione della pastorale verso le persone divorziate risposate e l'approfondimento sulla possibilità di ammetterli ai sacramenti» rimane «aperta», perché è citata nel testo finale sottoposto al voto del Sinodo che è stato reso pubblico. Lo afferma in questo colloquio con La Stampa e Vatican Insider il cardinale Luis Antonio Tagle, 57 anni, arcivescovo di Manila, uno dei presidenti delegati dell'assemblea sulla famiglia che si è chiusa sabato scorso. Il porporato filippino, una delle figure più significative della Chiesa asiatica, ha anche negato che il mancato raggiungimento del quorum dei due terzi su alcuni punti possa essere letto come una «sconfitta» di Papa Francesco.
Alcuni giornali, in particolare del mondo anglosassone, dopo il voto di sabato sul documento finale del Sinodo hanno parlato di Chiesa spaccata e di Papa «sconfitto». È così?
«Non è vero, secondo me non è stata affatto una sconfitta. Non credo proprio che si possa definire così quanto accaduto con la votazione sulla "relatio Synodi". In un processo sinodale gli elementi più importanti sono l'ascolto e la libertà di esprimere le diverse opinioni sulle situazioni che si presentano. Il Sinodo non è una battaglia né il frutto di una strategia. Forse per qualcuno magari potrà anche esserlo stato, ma questa non è la prospettiva del Sinodo».
Questioni come la possibile ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, che hanno ottenuto la maggioranza assoluta ma non il quorum dei due terzi, restano ancora aperte secondo lei?
«Sì, certo che restano aperte. Questo Sinodo straordinario era solo una tappa del cammino. La questione della pastorale verso le persone divorziate risposate e l'approfondimento sulla possibilità di ammetterli ai sacramenti, in certi casi, in certe situazioni e a determinate condizioni, è stata riportata chiaramente nel testo finale. È stato reso pubblico il numero dei voti che quel paragrafo ha ottenuto, la maggioranza assoluta, e - come ha detto il Papa - farà parte del testo che sarà inviato alle conferenze episcopali».
Qual è stato lo scopo di queste due settimane di lavoro?
«Sono servite a far emergere lo stato delle cose e i problemi esistenti. Io, che ero un presidente delegato dell'assemblea, già al secondo giorno di lavori mi sono trasformato in un alunno! Abbiamo ascoltato le sfide pastorali che toccano altri Paesi e altri continenti, ad esempio l'Africa e umilmente devo ammettere: non capisco tutto, devo ascoltare e imparare...».
Il Papa nel suo discorso finale di sabato, molto applaudito in aula, ha parlato di varie «tentazioni», da quella «dell'irrigidimento ostile» di chi si vuol chiudere dentro la legge, a quella del «buonismo distruttivo». Che cosa ha prevalso?
«Secondo me in aula ha prevalso una comune sensibilità e attenzione per le ferite delle famiglie. Non c'era neanche un padre sinodale che non cercasse di rispondere. Però c'è da considerare il mistero della fede, la parola del Signore, la ricchezza tradizione... È una realtà complessa, come un diamante dalle molte sfaccettature: alcuni vedono una faccia, altri un'altra. Ma c'è una verità profonda che ci unisce, tutti cerchiamo di seguire il nostro pastore supremo, che è Gesù Cristo».
Secondo lei qualcuno ha cercato di coinvolgere il Papa emerito Benedetto XVI nel tentativo di contrapporlo a Francesco?
«Questo non l'ho proprio sentito. E se c'è stato questo tentativo, io non ne faccio parte...».
Quali sono le sfide per la famiglia che l'Asia ha portato al Sinodo?
«Parlo delle mie Filippine. Già durante la fase preparatoria ho parlato molte volte di una povertà e del fenomeno dell'emigrazione: due realtà che non appartengono soltanto al contesto delle famiglie, sono entrate nel cuore della vita delle famiglie. Nel nostro Paese non c'è la legge sul divorzio. Ma ci sono divorzi per amore. Padri e madri che per amore dei figli si separano e un coniuge va dall'altra parte del mondo per lavorare. Sono separazioni causate dall'amore. Dobbiamo come Chiesa, nelle Filippine e nei Paesi dove i migranti arrivano, accompagnare queste persone, aiutarle a essere fedeli alla propria moglie o al proprio marito».

Enzo Bianchi: l'esito del sinodo

La Repubblica, 19 ottobre 2014
di ENZO BIANCHI

Il sinodo straordinario sulla famiglia si chiude oggi con una liturgia eucaristica e la beatificazione di Paolo VI. Ieri tre testi sono apparsi: il tradizionale messaggio conclusivo come saluto e gesto di condivisione, inviato “a tutte le famiglie dei diversi continenti e in particolare a quelle che seguono Cristo” ; la relazione conclusiva votata dai vescovi, con l’inedita indicazione dei voti favorevoli e contrari espressi per ciascun paragrafo, relazione che, per volere del papa diventa anche il documento preparatorio – i Lineamenta – per il prossimo sinodo sulla medesima tematica che avrà luogo a Roma nell’ottobre prossimo. Infine, il discorso di papa Francesco rivolto ai padri sinodali al termine della giornata. Da questi tre testi, di natura diversa e complementare, emerge un unico messaggio non scritto lasciato da papa Francesco e dai vescovi riuniti in sinodo attorno a lui. Non un ipotetico messaggio alternativo, non uno “spirito” del sinodo contrapposto a una “lettera” dei testi, ma un’immagine che la chiesa cattolica ha voluto dare di sé e che, a giudicare dall’attenzione riservatale dai media, è riuscita a trasmettere. È il messaggio di una chiesa che cerca. Ma non come chi non sa dove vuole andare, non come chi procede a tentoni, non come chi ha smarrito l’adesione alla realtà, ma come chi non si stanca di “cercare il regno di Dio e la sua giustizia” (cf. Mt 6,33). Un chiesa quindi che, consapevole della propria inadeguatezza e dei peccati dei suoi membri, cerca ogni giorno una sola cosa: come essere più fedele al Vangelo di Gesù Cristo.
È un messaggio corale di grande libertà interiore, quella libertà che papa Francesco ha chiesto e ha dato a tutti i vescovi: libertà di manifestare senza paure o esitazioni ciò che nel loro cuore e nella loro coscienza il vangelo di Gesù Cristo annuncia riguardo alla sessualità, alla famiglia e alle storie di amore di uomini e donne alla sequela di Gesù. Su questo la testimonianza è stata unanime: massima trasparenza, piena libertà di espressione, fino a manifestare anche dure contrapposizioni. È stata non una scommessa ma un’intuizione profetica di papa Francesco: non solo lasciare che tutti i vescovi parlassero con ordine e coerenza, ma sollecitarli al confronto, favorire l’approfondimento della discussione, permettere che ogni singolo intervento non fosse slegato dal contributo offerto dagli altri. Una libertà di espressione, di reciproca correzione fraterna di cui hanno potuto godere anche, e forse soprattutto, gli esponenti di quella che le votazioni hanno poi mostrato essere una chiara minoranza.
Sì, nella chiesa il processo di discernimento della volontà del Signore può essere faticoso, a volte può perfino passare attraverso la polemica, ma deve sempre essere dettato dall’obbedienza al vangelo e a nient’altro che al vangelo. Così il confronto non è stato sulla indiscussa dottrina dell’indissolubilità del matrimonio cristiano: su questa – che andrebbe chiamata “fedeltà alla parola data davanti al Signore”– la chiesa non può mutare nulla perché fondata sulle parole stesse di Gesù, ma ciò di cui si è discusso al sinodo è stato di capire con quali mezzi la misericordia di Dio può raggiungere chi ha peccato, fino a offrirgli un viatico nel suo cammino verso il regno, dopo averne constatato il pentimento e la serietà dell’impegno nella sequela cristiana. Su questo aspetto la contrapposizione è stata anche di natura culturale: nessuno ha parlato della possibilità di amministrare nuovamente un sacramento che possa contraddire o cancellare “ciò che Dio ha unito”. È invece proprio su questa azione di Dio che ci si è interrogati per capire se sempre si è verificato che i coniugi fossero animati dalla fede in questa alleanza sancita da Dio, per farsi carico della sofferenza di chi ha visto morire un amore e ha cercato di ricominciare lealmente un nuovo cammino di fedeltà. Non la dottrina è stata interrogata, bensì l’atteggiamento di misericordia della chiesa. In ogni caso va dato atto che i due approcci apparentemente contrapposti hanno avuto entrambi la possibilità di esprimersi e di conoscere direttamente le motivazioni reciproche, così che tutti hanno avuto l’opportunità di compiere uno sforzo comune per rileggere la volontà del Signore nell’oggi della storia.
Il documento finale indica allora una pista di ricerca e di lavoro: non mette la parola fine alla discussione, ma indica per essa uno stile nuovo, segnato da rispetto, ascolto, umiltà. Quelle stesse virtù umane e cristiane che ritroviamo nel discorso conclusivo di papa Francesco che, pur ribadendo il carattere decisivo della propria autorità, si presenta esplicitamente come “servo dei servi di Dio” e richiama i fratelli nell’episcopato all’obbedienza la vangelo, ammonendoli sulle tentazioni che minacciano tutti e ciascuno e riconfermandoli nella fede .
Sì, dai lavori di questi giorni e dalle parole che li raccontano è possibile attendersi che gli uomini e le donne di oggi e di domani siano ancora attratti dal “profumo di Cristo”, siano affascinati dal Figlio di Dio venuto per i malati e i peccatori, morto e risorto per tutti, siano capaci di rendergli testimonianza attraverso le loro povere vite, attraverso la grandezza e le miserie della loro vita familiare quotidiana.

Una chiesa plurale è possibile

Papa Francesco e le tentazioni del sinodo


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Corriere della Sera 
(Ernesto Galli della LoggiaÈ lecito supporre che con il suo discorso a conclusione della prima fase del Sinodo papa Francesco abbia mirato a due obiettivi. Cercare innanzi tutto di dare un’immagine del suo magistero più mediatrice e per così dire «centrista» rispetto a quella che finora era apparsa a molti; e insieme abbia ritenuto urgente richiamare la Chiesa al superamento di quelle divisioni apparse così evidenti proprio durante i lavori del Sinodo. (...)


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La Stampa
(Giacomo Galeazzi) «Ho partecipato a vari Sinodi e il meccanismo non funziona bene. Stavolta poi c’era troppa carne al fuoco, si è partiti senza certezze, ma non si può mettere in discussione tutto, la Chiesa è custode di una verità di cui non può disporre». È critico verso l’utilità della «istituzione sinodale» il cardinale Velasio De Paolis, presidente emerito della Prefettura per gli Affari economici della Santa Sede e tra i firmatari del testo
«Permanere nella verità di Cristo» contrario alle aperture della Chiesa sulla comunione ai divorziati risposati. «C’è stato un errore originario di impostazione».