“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe a scrivere dieci righe che fossero buone.
Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino.
Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d’infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri) a malattie dell’infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.
Si devono avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono.
Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta.
Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”
Reiner Maria Rilke
Leggendo questo romanzo, cui Rilke lavorò ininterrottamente per anni e che pubblicò nel 1910, abbiamo la percezione della fatalità di un fallimento: quello rappresentato dalla sconsacrazione subita dall'arte nell'età moderna. Ma il Malte, libro tutto permeato d'interni e d'interiorità, di nomi e di nomi di cose, che riesce a tradurre in parola anche gli eventi più infimi e impercettibili, è una delle poche opere poste sulla soglia della modernità letteraria.
«Ma c'è, qui, qualcosa di più pauroso: il silenzio. Io credo che nei grandi incendi arrivi talvolta un istante così, di estrema tensione, i getti d'acqua ricadono, i pompieri non si arrampicano più, nessuno si muove. Senza suono un cornicione nero comincia a muoversi, lassù, e un'alta parete dietro la quale il fuoco si leva furioso s'inclina, senza suono. Tutti ristanno, e con la testa insaccata fra le spalle, i volti tutti raccolti negli occhi, aspettano il colpo terribile. Così è qui il silenzio.»
http://www.garzantilibri.it/default.php?CPID=607&page=visu_libro
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